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Risultati Elezioni in Canada 2019. La seconda chance di Trudeau

Risultati Elezioni in Canada 2019. La seconda chance di Trudeau

Pochi giorni dopo le elezioni federali canadesi, tenutesi lo scorso 21 ottobre, proponiamo un’analisi sui risultati ottenuti dai principali partiti contendenti. Il testa a testa tra Conservatori e Liberali si è effettivamente tradotto nella necessità di formare un governo di minoranza, le cui alleanze potrebbero essere la prima sfida politica della leadership di Justin Trudeau.

 

Laura Borzi

 

In linea con i sondaggi, che davano un testa a testa per tutto il corso della campagna elettorale e con un prevedibile calo di affluenza alle urne (dal 68% del 2015 al 62 %), le 43me elezioni federali in Canada hanno consegnato ai canadesi un governo di minoranza con il Partito Liberale che ha ottenuto 157 seggi contro i 121 del Partito Conservatore.

Il Partito di Trudeau ottiene per la seconda volta la direzione del Paese, capitalizzando l’eredità del precedente mandato. Tuttavia, lo scenario politico si sbilancia a sinistra e impone una riflessione sul ruolo futuro dei Conservatori in Canada. In particolare, il leader, lo sconfitto Andrew Scheer, dovrà mantenere la guida del partito e proporsi più efficacemente come l’anti-Trudeau rispetto a quanto non è avvenuto nel corso di una campagna elettorale ritenuta sottotono da vari commentatori.

 

 

I risultati delle elezioni federali in Canada per i principali partiti

 

La consultazione ha decretato la crescita del Bloc Québécois che si attesta a 34 seggi. Il successo ottenuto, con un guadagno di 22 seggi rispetto alle precedenti elezioni, ripaga l’abilità del leader Yves François Blanchet che non ha puntato sul separatismo storico della provincia francofona ma si è concentrato piuttosto su temi attuali come una serie di misure per l’ambiente inclusa l’opposizione alla costruzione di nuovi oleodotti nella provincia. Il Bloc ha sostenuto il Bill 21, la legge che vieta di indossare simboli religiosi per chi lavora nel settore pubblico, suscitando molte polemiche e la cui difesa, in effetti, sembra configurarsi come un segnale politico ben preciso, ovvero quello dell’esistenza di un limite che i partiti federali non possono oltrepassare negli affari legislativi della Provincia.

 

L’NDP di Singh ha invece perso consensi rispetto alla precedente consultazione e attestandosi a 24 seggi non ha concretizzato alcuni momenti di forza di cui ha goduto durante la campagna elettorale, specialmente quando la tendenza positiva dei verdi ha avuto qualche difficoltà.

3 seggi sono andati appunto al Green Party, la cui performance elettorale è storicamente al di sotto delle aspettative della campagna elettorale e dei sondaggi, non ultimo per le posizioni “estremiste” sull’ambiente. Infine, per la destra di Maxime Bernier si registra una sconfitta tout cour, con la perdita per il fondatore del People’s party del proprio seggio in Parlamento, forse anche per i toni troppo accesi contro il multiculturalismo e l’immigrazione oltreché un’aperta diffidenza sui dati scientifici in merito al cambiamento climatico.

 

 

Source: Elections Canada

 

 

Partito Liberale Vs Partito Conservatore

 

La battaglia elettorale conclusasi oltre una settimana fa era naturalmente un affare soprattutto tra partito Liberale e Partito Conservatore, per non dire una questione tra Trudeau e Scheer, dal momento che più che i programmi per il Paese, la cui performance economica è sostanzialmente buona, hanno pesato le questioni di leadership. Da questo punto di vista malgrado gli incidenti di percorso che hanno caratterizzato gli ultimi due anni del suo mandato, il risultato del PM Trudeau non è da disprezzare.

 

Certamente ha contato, almeno in parte, la volontà degli elettori di scegliere pur senza grandi entusiasmi “the devil they know”, non avendo mostrato Scheer particolari doti comunicative e una certa indeterminatezza su alcune questioni su cui non era a proprio agio, come l’aborto o il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Ha pesato anche la non completa elaborazione della strategia per l’ambiente. L’idea di eliminare la carbon tax è stata accolta nelle regioni produttrici di petrolio, ma ha suscitato perplessità nel resto del Paese con un elettorato oramai consapevole e molto sensibile rispetto alle questioni connesse al cambiamento climatico.

Per ciò che concerne il clima, l’elettorato canadese ha sostanzialmente appoggiato la linea Trudeau, una linea che va comunque nella direzione di contemperare priorità ambientali ed economiche.

I conservatori non hanno ottenuto l’obiettivo auspicato probabilmente anche per un altro tema fondamentale su cui sono stati non del tutto convincenti, ovvero l’economia. Del resto, l’unica arma decisiva in tal senso avrebbe potuto essere il deterioramento della qualità della vita, ma il record di crescita dell’economia del primo mandato Trudeau non ha certo permesso di sfruttare questa motivazione, che si è appunto rivelata priva di sostanza.

 

 

Il sistema elettorale canadese

 

Un’analisi attenta non può non prendere in considerazione che, nonostante la vittoria dei Liberali in Parlamento, il voto popolare racconta una storia diversa: con il 33% del voto, il partito del Premier ha perso il 6.5% dall’ultima elezione federale nel 2015, mentre i Conservatori sono balzati al 34,4%.

Questa circostanza trova la sua spiegazione nel sistema elettorale canadese. Il FPTP, first past the post, (uninominale secco) è un sistema a maggioranza relativa in collegi uninominali a turno unico. Tale metodo elettorale sviluppa una tendenza a sovrarappresentare i partiti più grandi e sottorappresentare quelli minori, fatta eccezione delle formazioni regionali (vedi Bloc Québecois). Anzi la distribuzione territoriale del voto è suscettibile di provocare, come è successo in questa elezione, che il partito con più seggi ottenga meno voti popolari del suo rivale. In Canada il Constitutional Act definisce quanti seggi vengono assegnati ad ogni provincia e la formula è definita in base alla popolazione con un procedimento indipendente, ma dal momento che la costituzione garantisce alle province un numero minimo di seggi, si possono comunque verificare discrepanze notevoli.

Tra le promesse (non mantenute) della prima campagna elettorale di Trudeau c’è la riforma del sistema elettorale. Si sostenne infatti all’epoca che quella del 2015 sarebbe stata l’ultima elezione con il suddetto sistema. Sebbene sia stato istituto un comitato con la rappresentanza di tutti i partiti per esaminare la questione, il progetto è stato abbandonato ad inizio 2017. Non pare a ben vedere che l’elettorato canadese sia particolarmente disposto in questo senso e infatti i tentativi di passare al proporzionale pur con l’avallo dei partiti minori sono stati sconfitti nei referendum svoltisi in British Columbia, Ontario e Prince Edward Island[1].

 

 

La divisione tra le Province canadesi

 

Venendo ora proprio alla distribuzione geografica del voto, i liberali hanno mantenuto i seggi nella British Columbia, nella zona atlantica, incluso il Québec, dove restano il maggior partito, malgrado il Bloc abbia ottenuto un aumento di ben 13 punti in percentuale. É stato l’Ontario, la provincia che include Toronto, ad aver permesso ai Liberali di rimanere al governo. La chiave di volta si è rivelata la GTA (Greater Toronto Area) dove il partito ha ottenuto tutti i 25 seggi di Toronto aumentando leggermente la percentuale di voto. La stessa area suburbana ha confermato 24 seggi su 29 ai Liberai, confermando che l’abilità del partito di Trudeau nel mantenere i seggi nella parte orientale e centrale del Paese, anche se con margini ristretti, ha fatto la differenza.

 

Nelle Prairies, Alberta e Saskachewan e Manitoba la vittoria è andata ai conservatori ed è a questa parte del Paese che Trudeau dovrà rivolgersi e adoperarsi per riconquistare gli elettori. Non a caso nel suo discorso, subito dopo la vittoria, ha parlato di queste province come essenziali per il Canada e ha asserito la volontà di voler lavorare per l’unità nazionale.

In effetti la divisione è innegabile. Alberta e Saskatchewan, che non si gioveranno di un singolo rappresentante nei banchi del governo, hanno premier ideologicamente opposti a Trudeau e 3/ 4 del caucus liberale deriva dall’ Ontario. La rilevanza che in queste Province ha l’industria mineraria (petrolio e gas) è in contrasto con le politiche energetiche canadesi che saranno inevitabilmente orientate verso lo sviluppo delle energie da fonte non fossile.

 

 

Result of the popular vote and seat count in the 2019 Canadian federal election. Source Wikipedia

 

 

Il nuovo scenario politico in Canada: il governo di minoranza e la ricerca delle alleanze

 

Con questo scenario comincerà il lavoro del secondo governo Trudeau. Il Premier dovrà venire a capo delle tensioni regionali che prima hanno infiammato la campagna elettorale e ora mettono una seria ipoteca sull’efficacia dell’azione governativa. Ciò che emerge all’indomani dell’election day del 21 ottobre è la necessità per entrambi i maggiori partiti di trovare la modalità di riconnettersi con un elettorato più ampio, meno concentrato geograficamente. Nel breve l’obiettivo è mettere in moto a pieno regime la macchina parlamentare, ma nel lungo termine andranno colmati i divari e le questioni che polarizzano il Paese, salvo dover sempre più spesso rinunciare nel futuro a vedere eletti governi di maggioranza.

 

Ora il passo successivo è la formazione del nuovo governo di minoranza con la sfida della costruzione di una compagine governativa che conferisca stabilità all’azione di governo. Tale compagine dovrà materializzarsi in un’alleanza con NDP e Verdi con una sterzata del Governo verso la sinistra del panorama politico i cui voti risulteranno determinanti.

La piattaforma dell’NDP, particolarmente progressista, comprendeva una riforma dell’assistenza sanitaria - farmaceutica per una copertura universale ottenibile solo con la tassazione dei ceti più abbienti, in netto contrasto con la visione dei liberali. L’altro scenario sul quale le due compagini sono distanti è quello relativo alla costruzione della Trans Mountain Pipeline che già tanto clamore ha suscitato negli anni passati, anche con riferimento alla gestione dei rapporti con le First Nations.

Altrettanto a sinistra il partito dei Verdi che plaudeva in campagna elettorale ad un passaggio immediato all’economia verde tanto da essere stati tacciato di volere smantellare l’economia canadese.

Effetto secondario e non di scarso rilievo in questa circostanza è che lo scenario che si dovrebbe configurare costituirà la cartina di tornasole per verificare il grado di maturità politica delle due formazioni minori e le abilità politiche dello stesso Trudeau.

La sfida determinate dei prossimi anni riguarderà inoltre l’emergenza climatica, e come creare le condizioni di transizione all’energia verde con politiche che influiscano in maniera positiva sul lavoro, sugli investimenti e con altrettante positive ripercussioni sulle comunità. La questione della transizione energetica è un fattore fortemente divisivo, considerando ciò che le risorse energetiche tradizionali (petrolio e gas) hanno rappresentato in passato e rappresentano tutt’oggi per l’economia del Paese. Sarà necessario fornire risposte adeguate sul futuro alla molteplicità degli stakeholder di riferimento e questo richiederà un’auspicabile collaborazione corale, nondimeno una forte capacità di leadership, quella che del resto è stata la posta in gioco del confronto elettorale.

Se nessuno dei dodici governi di minoranza della storia canadese ha avuto la durata di un intero mandato, è pur vero che in alcuni casi in queste circostanze sono state adottate politiche di grande impatto che hanno costituito pietre miliari della storia canadese. Con Lester B. Pearson negli anni Sessanta fu introdotta l’assistenza sanitaria e il piano pensionistico. Con i conservatori di Stephen Harper si intrapresero misure di stimolo alla spesa e taglio delle tasse che traghettarono il Canada attraverso la recessione dell’economia globale con una performance migliore rispetto ad altri Stati ad economia avanzata.

Ora è il turno di Trudeau: a lui l’onere e l’onore di mostrare una forte leadership e far avanzare il Canada tra i marosi delle divisioni interne e un complesso, competitivo e incerto scenario internazionale.

 


[1] R Breakenridge,“Canadians keep rejecting electoral reform. Maybe we should take heed”, April, 27, 2019  https://globalnews.ca/news/5209146/canada-electoral-reform/