L’Operazione Husky: lo sbarco canadese in Sicilia durante la Seconda guerra mondiale
Lo sbarco in Sicilia degli alleati nel luglio 1943 fu chiamato in codice "Operazione Husky".
Se dal punto di vista storico questo episodio di 80 anni fa segna una svolta cruciale - l’inizio dell’assalto alleato alla fortezza Europa, “la prova generale” dello sbarco in Normandia dell’anno successivo - dal punto di vista culturale intreccia, ancora oggi, i destini di Italia e Canada nella comune condivisione della memoria e dei valori democratici.
Ne ripercorriamo le tappe e le vicende per commemorare tutti i caduti di quella battaglia e di tutte le guerre, a pochi giorni dal Forum internazionale “Pace, sicurezza e prosperità” (7 e 8 aprile 2022), organizzato tra Italia e Canada.
Con questo contributo di Laura Borzi alla conoscenza storica e dei legami tra Italia e Canada, il Centro Studi Italia-Canada si unisce alla riflessione mondiale sui valori della pace e della sicurezza, fondamentali per garantire la giustizia, salvaguardando la democrazia e la libertà.
di Laura Borzi
Analista del Centro Studi Italia-Canada,
esperta di Artico, difesa e sicurezza, politica estera canadese.
In questa sede ripercorreremo le tappe che portarono i soldati canadesi a partecipare alla prima operazione aviotrasportata della Seconda guerra mondiale sul continente, intrapresa dalle forze delle Nazioni Unite[1] .
Durante questa fase del conflitto, nel corso dei vari incontri per decidere sulle operazioni militari e le prospettive politiche che avrebbero potuto aprirsi una volta debellata la minaccia rappresentata dal nazifascismo, erano emerse intese e documenti che avrebbero indicato la strada da percorrere per evitare una nuova deflagrazione su scala planetaria.
Dalle macerie del secondo conflitto mondiale scaturirà l’ordine liberale internazionale, quell’insieme di principi e istituzioni a partire dei quali è stato governato il sistema internazionale dopo il 1945 e che ha favorito lo sviluppo e la prosperità del Canada così come dell’intero Occidente. Un impegno quello nella Seconda guerra mondiale dal profondo significato politico in una fase in cui, anche con la mobilitazione interna e con l’impegno lontano dai confini, Ottawa attua una sorta di passaggio all’età adulta.
Il Canada tra le guerre mondiali: il passaggio all’età adulta
Durante le due guerre mondiali il Canada si trasformò progressivamente in uno Stato formalmente sovrano e, pur rimanendo nell’ambito di una cultura strategica legata alla madrepatria, manifestò un chiaro e deciso avvicinamento agli Stati Uniti.
Dopo un periodo di isolazionismo (anni 20/30) si andò, non a caso, verso la stipula di impegni militari fondamentali che cambieranno la postura difensiva canadese.
Alla fine degli anni 30 di fronte alla minaccia posta dalla Germania nazista, USA e Canada si scambiarono reciproche garanzie e sostegno militare. Durante un discorso di D. Roosvelt alla Queen University nell’agosto 1938 si dichiarava che un attacco contro il territorio canadese sarebbe stato considerato come un attacco contro il territorio degli Stati Uniti.
La replica del Primo Ministro M. King fu dello stesso tenore: alle forze nemiche non sarebbe stato possibile attraversare il territorio canadese per colpire gli Stati Uniti.
Nel 1940, dopo la caduta della Francia, M. King e F.D. Roosvelt firmarono la dichiarazione di Ogdensburg istituendo il Permanent Joint Board of Defense e dando una nuova direzione all’intero corso della storia canadese, ovvero con un cambio di orientamento filoamericano in politica estera e di difesa.
Nel momento in cui il Canada schierava rinforzi oltre Atlantico, di concerto con il vicino non ancora entrato in guerra, elaborava misure relative alla difesa continentale.
A partire dall’agosto del 1940 esisterà un organo in grado di occuparsi costantemente di questioni internazionali relativamente ai problemi della difesa congiunta in America del Nord.
È in questi anni che le prese di posizione dei politici ad Ottawa prepareranno la strada alla politica estera e di difesa canadese che sarà dominante nel periodo della guerra fredda: la trasformazione di Washington dallo Stato nemico allo Stato custode della sicurezza.
Nel frattempo, il ruolo giocato dai canadesi nel corso della Seconda guerra divenne significativo sul piano interno e anche per il contributo agli sforzi alleati.
Tra l'inizio e la fine delle ostilità, il Paese superò questa fase critica e difficile guadagnandone in stabilità politica, utile a ridurre la portata di alcuni dissensi interni, con una affermazione di carattere politico che fa tesoro dell’esperienza maturata nel corso della Prima guerra mondiale.
Il contributo come Forze Armate, munizionamento e altri rifornimenti in rapporto alla popolazione canadese è stato notevole. Il censimento del 1941 registrava 11 milioni e mezzo di abitanti. Di questi 1,1 milioni si arruolarono nelle forze armate, sebbene non tutti prestassero servizio simultaneamente. Al culmine dello sforzo bellico, l’esercito aveva 500.000 soldati (150.000 donne), l’aviazione meno di 100.000 e la marina 200.000.
Queste cifre significative mettono al terzo posto le Forze armate canadesi in termini di effettivi tra gli Alleati occidentali, anche se molto distanti da Gran Bretagna e Stati Uniti.
In merito al contributo economico, si attesta al 5% della produzione totale. La credibilità e l’influenza guadagnate nel corso del conflitto e in funzione della preparazione del dopo guerra saranno preziose risorse messe in campo dal Primo Ministro dell’epoca, William Lyon Makenzie King.
La conclusione del secondo conflitto mondiale, in cui si era svolta la più grande guerra civile interna alla società occidentale, significherà la sconfitta dell’Occidente continentale conosciuto fino ad allora: chiuso in se stesso con un’economia che avrebbe voluto fare a meno del mercato internazionale, l’identità fondata sulla “razza” e il dominio basato sulla forza politico-militare.
Dalla parte dei vincitori ci sarà anche il Canada, quale espressione, insieme agli Alleati, di un Occidente aperto, in cui le società europea e nord-atlantica si erano fatte portatrici del processo di civilizzazione contro la barbarie nazifascista e il suo brutale tentativo di dominare il mondo.
10 settembre 1939: il Canada entra nel secondo conflitto mondiale
Dopo le perdite del primo conflitto mondiale con oltre 60.000 vittime, le ripercussioni sul senso di unità del Paese, con l’imposizione della coscrizione, avevano reso i canadesi - cittadini e politici - estremamente timorosi alla possibilità di una nuova avventura bellica.
Il Primo Ministro dell’epoca, William Lyon Mackenzie King, aveva pertanto fermamente sostenuto la politica di appeacement del suo omologo inglese Neville Chamberlain. L’ultimo atto della politica volta ad evitare la guerra ad ogni costo si consumò il 30 settembre con la Conferenza di Monaco dove, il governo cecoslovacco si piegò alla volontà di alleati e avversari per la questione dei Sudeti. Mentre la Cecoslovacchia veniva sacrificata sull’altare della pace ad ogni costo, il Primo Ministro canadese ringraziò pubblicamente, inviando a Chamberlain un messaggio in cui si lodavano i suoi “incessanti sforzi per la pace”. Gli eventi erano però destinati a precipitare e le conseguenze del colpo del 15 marzo ’39, quando le truppe tedesche entrarono in Boemia e Moravia, determinarono un brutale rovesciamento della politica britannica. Era oramai evidente che l’intenzione di Berlino fosse di eliminare la Polonia “come fattore politico in Europa”.
Quando il 1° settembre 1939 le truppe tedesche invasero la Polonia, Francia e Inghilterra scesero in guerra. Invece la Dichiarazione di guerra canadese arrivò solo il 10 settembre, segnale della nuova sovranità del Canada, una novità rispetto al primo conflitto mondiale[2], sancita nello Statuto di Westminster che aveva conferito ai dominions l’indipendenza legislativa. In realtà, si trattava di un aspetto meramente formale[3] poiché come nel 1914 il meccanismo di solidarietà alla madrepatria si mise in moto in maniera pressoché automatica.
Lo status di Paese sovrano recentemente ottenuto significava però, a differenza di venti anni prima, che Ottawa “sarebbe stata chiamata” da un punto di vista morale e politico a sostenere la Gran Bretagna: l’autonomia canadese insomma, una volta ottenuta, serviva a fare la scelta giusta.
Dichiarata la guerra, il 10 settembre, non era chiaro quale sarebbe potuto essere il ruolo del Paese.
A map of the Allied army amphibious landing in Sicily.
It shows the deployments of the landing force (Source)
L’iniziale contributo del Canada, a dicembre 1939, fu un importante progetto: il British Commonwealth Air Training Plan, che prevedeva l’apertura di scuole di volo sotto il controllo della Canadian Air Force, programma che riuscì ad addestrare 130.000 aviatori con un notevole impulso all’industria aeronautica e all’economia con un investimento di 2 miliardi di dollari.
Si evitava in questa fase di mandare truppe in Europa anche nella consapevolezza dell’ostilità dei franco-canadesi in tal senso, allontanando prospettive di crisi sulla coscrizione simili a quelle che avevano caratterizzato la Prima guerra mondiale. Tuttavia, con l’attacco tedesco ad ovest e la caduta della Francia e del Belgio, il conflitto assunse ben altro carattere, lasciando l'Inghilterra sola insieme ai suoi Dominions a resistere contro le potenze dell’Asse. Sfumava così l’idea di una guerra contenuta all’aspetto meramente economico, anche se rimase il limite dell’impegno a non introdurre la coscrizione obbligatoria fuori dai confini nazionali.
Ottawa diventava l’alleato più importante per Londra e, fino all’entrata in guerra degli Stati Uniti alla fine del 1941, sarà il Commonwealth a reggere l’assalto nazista.
Per i canadesi, la data dello sbarco, 10 luglio 1943, rappresenta l’incontro con il nemico, avvenuto dopo un’attesa di tre anni e mezzo in Gran Bretagna. Da questo momento i canadesi si trovarono impegnati nei campi di battaglia in modo crescente, dalle spiagge di Pachino in Sicilia fino a quelle della Normandia.
I canadesi in Gran Bretagna
Le risorse immediate del Paese erano limitate. Malgrado non mancasse una tradizione militare, non vi era un vero progetto di preparazione della guerra in tempo di pace e, anzi, dopo il trauma della Prima guerra mondiale durante la quale erano stati inviati oltre oceano 425.000 soldati, gli effettivi erano stati ridotti ai livelli pre-1914.
Così, nel 1939, il Canada disponeva di 4500 soldati professionisti con effettivi navali ed aeree di 1800 e 3100.
Dal 1936, quando lo scenario internazionale aveva cominciato a deteriorarsi, erano stati portati avanti programmi volti a migliorare la situazione - ad esempio si era anche elaborato un piano di difesa costiera - soprattutto dal punto di vista dell’equipaggiamento. La Milizia disponeva di armi il cui modello risaliva al conflitto precedente, le unità dell’esercito permanente, come della Milizia attiva non permanente, non possedevano mezzi di trasporto, anche se la guerra che stava per essere scatenata si annunciava un conflitto motorizzato. Dal 1° settembre il Ministero della Difesa ordinava l'organizzazione immediata dell’esercito canadese, ovvero 2 divisioni con un certo numero di truppe ausiliarie effettive menzionate come riserva mobile. Ancora a marzo ‘39 il Primo Ministro e il capo dell'opposizione R.J Manion impegnavano i rispettivi partiti ad opporsi alla coscrizione obbligatoria in caso di dispiegamento oltremare nel corso di un conflitto. Il 28 settembre si confermava che la prima divisione canadese sarebbe stata dispiegata oltremare e che la seconda sarebbe restata sotto le armi a titolo precauzionale. Il Generale McNaughton, già capo di Stato maggiore, sarà nominato ispettore generale delle unità di cui avrebbe assunto il comando.
Ad Aldershot, il centro militare nell’Hampshire, i canadesi arrivarono a dicembre.
Fu costituita una sede amministrativa canadese per provvedere all’accoglimento ed equipaggiamento delle truppe e che avrebbe rappresentato il punto di contatto permanente con il War Office con a capo il Generale Crear, che aveva avuto un ruolo importante nei preparativi di guerra canadesi.
Alla fine del ‘40 le truppe canadesi nel Regno Unito ammontavano a circa 57.000, una frazione degli effettivi, poiché il Dominion aveva cominciato una mobilizzazione intensa nel corso dell’anno. Infatti, durante l’estate i canadesi, nella consapevolezza del carattere disperato della crisi che si dipanava in Europa, si erano arruolati in numero di 77.770 come volontari consentendo un’espansione considerevole delle forze da mettere in campo.
Nell’estate del ‘40 con la legge di mobilitazione delle risorse nazionali, National Resources Mobilization Act, che in modo generale accordava al governo poteri su persone e proprietà, veniva istituito il servizio militare obbligatorio, anche se non vi era l’obbligo di prestare servizio fuori dei confini nazionali. Una restrizione che sarà sollevata nel ‘42 e ‘44 permettendo agli uomini di prestare servizio nei territori d’oltremare.
Gli effettivi aumentavano e si procedeva a dare senso all'organizzazione, in particolare l'addestramento individuale era la parte più faticosa. In effetti l’inverno 1940-1941 fu duro per condizioni climatiche e anche per qualche difficoltà a mantenere il morale alto.
Il Commonwealth era rimasto solo a contrastare l’aggressione nazista un impegno sintetizzato così nelle parole di Churchill, all’indomani della richiesta di armistizio della Francia:
… I expect that he battle of Britain is about to begin. Upon this battle depends the survival of Christian civilisation. Upon it depends our own British life and the long continuity of our institutions and our Empire.
Ministro della difesa era Ralson, un ex ministro delle Finanze, mentre il Generale Crerar era Capo di Stato Maggiore occupandosi di un programma che avrebbe dovuto corrispondere a quello che ci si aspettava dai canadesi. Era chiaro che un’armata di tipo meramente difensivo sarebbe risultata sconfitta e dunque bisognava adoperarsi per la costituzione di una potenza motorizzata con artiglieria, blindati e aerei di appoggio ravvicinato e pertanto sarebbe stato necessario utilizzare tutte le capacità industriali del Dominion. Del resto, finché la Gran Bretagna continuava a resistere al nemico non si potevano immaginare attacchi alle coste canadesi, pertanto l’obiettivo da perseguire sarebbe stato costituire proprio in Gran Bretagna in maniera coordinata una forza canadese preparata allo scontro.
Nell’aprile 1942 il primo quartier generale si costituì a Hedley Court con 170.000 uomini[4] con il Comandante in Capo Mc Naughton e il suo stato maggiore composto esclusivamente di canadesi. Il corpo d’armata canadese denominato primo corpo d’armata restò nel Sussex sotto il comando di Crerar e sotto la direzione a fini operativi del Generale Montgomery, Comandante in capo della regione militare del sud est.
Nella primavera del 1943 l’esercito canadese aveva raggiunto la consistenza finale: un quartier generale dell’esercito, due quartieri generali di corpo d’armata, due divisioni blindate tre di fanteria e due brigate carri.
A differenza del primo conflitto mondiale, in cui i militari canadesi si erano trovati ben presto a fronteggiare il nemico, in questo caso fino al 1943 la forza che si trovava in Gran Bretagna ebbe mondo di essere impiegata soltanto in due occasioni. La prima volta in cui soldati entrarono in azione fu nell’Estremo Oriente nel dicembre 1941 con lo scopo di rafforzare la debole guarnigione di Hong Kong che si arrese ai giapponesi con la perdita di quasi 2000 uomini della Royal Rifle of Canada e Whinnipegs Granadiers.
Il secondo episodio fu il raid rovinoso sulla costa francese a Dieppe (19 agosto 1942) dove, in poche ore, oltre la metà dei 5000 canadesi della seconda divisione di fanteria che parteciparono al raid furono uccisi o caddero prigionieri.
Le pressioni per l’intervento canadese nel conflitto
A differenza che nel primo conflitto mondiale, le circostanze avevano indotto i canadesi a giocare un ruolo maggiormente sedentario all’inizio della guerra per un periodo di oltre tre anni risultando, almeno apparentemente, in un ruolo di guarnigione, una sorta di polizia di campagna degli inglesi.
La situazione non rendeva agevole mantenere il morale alto, considerando che si trattava di un esercito di volontari arruolatisi nell’ansia di poter apportare concretamente il contributo nel momento di pericolo della distruzione della civiltà occidentale, sull’orlo dell’abisso di un nuovo Medio Evo.
La loro permanenza lunga su suolo inglese ne aveva fatto una forza ben preparata, ma la sensazione di non poter partecipare direttamente alla battaglia cominciava a farsi sentire, anche dall’altra parte dell’oceano a livello di opinione pubblica.
I cittadini canadesi non potevano essere a conoscenza dei piani che si stavano preparando (Casablanca) ed emergeva riflessa dalla carta stampata la consapevolezza che la continua inattività dell’esercito danneggiasse l’immagine del Paese. Il mancato apporto canadese avrebbe potuto indebolire la posizione del Paese nel mondo post conflitto. Già alcune voci si erano levate sul fatto che il Canada non avesse partecipato alle operazioni in Nord Africa all’inizio del mese di novembre 1942 e poiché le truppe non erano state invitate a prendere parte all’operazione Torch. La prolungata inattività stava danneggiando la reputazione del Dominion anche in considerazione del fatto che i militari di Australia e Nuova Zelanda erano oramai impegnati nei teatri di guerra in Africa.
Le spinte dell’opinione pubblica e delle élites dovevano condurre il Governo a fare pressioni e nel corso di un incontro in Gran Bretagna con Churchill nell’ottobre 1942, il Ministro della Difesa Nazionale, il Col JL Ralston, aveva espresso la necessità di utilizzare l’esercito canadese alla prima opportunità militarmente utile. Opinione non totalmente condivisa dal Generale Mc Naughton, il quale riteneva che l’utilizzo dell’esercito dovesse contribuire nella migliore maniera possibile e, a tale scopo, poteva essere impiegato in tutto o in parte a seconda delle circostanze. Il loro compito principale avrebbe dovuto essere quello di prendere parte all’invasione del nord ovest dell'Europa occidentale.
La necessità del mantenimento di morale e disciplina che si ponevano dopo un lungo periodo di mancanza di operatività dovevano comunque essere subordinati alle necessità e obiettivi militari.
Le autorità politiche si convinsero che era importante porre fine alla lunga inattività; pertanto, la visione espressa dal Comandante sul campo fu messa in secondo piano. Fu quindi abbandonata la politica di concentrazione dello sforzo nazionale preconizzata dal Generale Mc Naughton che poi si ritirerà per motivi di salute.
Dopo le consultazioni tra Londra e Ottawa, fu deciso nell’aprile 1943 di dispiegare la prima divisione canadese e la prima brigata corazzata a prendere parte allo sbarco in Sicilia.
Organizzare le operazioni militari nel Mediterraneo e la conquista della Sicilia erano tra i temi oggetto di discussione dell’importante incontro tra Roosevelt e Churchill a Casablanca all'inizio del 1943.
Le decisioni alla Conferenza di Casablanca: prendere la Sicilia
Il 1943 fu l’anno in cui sui vari teatri di guerra cominciava a delinearsi una situazione più favorevole agli Alleati: i sovietici avevano trionfato a Stalingrado e l’Armata Rossa era sull’offensiva; gli inglesi dell’VIII armata avevano ottenuto la vittoria ad El Alamein spingendo le forze italiane e tedesche alla ritirata nel deserto africano, mentre nel Pacifico l’aggressione dell’Asse era stata rimossa. Nel nord ovest dell’Africa le forze alleate avevano portato avanti la maggiore operazione di sbarco della storia Torch.
Il dilemma di come continuare le operazioni nel Mediterraneo era stato affrontato nel corso della Conferenza di Casablanca, imposta dal bisogno di chiarire le ulteriori scelte strategiche dopo che la relativa lentezza delle operazioni nell'Africa settentrionale aveva reso inevitabile la previsione di un ulteriore ritardo nell’operazione Overlord (Di Nolfo, 2015).
In questa occasione, Churchill e Roosevelt avevano deciso di proseguire la guerra contro i fascismi fino alla resa incondizionata del nemico predisponendo anche le operazioni per il futuro sbarco in Sicilia.
Il 19 gennaio i Capi di Stato maggiore congiunti concordarono che una volta liberata l’Africa dal nemico, la Sicilia sarebbe stata il prossimo obiettivo.
Del resto, il Paese in cui le conseguenze politiche e militari della guerra dovevano farsi sentire con più rapidità era proprio l’Italia, non soltanto come anello più debole della catena nazista, ma perché più esposta da un punto di vista geografico all’offensiva degli Alleati.
La conquista alleata della Sicilia significava in primis il recupero del controllo di gran parte del Mediterraneo; il secondo obiettivo era costringere la Germania a ritirare le forze dal fronte orientale per difendere quello a sud, allentando la pressione sull’URSS che esortava l'apertura di un secondo fronte che, come noto, si avrà poi solo nel giugno del 1944.
I dirigenti politico-militari anglo-americani durante la conferenza di Casablanca. (Fonte)
Gli inglesi ritenevano che una volta messa fuori gioco l’Italia, sarebbero stati i tedeschi a farsi carico della difesa della Penisola e a sostituirsi alle truppe italiane che erano di guarnigione nei Balcani.
Inoltre, era concreta la possibilità che una campagna di successo nel Mediterraneo avrebbe indotto la Turchia ad entrare in guerra e in tal modo si sarebbe aperta la via di rifornimenti del Mar Nero alla Russia e costituita una base alleata per le operazioni contro i pozzi petroliferi rumeni.
Anche gli americani avevano opinioni simili. Il generale Eisenhower aveva messo in rilievo due ragioni per l’operazione in Sicilia:
- l'apertura delle rotte del Mediterraneo
- e la circostanza per la quale, considerata la dimensione dell’isola, lo sbarco in Sicilia non avrebbe assorbito un’ingente forza alleata nel caso in cui il nemico avesse intrapreso un contrattacco su larga scala.
Il Canada non era rappresentato alla Conferenza di Casablanca e le informazioni ufficiali, con le conclusioni raggiunte, giunsero al Primo Ministro King il 30 gennaio tramite Churchill. Alcuni elementi delineati nel piano di Casablanca sarebbero rimasti invariati in tutto il percorso. La direttiva del comando supremo aveva indicato che per l’Operazione Husky sarebbero state necessarie due task force inglese e americana.
Lo schema dell’operazione era un avvicinamento e un’invasione convergenti da parte di forze provenienti rispettivamente da est ed ovest per chiudere con una manovra a tenaglia le unità tedesche e quelle italiane.
Si convenne che D. Eisenhower sarebbe stato il comandante supremo e Alexander il suo vice. Un significativo riconoscimento del ruolo degli Stati Uniti come l’attore più importante dell’alleanza essendo il Comandante in Capo inglese superiore all’americano per grado e per esperienza.
Il Generale Montgomery e il Generale George S. Patton Jr. sarebbero stati i comandanti delle forze d’assalto.
La parte americana dell’operazione si sarebbe basata sui porti francesi del nord Africa mentre gli inglesi sul comando del Medio Oriente. Le difese del nemico sarebbero giunte dai porti calabresi o dagli aeroporti di Napoli e Brindisi.
Contenere tale traffico non sarebbe stata impresa agile in quanto la topografia della Sicilia avrebbe potuto favorire il nemico. La gran parte dell’isola è costituita di colline e montagne che si affacciano direttamente sul mare o di pianure ristrette. L’unico territorio pianeggiante è la pianura centro orientale di Catania sulla quale troneggia l’Etna. Limitate aree pianeggianti si trovano lungo la costa sud est e alla estremità occidentale dell’isola. Una volta condotti l’attacco e la penetrazione delle aree montuose, l’avanzata sarebbe stata ristretta alle poche strade esistenti e la possibilità di progresso condizionata dalla nota capacità del nemico di minare e demolire. Messina era l’obiettivo più importante in quanto punto di rifornimento e che avrebbe permesso alle forze alleate di dominare lo stretto e consentire altre operazioni in Italia.
Un assalto diretto non poteva essere contemplato poiché chiuso alla navigazione dalle mine e dalle batterie di difesa e si trovava oltre il raggio d’azione dei caccia con base a Malta e Tunisia e dunque era necessario guardare altrove.
La geografia doveva indicare le spiagge adeguatamente vicino alle base aeree controllate dagli alleati per dare copertura aerea allo sbarco in considerazione logistica. Il 19 maggio il Generale Alexander aveva indicato il primo ordine operativo i compiti dei due eserciti con i ruoli che sarebbero stati in capo alle rispettive forze navali ed aeree.
Prendere la Sicilia come base per future operazioni sarebbe stato attuato in varie fasi:
- misure preparatorie da parte di forze aeree e navali per neutralizzare gli sforzi navali del nemico e acquisire supremazia aerea;
- assalto anfibio prima dell’alba con l’obiettivo di prendere i porti di Siracusa e Licata;
- lo sbarco simultaneo delle due forze ad est e ovest in modo da stabilire una base da cui condurre le operazioni per i porti di Augusta e Catania e le basi aeree di Gerbini e la conquista dell’isola.
Pertanto, lo sbarco doveva comprendere la costa da Siracusa a Licata e doveva essere portato avanti da due task force sulla destra. Gli inglesi avrebbero condotto l’assalto tra Siracusa e Pozzallo (VIII armata). Da Pozzallo a Licata l’attacco sarebbe stato sferrato dagli americani con la componente militare la VII armata Generale.
La divisione canadese avrebbe formato la parte sinistra dell’VIII armata avrebbe dovuto occuparsi delle spiagge della parte occidentale della penisola di Pachino.
La partenza dal Regno Unito
Deciso l’impegno dei canadesi in Sicilia gli sforzi si concentreranno sull'addestramento ed equipaggiamento della prima divisione e della prima brigata carri. Le unità lasciavano il Sussex per passare in Scozia. Dopo aver ottenuto un’istruzione elementare, in vista di operazioni congiunte, bisognava dedicare un ultimo periodo a quello che la direttiva del War Office designava come sbarco con combattimento e successive operazioni terrestri compresa la guerra in un’area montuosa.
Interviews with Canadian Veterans of the Sicily Campaign (Source: Veterans Affairs Canada YouTube Channel)
Il generale Simonds che dirigerà in Sicilia la prima Divisione di fanteria aveva espresso il desiderio di far acquisiste alla divisione il massimo di esperienza possibile in merito alla guerra in zona montuosa. In merito all’equipaggiamento, nel nord, i carri di fabbricazione canadese Ram avevano sostituito i carri inglesi Churchill di modello più vecchio. Invece nel teatro Mediterraneo furono in uso i carri Shermann con il cannone di 75 mm in dotazione ai canadesi. Gli istruttori ebbero la fortuna di poter contare sull’aiuto di un piccolo gruppo di ufficiali inglesi che avevano servito nelle formazioni blindate dell'Africa e due di questi ufficiali (il Generale di Brigata G. W. Richards, comandante della 23 brigata carri, e il Maggiore Franklin, specialista dei carri Shermann) furono espressamente inviati nel Regno unito dal Generale Montgomery per collaborare con la brigata canadese carri. Tra il gruppo giunto dall'Africa del Nord c’era anche il Generale di Brigata Dennis, dell’Artiglieria Reale dell’VIII Armata, i cui consigli ai cannonieri canadesi, durante il loro soggiorno in Scozia e più tardi prima in Sicilia e poi nel resto d’ Italia, contribuiranno in larga misura all’efficacia dell’artiglieria nel corso delle operazioni nel teatro di guerra nel Mediterraneo.
Il Generale Simonds e alcuni ufficiali si recarono al Cairo per una breve visita il 9 maggio per consultazioni con il Generale Leese, il Comandante del 30o corpo inglese sotto il quale la sua divisione avrebbe dovuto combattere. La pianificazione dello sbarco era complessa e a causa degli impianti limitati nei porti del Mediterraneo era necessario trasportare la prima divisione canadese direttamente dal Regno Unito e una americana dagli Stati Uniti. Le forze si sarebbero concentrate in mare alla vigilia dell’assalto e i canadesi sarebbero stati parte dell’VIII armata di Mongomery.
Inizialmente il piano prevedeva l’assalto nelle aree di Palermo e Catania ma si era poi optato per sferrare il colpo nella parte sudoccidentale dell’isola. Infatti, lo schema considerato non prevedeva la conquista di un porto fondamentale ma la forza di assalto sarebbe rimasta inizialmente nelle spiagge, un processo facilitato dal tipo di mezzi anfibi disponibili.
Lo sbarco in Sicilia doveva costituire un punto di svolta nello sviluppo delle tecniche delle operazioni congiunte, indicando la transizione dalla convinzione dell’importanza fondamentale di conquistare un porto prima possibile (esperienza negativa raid di Dieppe ) alla concezione di ottenere e mantenere il controllo della spiaggia, disegno che verrà adottato con successo nella bassa Normandia nel 1944.
Durante il passaggio attraverso il Mediterraneo i convogli alleati avevano goduto della protezione da parte dell’Aviazione alleata le cui basi si trovavano in Africa del nord. Dalla metà di maggio per 6 settimane gli aeroporti, i porti le basi dei sottomarini e le linee di comunicazione del nemico erano state oggetto di un bombardamento intenso. I bombardieri ed i caccia delle Forze aeree del nord ovest Africano e della regione del Medio Oriente avevano effettuato 2292 sortite contro gli aeroporti di Sicilia, Sardegna e del Sud d’Italia e 2638 contro altri obiettivi di importanza strategica nell’area.
A partire dal 19 giugno la forza fu trasportata da 92 navi con un convoglio veloce e uno lento (che trasportava il grosso per sferrare l’attacco suddiviso in 2 seguiti) trasportanti la brigata carri, eccetto un reggimento e parti della divisione non richiesti per l’assalto stesso.
Per assicurare il trasporto via mare di 26000 uomini e materiale si erano previsti navi per 4 convogli. La data di partenza fu determinata in base alla rapidità del convoglio e al momento in cui sarebbe dovuto arrivare nelle acque siciliane. I cargo più lenti con i veicoli e il materiale dovevano infatti partire molti giorni prima delle navi più rapide, che trasportavano le truppe per arrivare nei tempi definiti per lo sbarco. Convogli complementari sarebbero giunti 3 giorni dopo lo sbarco iniziale.
Il convoglio più lento subì l’azione nemica: tra il 4 e 5 luglio, 3 imbarcazioni furono colpite dai sottomarini al largo della costa africana e nell’affondamento 55 canadesi persero la vita oltre a venir meno 500 veicoli e pezzi di artiglieria, imbarazzando i canadesi durante la fase iniziale delle operazioni.
Il 1° luglio, giorno della festa nazionale del Canada, le truppe seppero che la loro destinazione sarebbe stata la Sicilia e che il giorno dello sbarco sarebbe stato il 10 luglio.
La Sicilia
Bisogna considerare le caratteristiche del teatro in cui i canadesi si trovarono ad operare, sia in termini orografici che nel senso delle forze a disposizione del nemico, per comprendere il compito e le difficoltà che li avrebbero attesi.
La conformazione geografica della Sicilia la rende, in un contesto di conflitto, favorevole a chi si difende, poiché la maggioranza delle città e dei paesi si trova sulle alture con vie di accesso strette e tortuose pertanto la campagna militare in Sicilia sarebbe molto dipesa dal dominio delle strade principali e dei sentieri e percorsi.
Le montagne lungo la costa nord sono fiancheggiate da catene montuose di minore altitudine che coprono la maggior parte delle regioni centrali e meridionali.
L’area assegnata all’VIII Armata ed in particolare ai canadesi era quella dei monti Erei che si dirama verso sud est rispetto alla principale dorsale nord. Le zone intorno ad Enna, ai fiumi Salso e Dittanio, fino alle più basse pendici dell’Etna e le alture in cui si trovano le cittadine di Leonforte, Assoro, Agira e Regabuto sono nomi destinati a diventare conosciuti nella storia delle operazioni militari canadesi in Sicilia.
C’è poi un secondo sistema di alture, i monti Iblei, che si allungano verso nord ovest dalla penisola di Pachino fino ad incontrare i Monti Erei a Caltagirone.
Le colline sono costituite da una roccia cedevole che le rende instabili e soggette a smottamenti. Anche ciò favorisce l’abbattimento (demolizione) da parte di una forza difensiva.
La costa e le spiagge rendono l’isola vulnerabile agli assalti. Le fortificazioni delle forze dell’Asse erano in posizione statica per assorbire lo shock iniziale di uno sbarco con la concentrazione delle divisioni all’interno per il contrattacco e per competere con gli invasori.
Se la geografia risultava sfavorevole agli alleati lo strumento bellico del nemico era assai logoro.
La situazione italiana alla vigilia dello sbarco era caratterizzata da una grave usura dello strumento bellico. Prima in Russia, nel dicembre e febbraio 1943 e poi in Tunisia nel maggio, erano andati perse preziose unità. La ritirata da Tunisi accentuava la crisi del fascismo e metteva in luce che dal punto di vista militare l'Italia non era preparata al secondo conflitto mondiale nel 1940 e probabilmente non lo sarebbe stata nemmeno nel 1942.
All’indomani della sconfitta delle forze dell’Asse in Africa settentrionale nel maggio 1943, la guarnigione italiana in Sicilia consisteva di 4 divisioni da campagna e 6 divisioni territoriali adibite alla difesa costiera, più deboli in termini di equipaggiamento e di morale.
I complementi tedeschi in transito in Italia al momento del crollo della Tunisia erano stati riuniti nella 15ª divisione corazzata con una sola unità di carri armati. La divisione Hermann Goering era stata inviata in Sicilia a fine giugno. Mussolini, tuttavia, non volle che queste due divisioni fossero riunite in un corpo d’armata affidato ai tedeschi, per cui furono poste agli ordini del Gen. Guzzoni e distribuite in 5 contingenti lungo i 250 km di diametro dell’isola come riserve mobili.
Lo studio delle difese della Sicilia fatto dagli alleati aveva sovrastimato i mezzi a disposizione del nemico
nel corso di una Conferenza tenutasi a Roma nel mese di maggio. L’Ammiraglio Donitz, dopo avere ascoltato le preparazioni italiane per contrastare lo sbarco, dichiarava che le forze navali dell’Asse erano troppo deboli per contrastare i piani del nemico al fine della distruzione dei suoi punti di sbarco o della flotta d'invasione verso l’obiettivo. Invece la battaglia decisiva sarebbe stata sulla terra. Fondamentale era dunque proteggere le linee marittime e di rifornimento.
All’epoca gli Alleati consideravano circa 323.500 il numero delle truppe dell’asse nell’isola.
In realtà alla data del 10 luglio vi erano in Sicilia circa 40.000 soldati tedeschi e 230.000 italiani.
Il lungo litorale e le numerose spiagge rendevano l’isola vulnerabile e dunque le difese costiere erano necessariamente statiche per assorbire lo shock iniziale degli sbarchi.
3 divisioni di campagna concentrate all’interno con contro attacchi metodici dovevano annullare l’aggressore della VI armata del gen Guzzoni con quartier generale ad Enna.
L'operazione Husky fu preceduta da un tentativo di depistaggio: l’operazione Mincemeat, che indusse a credere che lo sbarco sarebbe piuttosto avvenuto sulle coste spagnole; il che favorì lo spostamento di ulteriori truppe tedesche.
Al netto di ciò in quanto a forze in campo, gli anglo-americani avevano il completo dominio dell’aria e del mare: 1000 imbarcazioni per il trasporto, 1800 da sbarco, 280 navi da guerra, 47800 uomini, 600 carri, 2000 cannoni, 4900 aerei. Era la prima operazione aviotrasportata sul continente europeo della Seconda guerra mondiale.
La notizia in Canada
A causa della forte pressione politica che aveva preceduto l'utilizzo delle truppe nel conflitto di particolare importanza era comunicare al pubblico canadese l’inizio dell’operazione Husky.
Lo stesso annuncio da fare al pubblico sulla partecipazione era oggetto di qualche preoccupazione ad Ottawa che riteneva che la notizia dovesse essere data in contemporanea nelle tre capitali Londra, Washington e Ottawa.
In effetti inizialmente in nessuno dei tre comunicati, che sarebbero stati emanati dal quartier generale di Eisenhower (comunicato iniziale al mondo; un Avis ai francesi che annunciava come l’invasione della Sicilia costituisse il primo atto nella liberazione dell’Europa e dunque si indicava loro di restare per il momento inattivi; infine, un proclama agli italiani), si faceva riferimento alle truppe canadesi preferendo parlare di forze alleate o forze anglo-americane. Il che aveva suscitato l’apprensione del PM i McKenzie King che aveva esercitato pressioni sulla Casa Bianca e sugli inglesi. Eisenhower rimaneva fermo per motivi di sicurezza sulla necessità di non menzionare i canadesi nell’Avis.
Dopo un primo comunicato da Algeri in cui si faceva menzione delle Forze alleate e un secondo del Dipartimento di guerra in cui venivano citati americani inglesi e canadesi, il 10 luglio il PM annunciava l’inizio dell’Operazione Husky con scopo finale la resa incondizionata di Italia e Germania:
All Canada will be justifiably proud to know that units of the Canadian Army are a part of the Allied force engaged in this attack
Attraverso le montagne: qui tient les hauts tient les bas
Nel D-Day, la VII Armata americana con il Gen. Patton catturò le spiagge del Golfo di Gela. Nel corso delle 5 settimane di operazioni, parte delle truppe americane marciarono lungo la costa occidentale dell’isola fino a rientrare nell’interno per raggiungere Palermo. Nel frattempo, altre unità di Patton attraversavano l’isola nella parte centrale per raggiungere la costa nord e dirigersi poi verso est per Messina.
Ad est l’VIII armata inglese guidata da Montgomery era sbarcata sulle spiagge del Golfo di Noto, tra Pachino e Siracusa. Da lì lo spostamento verso nord per prendere il controllo della parte centrale dell’isola e liberare la costa orientale fino a Messina.
L’ordine di battaglia dell’VIII armata includeva 26.000 soldati della I divisione di fanteria agli ordini del Gen. Guy Simons e la I Brigata corazzata sotto il comando del Brigadier R.A. Wyman.
La parte sud della Sicilia era stata designata dagli alleati come “Bark” e le forze canadesi erano destinate a sbarcare il 10 giugno nelle spiagge dette Sugar e Roger.
Inizialmente, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, truppe aviotrasportate americane e inglesi furono paracadutate, sebbene, a causa di un forte vento sull’isola, solo una parte atterrò sugli obiettivi designati. Altre furono disperse. A questa azione non completamente riuscita, ma che creò comunque scompigli, non parteciparono i canadesi, che nel D-Day sbarcarono sulle coste presso Pachino senza incontrare una seria resistenza al Royal Canadian Regiment (RCR).
Al Canada era stato conferito il compito di prendere il campo d’aviazione. La missione era piuttosto agevole e, infatti, sebbene più a nord avesse incontrato una batteria del nemico meglio difesa, venne superata senza problemi.
Da parte italiana, dunque, si procedette all’interno dell’isola.
Il Gen. Simonds comunicò al Gen. McNaughton, che si trovava al quartier generale del 15mo Army Group in Nord Africa, che lo sbarco era stato effettuato incontrando scarsa opposizione e poche perdite, con la cattura di circa 700 prigionieri e del materiale.
I canadesi, insieme a due commandos di royal marines, riuscirono a conquistare gli obiettivi assegnati loro con poche difficoltà e limitati danni (75 morti e feriti nel complesso della forza, compresi i marines inglesi).
Mentre il RCR, e poi l’Hasty Ps, si erano mossi su Pachino, il 48mo Highlanders era diretto verso Burgio, il Princess Patricia Canadian Light Infantry (PPCLI) muoveva verso nord ovest, Seaforth Highlanders abbracciava la costa e si muoveva a nord verso Ispica.
Loyal Edmonton Regiment, in sostegno al 48mo Highlanders, raggiunto il primo obiettivo cominciava la penetrazione all’interno dell’isola.
Personnel of the Edmonton Regiment entering Modica, Italy, 13 July 1943.
Credit: Library and Archives Canada/PA-116848
I soldati italiani non opposero grande resistenza e, alla fine del primo giorno, la I divisione di fanteria aveva raggiunto gli obiettivi prefissati ed era pronta alla marcia verso l’interno dell’isola.
Durante i primi giorni della campagna non ci furono grandi resistenze da parte dei soldati italiani, mentre i tedeschi essendo dispiegati al Nord non furono coinvolti. Le problematiche maggiori sarebbero state le estenuanti condizioni di marcia costituite dal caldo torrido, gli insetti e la scarsità dell’acqua mentre i soldati marciavano verso i villaggi.
Nel proprio ruolo come fianco sinistro dell’VIII armata, il 30mo Corpo aveva obiettivi post assalto: le strade che tagliano l’angolo dell’isola da Noto a Pozzallo e successivamente l’altopiano dei monti Iblei che dominano le strade che convergono su Palazzolo e Ragusa.
Ispica era un sito che offriva opportunità naturali per favorire una difesa prolungata, ma il bombardamento navale ed aereo degli alleati aveva decisamente ridotto l’opposizione della cittadina e l’ultimatum portò presto alla capitolazione. Quando il battaglione entrò in città trovò il benvenuto da parte della popolazione e la celere intenzione dei militari di arrendersi.
L’abilità dei bombardamenti navali alleati fece sì che Kesserling, alcuni giorni dopo l’invasione, mettesse in guardia i tedeschi in previsione della superiorità navale inglese con gli effetti dell’artiglieria su obiettivi di particolare importanza. In uno studio-inchiesta del Quartier Generale delle operazioni congiunte era chiaro che il bombardamento alleato nel Mediterraneo centrale era stato portato avanti sotto le circostanze ideali: le linee di rifornimento del nemico erano sulle strade costiere, lo sforzo dei sottomarini debole, poca era l’interferenza della componente aerea e buone le condizioni atmosferiche.
A Modica, successiva località sulla strada dei canadesi, dopo una breve resistenza attribuita alla presenza del Quartier Generale della 206ma divisione costiera italiana, incaricata della difesa da Licata ad Augusta, venne catturato dagli uomini del Princess Patricia’s Canada Light Infantry il Comandante Generale di Divisione Achille d’Havet e, lo stesso giorno, il Royal Canadian Regiment di base a Ragusa ebbe il primo contatto con le forze statunitensi del 45ma Divisione di fanteria che avanzava nella parte sinistra.
A nord di Ragusa il paesaggio diventa progressivamente più accidentato, mentre la lunga catena dei monti Iblei si innalza fini al punto di congiuntura con i monti Erei. La via secondaria che va verso il nord da Modica divenne l’asse di progressione della I brigata (Brigadier Graham).
Nella mattina del 12 luglio, il 48mo Highlanders, l’Hasting e il Prince Edward avevano camminato nella polvere in un caldo torrido.
La I brigata occupava la posizione più avanzata della divisione canadese, si trovava a 30 miglia dal punto di sbarco in linea d’aria, avendo percorso a piedi oltre 50 miglia tra strade di montagna, con una media di 8 ore di sonno. Di tutte le formazioni dell’VIII armata, solo la divisione canadese non era abituata alle condizioni quasi tropicali della zona mediterranea. Pertanto, il 13 luglio il Generale Montgomery ordinava una pausa proprio all’ estremità del fianco sinistro per permettere ai canadesi di riposare nella regione di Giarratana per una giornata e mezza.
Nella serata del 13 luglio la terza fase della direttiva del Generale Alexander del 19 maggio era stata eseguita: gli eserciti alleati avevano stabilito una solida base da cui procedere verso la presa di Catania e del gruppo di aerodromi di Gerbini e poi verso la presa dell’isola.
Il limite di avanzamento dell’VIII armata andava in direzione sud-ovest da Augusta a Vizzini, dove la 23ma brigata Blindee (30mo corpo) aveva incontrato una resistenza significativa da parte di elementi della divisione Napoli, rafforzata dai carri Hermann Gôring.
Nella parte sinistra, le truppe del Generale Patton si trovavano ancorate su di una testa di ponte che si estendeva senza interruzione quasi fino a Porto Empedocle. La VII armata utilizzò gli aerodromi conquistati a Olivo Comiso e Biscari e si preparò a schierarsi in modo tale da mettere le piste di atterraggio al riparo dell’artiglieria a lunga portata del nemico e assolvere il compito di proteggere il fianco sinistro dell’VIII armata.
Fino a questo momento gli americani avevano sostenuto la parte principale dei contro attacchi tedeschi di cui il punto più critico era stato una serie di interventi dei blindati attuati da un gruppo della divisione Hermann Gôring, provenienti da Caltagirone verso le spiagge di Gela l’11 e il 12 luglio. Per tre volte il nemico aveva cercato di respingere l’invasore, lanciando 60 carri Mark IV contro le posizioni precarie degli americani, ma ogni volta erano stati respinti dal fuoco congiunto dell’artiglieria e della marina che ne aveva distrutti 43.
La direttiva del 19 maggio definiva la missione dell’VIII armata, ovvero la presa di Catania e gli aeroporti di Gerbini, e il ruolo di appoggio della VIII armata, che doveva impedire alle riserve del nemico di andare verso l’est contro il fianco sinistro dell’VIII armata.
Il Gen. Alexander aveva dovuto aggiornare i piani in base all’evoluzione della situazione: una volta stabilita una base solida nella linea che andava da Catania a Licata, si trattava poi di dividere il territorio in due parti. In un primo momento bisognava conquistare e mantenere il rettangolo che era costituito dalle vie centrali intorno a Caltanissetta ed Enna.
Questa divisione di per sé avrebbe ostacolato tutte le comunicazioni est-ovest da parte del nemico.
Interviews with Canadian Veterans of the Sicily Campaign (Source: Veterans Affairs Canada YouTube Channel)
Da questo punto si poteva andare verso Nicosia, il che avrebbe lasciato all’Asse solo la rotta della costa nord, presso S. Stefano, in cui una piccola guarnigione avrebbe tagliato completamente le comunicazioni.
Uno sguardo alla cartina dell’isola permette di constatare la posizione strategica di Enna, al centro del network di strade (est-ovest, Catania-Palermo, come via principale, e S. Stefano-Gela, nord-sud). Altre strade vanno a sud-est attraverso Caltanissetta, ad Agrigento attraverso Caltagirone e Vizzini, a Siracusa e verso il nord-est attraverso Leonforte, Nicosia e Troina e Randazzo, alle strade del litorale che portano a Messina.
Pertanto, l’asse di ritiro dei tedeschi dal sud-ovest dell’isola avrebbe dovuto passare necessariamente per Enna.
Allo stesso tempo, le vie convergenti del sud e sud- est permettevano alle forze alleate un accesso diretto a questo snodo centrale. Il nemico riconosceva completamente l’importanza del fatto che era questi a conservare la presa su una tale nevralgica zona di comunicazioni e il compito era facilitato dalla natura accidentata del terreno che conduceva ad Enna.
Inizialmente, lo scopo di Husky era di conquistare la Sicilia come base per operazioni successive. Ma successivamente gli scopi di Casablanca erano stati ampliati e si era deciso che l’obiettivo sarebbe stato quello di far uscire il Paese dal conflitto al più presto possibile. Tale decisione avrebbe in parte cambiato i piani operativi degli invasori.
La decisione di orientare il 30mo Corpo in direzione nord-est di Enna impose una nuova ripartizione dei settori tra la VII e l’VIII Armata. Il 13 luglio il Generale Alexander pubblicò una direttiva che confermava la progressione dell’VIII armata secondo due assi: verso Catania, gli aeroporti adiacenti e il reticolo stradale all’interno della regione di Enna e Leonforte, accordando a Montgomery l’utilizzo delle strade 124 e 117 da Vizzini attraverso Caltagirone e Piazza Armerina fino ad Enna. L’asse di progressione degli americani si orienta verso ovest. La VII armata dovette orientarsi verso sinistra e risalire su di una linea che partendo da Caltanisseta si trovò in contatto con l’VIII Armata nell’incrocio situato a sud di Enna.
In questo modo si mise in atto l’idea iniziale di dividere l’isola in due parti.
L’avanzata canadese continuò nella notte dal 14 al 15 luglio lungo la strada 124 che si snoda tra le alture rocciose della punta sud est della Sicilia. La strada attraversa Vizzini e conduce verso Caltagirone ed Enna.
Il primo incontro con i tedeschi si ebbe il 15 luglio a Grammichele. Dopo uno scontro intenso i canadesi del 48mo Highlanders accompagnati dai carri del Reggimento Trois Rivières indussero un distaccamento della divisione H Goering a lasciare la città. Sarà questo il primo di una serie di incontri con il nemico che era facilitato dal terreno accidentato dell’isola.
In generale le truppe alleate avanzavano lungo strade stette e tortuose ostruite dalle macerie o dalle mine. I tedeschi invece disponevano sempre di posizioni dominanti da cui poter attuare la difesa delle vie di comunicazione.
Via via che avanzeranno i canadesi si vedranno costretti a conquistare monti e rocce scoscese e le loro perdite aumenteranno.
Il distaccamento tedesco, che la I brigata canadese aveva cacciato da Grammichele, proteggeva la Divisione Goering che ripiegava verso la difesa di Catania.
Era chiaro che sarebbero stati i tedeschi a dover sostenere gran parte della battaglia per l’isola. Infatti, Kesserling, dopo aver reso visita ai Generali Guzzoni e Von Senger a Enna, comunicò a Berlino le perdite subite da parte degli italiani e l'insufficiente numero dei tedeschi per portare avanti un attacco decisivo contro le teste di ponte del nemico
In questo scenario il fianco sinistro dell’VIII armata acquisiva importanza.
Il 15 luglio il Generale Mongomery fece riferimento ad un combattimento difficile e lento. In una lettera al Generale Leese si indicava che i tedeschi stavano ritirando le truppe dal centro della Sicilia per dirigerle nella parte est al fine di impedire il raggiungimento da parte degli alleati dell'aeroporto di Catania. È per questo che un duro colpo fu sferrato dalla parte sinistra con uno spostamento rapido verso Caltagirone, Valguarnera, Enna, Leonforte.
La divisone occupò Caltagirone il 16 luglio e il giorno successivo conquistò piazza Armerina dopo aver avuto ragione di una consistente posizione nemica che dominava il sud della città.
Il 18 luglio fu una giornata di aspri combattimenti presso Valguarnera.
Nel frattempo, nella parte ovest gli americani continuavano l’avanzata: si occuperanno di Enna mentre la divisione canadese si dirigerà verso Leonforte ed Assoro nel nord-ovest.
Il nemico presidiava questa regione dove le formazioni rocciose si innalzano sulle rive del Diddanio per formare le contreforts dell’Etna. Il Comandante della I Brigata ordinò ai Reggimenti Hasting e aPrince Edwards di attaccare Assoro.
Le montagne di Assoro si trovavano a 950 metri, questa fortezza naturale sembrava impossibile da prendere. C’era inoltre la circostanza che la 15ma Divisione Panzer bloccava la strada verso Messina.
Era impossibile avvicinarsi ad Assoro senza cadere sotto il fuoco nemico.
Poiché i tedeschi occupavano la località che si aggrappa alla pendice occidentale del Monte Assoro, erano in grado di controllare tutto quello che si avvicinava.
L’altro versante della montagna era impraticabile poiché molto scosceso.
Il comandante dell’Hasting B. A. Sutcliffe venne ferito mortalmente dal fuoco nemico e sostituito dal Maggiore lord Tweedsmuir, figlio di un ex Governatore Generale del Canada.
Evidentemente un attacco frontale non avrebbe potuto in alcun modo avere successo. Il piano che venne messo in atto fu quello di un avanzamento durante la notte attraverso i campi dalla parte della pendice più rapida, nel versante est. Questa azione avrà successo.
I canadesi al mattino raggiunsero la cima della montagna fino a trovarsi in una posizione sopraelevata rispetto al nemico su cui aprirono il fuoco e, presi di sorpresa, i tedeschi si ritirarono dalla località, anche se furono pronti a contrattaccare.
I combattimenti continueranno fino al 22 luglio, ma Assoro restò in mano canadese.
Sei settimane dopo, preparando il rapporto sulle lezioni apprese dalla campagna di Sicilia, il comandante della 15ma divisione Panzer scriveva che i fanti alleati avevano la stoffa dei buoni soldati e che nelle manovre sul terreno erano superiori alle loro truppe.
Molto mobili effettuano incursioni a sorpresa la notte e si infiltrano in modo abile in gruppi nelle posizioni tedesche.
Nel frattempo, la II brigata di fanteria era impegnata nella battaglia a Leonforte, una cittadina di 20.000 abitanti non lontano da Assoro e anch’essa arroccata sul fianco di una collina scoscesa, mentre gli uomini del Edmonton, protetti da uno sbarramento d’artiglieria avanzavano e gli ingeneri lavoravano alla ricostruzione di un ponte distrutto dai tedeschi.
La battaglia fu molto aspra per le vie della cittadina e sul ponte appena ripristinato transitò una colonna di mezzi e uomini del Patricia’s Princess Canada Light Infantry, che poi andò a sostenere, nella serata del 21 luglio, gli uomini del Reggimento Edonton l.
La battaglia si trasformò in un combattimento strada per strada e casa per casa, anticipando per certi versi quello che succederà nell’inverno 1943 ad Ortona.
Casa per casa significò che le unità dell’Edmond Royal Regiment si frazionarono.
Il Brigadier Christopher Vokes lanciò una colonna formata da 4 carri e una batteria anticarro e una compagnia del Princess Patricia’s Canadian Light Infantry. L’assalto fu efficace, tanto che le posizioni tedesche all’entrata della città furono costrette ad arrendersi.
Il Gen. Simons ordinò a 4 brigate di attaccare Agira, che si trova a 13 km ad est di Leonforte, e dispiegò uno sbarramento d’artiglieria con 5 reggimenti. I cannoni attaccarono le posizioni tedesche e si fermarono ad intervalli regolari per permettere alla fanteria di avanzare. I tedeschi resistettero a lungo e saranno necessari cinque giorni per catturare Agira e la vicina località Nissoria.
La presa di Regalbuto
Nella vallata del Diddanio, la III brigata canadese si avvicinò a Casanuova e la prese il 29 luglio, mentre più a nord il 48mo Highlanders, le Royal Canadian Regiment et les Hastings e il Prince Edward Regiment partecipavano alla presa di Regalbuto a fianco alle unità inglesi.
I combattimenti durarono dal 30 luglio al 3 agosto: sottoposta a consistenti bombardamenti dell’artiglieria, la città andava in rovina, le macerie occupavano le vie.
La spinta verso l’est continuò dal 3 al 7 agosto. Da Regalbuto i canadesi avanzarono lungo i fiumi Salso e Troina, dove conquistano nuove posizioni difese dai tedeschi.
Più a nord si svolgevano intanto i combattimenti tra americani e tedeschi e, di fronte all’imminenza della sconfitta, le forze tedesche cominciarono ad organizzare la ritirata dalla Sicilia per il 10 agosto.
Inglesi e americani si incontrano a Messina il 17 agosto.
I canadesi furono posti in riserva il 6 agosto e si recarono nella zona di Lentini per una settimana di sosta dalle operazioni militari.
L’operazione Husky è durata cinque settimane e i canadesi hanno percorso 200 km in condizioni climatiche molto difficili. Le perdite ammontarano a 2310 uomini, di cui 562 restarono uccisi.
Il significato dell’operazione Husky
Conseguenza dell’operazione Husky, fu la caduta di Mussolini. Come noto, il Maresciallo Badoglio annunciò che la guerra a fianco della Germania sarebbe continuata, anche se iniziavano i contatti con gli Alleati, colloqui che coincidevano con i preparativi di invasione della Penisola.
La situazione influenzava i nuovi piani militari. Il progetto di invasione del continente europeo rimaneva intatto, piano che verrà adottato dopo numerose discussioni e modifiche.
Il XIII° Corpo d’Armata, con a capo il Generale Dempsey e costituito dalla I Divisione canadese, dalla V Divisione britannica e dalla I Divisione canadese carri, avrebbe dovuto scavalcare lo stretto di Messina e cominciare a risalire la penisola. L’operazione iniziò il 3 settembre, quarto anniversario dell’entrata in guerra della Gran Bretagna.
Il Canada, dopo una lunga attesa, partecipò alla più importante operazione anfibia fino ad allora condotta, rilevante per dimensioni, ma anche in termini di impatto psicologico per le potenze dell’Asse. Queste furono costrette a misurarsi con un nemico che sperimentava l’utilizzo delle unità con un nuovo approccio dinamico, sintesi anche di precedenti sperimentazioni in termini di lanci di guerra.
In questo importante contesto, il battesimo del fuoco dei canadesi fu proprio la Sicilia e, per certi versi, si realizzò in condizioni quasi ottimali, poiché nei primi giorni la resistenza del nemico fu limitata e il combattimento non si rivelò particolarmente sanguinoso.
Naturalmente la marcia verso l’interno diventerà difficoltosa, aspra e con un numero crescente di vittime. Le condizioni climatiche e del terreno renderanno l’impresa faticosa.
Agira fu probabilmente il culmine dell’intensità dello scontro.
Protetti dagli oceani e dal Polo Nord, a dire il vero un tempo molto più impraticabile di adesso, con un vicino a Sud trasformato da nemico in protettore, in tempo di “pace sistemica” la politica di difesa del Canada non era un dossier di rilievo. Emerge chiaramente dai temi delle campagne elettorali, in cui il dibattito era pressoché assente e dal reflusso degli effettivi militari una volta terminati i conflitti.
Nondimeno il Canada ha avuto una storia di impegno militare di tutto rilievo nel suo ruolo di media potenza in senso difensivo e di responsabilità verso le Alleanze nelle due guerre mondiali, ma anche come fornitore di sicurezza all’esterno pur con le sue peculiarità: un budget piuttosto basso per la difesa e allo stesso tempo la partecipazione ad ogni impegno della NATO, quando la cultura strategica ha effettuato un passo verso l’Atlantismo.
Ricordando oggi, dopo quasi 80 anni, l’operazione Husky e il mondo costruito e ordinato nel post 45, in un’epoca di conflitti in senso lato e di rivalità tra le potenze di cambiamento dell’architettura dello scenario mondiale ci si chiede quale sarà il ruolo della componente difesa di Ottawa. Evidentemente, la collocazione geografica non cambia ma la posizione geostrategica si evolve con il mutamento delle tendenze politiche mondiali. Non soltanto. Il cambiamento climatico si è affiancato ad uno scenario politico instabile, che rendono meno sicuro lo stesso confine Nord.
In questo senso, il dossier più urgente per il secondo mandato Trudeau sarà “l’aggiornamento” del North America Air Defence Command (NORAD).
La politica è urgentemente chiamata ad elaborare le risposte conseguenti le nuove sfide, mantenendo anzi recuperando, nei limiti in cui ciò sarà possibile, gli elementi caratteristici del mondo ricostruito alla fine del secondo conflitto mondiale a cui i canadesi hanno dato il loro contributo dalle spiagge di Pachino a quelle della Normandia.
Un ordine internazionale basato sulle regole del diritto internazionale, sul multilateralismo, sulla costruzione della pace, quello in altre parole che maggiormente è in grado di garantire la sicurezza fisica del Canada e anche la sua prosperità economica.
Cover: Princess Patricia's Canadian Light Infantry patrol walking up main street. July 1943/Agira, Italy. Credit: Library and Archives Canada/PA-138269
[1]Nome che si diedero gli Stati che combattevano le potenze del patto tripartito in una Dichiarazione firmata a
Washington l’11 Gennaio 1942 dove assumevano l’impegno di dedicare ogni risorsa alla sconfitta del nemico, di non
procedere ad alcuna pace separata e dove accettavano i principi che Roosevelt e Churchill avevano stabilito nella Carta
Atlantica. In tale documento era contenuto un accenno alla possibilità di dar vita, dopo la conclusione del conflitto, ad
un sistema di sicurezza collettiva in grado di scoraggiare le aggressioni e procedere ad un’intensa collaborazione tra gli
Stati in campo economico e sociale.
[2]Il 3 settembre si era verificato l'affondamento della nave passeggeri Athena da parte di un sottomarino tedesco.
[3]Con lo Statuto di Westminster (1931), il Parlamento britannico rinuncia al diritto di legiferare sull’impero. I domini sono oramai
indipendenti sul piano giuridico e costituzionale e che il diritto di pace e guerra e di negoziare trattati internazionali sarebbe
appartenuto esclusivamente ai Dominions.
[4]242.000 erano a fine ’43, mentre il 31 maggio 1944, alla vigilia dello sbarco in Normandia, si contavano 251.000 uomini di cui 75.000
in Italia.
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