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L’artico canadese e la guerra in Ucraina come moltiplicatore di vulnerabilità pregresse

L’artico canadese e la guerra in Ucraina come moltiplicatore di vulnerabilità pregresse

di Laura Borzi,
Analista del Centro Studi Italia-Canada ed esperta di Artico

 

L’artico canadese è direttamente influenzato dall’interazione di due crisi globali in corso, il cambiamento climatico e la guerra in Ucraina.

In merito alla prima questione, la comprensione e gestione dei significativi cambiamenti ambientali come lo scioglimento del ghiaccio marino, lo scongelamento del permafrost, una maggiore frequenza di fenomeni climatici estremi a varie latitudini, una lunga stagione di incendi delle foreste, richiedono urgente collaborazione scientifica e diplomatica nonostante il conflitto in Europa abbia portato alla sospensione dei rapporti con Mosca anche sui temi riguardanti il Nord. L’aggressione di Mosca contro Kiev ha profondamente inciso sulla governance e la collaborazione internazionale in artico, tanto che il Consiglio artico, fondamentale forum intergovernativo della regione, nel biennio 2021-23 a presidenza russa, non è stato in grado di adempiere al proprio indispensabile ruolo di interazione e armonizzazione tra scienza e politica. La presidenza del Consiglio passata alla Norvegia l’11 maggio ‘23 potrebbe costituire una circostanza particolarmente favorevole in questa fase di profonda tensione tra le parti, data la storica, pragmatica competenza nella gestione dei rapporti con Mosca da parte di Oslo. Lo scorso febbraio, gli Stati membri del Consiglio artico hanno deciso che il lavoro dei working groups, essenza del funzionamento del Consiglio, riprenderà progressivamente in modalità virtuale. Questo è indispensabile per affrontare la sfida climatica e altre questioni urgenti al nord. Resta la gravità  della sfida lanciata dalla Russia all’ordine sistemico con la violazione di norme inderogabili di diritto internazionale (acquisizione di territori tramite l’uso della forza) suscettibile di rendere instabile una regione che per quasi un trentennio è stata considerata dedita alla pace e cooperazione internazionale.

Il quadro generale

Nel febbraio '22, la seconda fase della guerra contro Kiev, dopo il primo episodio del 2014 di annessione della Crimea e destabilizzazione del Donbass, ha provocato un’ondata di shock propagatasi ben oltre l’Ucraina. Il confronto tra i belligeranti ha per posta in gioco l’architettura della sicurezza in Europa e dell’equilibrio futuro dell’Eurasia. Svanita le possibilità di messa a sistema di valori, grazie ad una convergenza economica e dialogo politico, l’aggressione russa ha sortito effetti sistemici e la stessa regione artica, tradizionale luogo di cooperazione internazionale, ha subito cambiamenti importanti nel complesso della struttura di sicurezza e delle infrastrutture militari che si stanno trasformando come conseguenza delle azioni di Mosca. Evidentemente il riverbero della guerra tra Mosca e Kiev continuerà ad impattare il sistema internazionale nel medio e lungo periodo.

 

L’annessione della Crimea, nel 2014 aveva già costituito un atto rivoluzionario e regressivo, l’innesco di una crisi e indebolimento delle relazioni tra la Russia e Occidente con un primo sistema di sanzioni che aveva avuto impatto nelle importanti attività economiche nell’artico russo. L’area, ricca di risorse naturali tra cui gas e idrocarburi è stata, dagli anni 2000 il volano delle fortune economiche del Paese che hanno consolidato la leadership di Putin e favorito il ritorno della Russia sulla scena internazionale, nel tentativo di ricostituire lo status di potenza del Paese e reclamare una conseguente adeguata collocazione su scala mondiale.

 

Nel luglio 2014, le sanzioni di Stati Uniti e Unione Europea colpivano il trasferimento di tecnologie per le perforazioni in acque profonde al di sotto 150–152 metri, cosi come le esplorazioni e lo sviluppo delle riserve di idrocarburi. Eppure nel 2018 l’area generava tra il 12 e il 15% del PIL e, nel 2020, l’80 % del gas combustibile e il 17% del petrolio erano prodotti in Artico[1]. Nel 2014 l’annessione della Crimea e i tentativi di destabilizzare l’Ucraina occidentale da parte di Mosca avevano sortito l’effetto di alterare, agli occhi dell’occidente, la percezione della Russia inducendo gli Stati Uniti e gli alleati europei a riconsiderare l’approccio all’Europa, una regione fino ad allora ritenuta stabile e sicura.

 

Ciononostante gli eventi non avevano mutato le relazioni al Nord. Queste restavano imperniate sulle attività del Consiglio Artico, il forum intergovernativo che promuove sviluppo economico e protezione ambientale tra gli otto Stati artici[2], e il dialogo che proseguiva in termini quanto mai concreti.

 

A tal proposito, si citi l’istituzione del Forum delle guardie costiere, per meglio coordinare le attività di ricerca e soccorso 2016, il Codice Polare per regolare la navigazione (in vigore dal 2017) e l’accordo per la moratoria sulla pesca nell’oceano artico (2018) in vigore dal 2021).

 

Anche il documento di politica estera russa del 2020 era privo di un linguaggio ostile in riferimento all’Artico, a differenza di ciò che era riservato ad altre regioni del pianeta. Nella politica internazionale, secondo la studiosa russa Natalia Viakireva[3], la Russia mostrava due aspetti, un aggressivo revisionismo nello spazio post sovietico e una sorta di internazionalismo liberale nella sfera delle relazioni circumpolari.

 

Il quadro dei rapporti di forza nel Nord del pianeta risultava, in effetti assai differente da quello a livello sistemico, con Mosca in un ruolo dominante come quintessenza dello Stato artico. La Russia dispone della frontiera marittima più lunga al mondo, 24,140 chilometri affacciati sul Polo Nord, con consistenti interessi economici e militari nella regione. Da parte degli altri Stati artici non si era manifestata la volontà di mutare lo status quo evitando finanche un interessamento all’artico da parte dell’Alleanza Atlantica, ritenuto non necessario. Un’area geografica allo stesso tempo aspra e fragile, relativamente isolata dalle dinamiche della politica globale con una governance regionale e una cooperazione funzionale sulle problematiche di sviluppo economico e protezione ambientale che ha prevalso fino al febbraio ‘22.

 

Cionondimeno, varie tendenze indicavano da tempo la presenza di fattori in grado di influenzare la cooperazione artica quali la sempre più complessa relazione tra Russia e Occidente, una crescente rivalità tra Washington e Pechino, nonché la diffusa percezione dell’indebolimento costante dell’ordine internazionale costruito all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale.

 

Sul piano militare nella regione artica si veniva delineando un dilemma della sicurezza con l’aumento delle esercitazioni militari e un aggiornamento delle Strategie dei principali Paesi artici. I vari documenti politici dedicati al Nord continuavano a sottolineare l’inalterato impegno alla cooperazione nel rispetto del diritto internazionale all'interno del sistema di governance della regione artica, con la promozione di attività economiche rispettose del delicato ambiente, in linea con criteri di sviluppo sostenibile e protezione delle popolazioni locali. Se obiettivo condiviso era che la regione restasse pacifica, si riteneva oramai necessario non trascurare gli aspetti di hard security con la messa a sistema di credibili strumenti di deterrenza in collaborazione con alleati e partner.

 

Questa tendenza non ha caratterizzato soltanto l’artico europeo dove, per evidenti questioni geografiche maggiormente si percepivano le tensioni con la Russia, ma anche l’artico nord americano allorché Stati Uniti e Canada avvertivano la necessità di una revisione delle politiche del Nord.

 

Gli USA, che dopo la fine della guerra fredda avevano cessato di considerare il Nord tra le priorità di sicurezza, con l’amministrazione Trump nel 2018 segnalavano un rinnovato interesse per l’arteria Nord Atlantico-Artico: gli Stati Uniti ristabilivano a Nortfolk il comando della 2a Flotta e tornavano alla base aerea di Keflavik in Islanda.

 

Nel maggio 2019, l’intervento[4] del Segretario di Stato Mike Pompeo all’11a Ministeriale di Rovaniemi rappresentava per certi versi un punto di svolta nella storia del Consiglio Artico. Contestava a Pechino il concetto di Stato vicino all’artico avanzando dubbi sulle vere intenzioni cinesi in merito alla via della seta polare. Denunciava inoltre la modernizzazione dell’infrastruttura militare russa e contestava lo status giuridico della Northern Sea Route e dello stesso Northwest Passage quest’ultima una questione di perenne disaccordo tra Washington e Ottawa. 

Dopo di lui, il vice Presidente Pence nel corso di una visita in Islanda[5] indicava come l’Artico fosse oramai diventato una questione di sicurezza lamentando la crescente influenza russa e cinese nell’area. Nell’estate 2019 il Presidente Trump manifestava la volontà di acquistare la Groenlandia dalla Danimarca, propositi già espressi in epoche ben più lontane nel 1867 e 1946.

 

La National Security Strategy elaborata dall’amministrazione Biden nell’ottobre 2022 nella sezione dedicata all’Artico denunciava non solo l’atteggiamento aggressivo russo che generava rischi di nuovi conflitti, ma anche l’impatto cinese nell'area che per il tramite degli investimenti economici e ricerca scientifica conducono attività duali con intelligence e applicazioni militari.

 

In merito al Canada, la politica artica di Ottawa si è sviluppata, dal secondo dopoguerra, nell’ambito della indissociabile relazione con gli Stati Uniti e con gli alleati transatlantici facendo perno sulle istituzioni, il diritto internazionale e la diplomazia. Una traiettoria politica improntata alla cautela e contraria ad implicazioni di attori esterni nelle questioni artiche, compresa l’alleanza atlantica.

 

Sebbene dal 2007, Islanda e Norvegia avessero attivamente promosso la necessità di una maggiore consapevolezza di temi artici anche per l'Alleanza, Ottawa, senza mettere in questione il ruolo di difesa collettiva anche in Artico cui si applica naturalmente l’art 5 del trattato NATO, si era opposta ad un ruolo nelle emergenti sfide di sicurezza (security ma principalmente safety) per le collettività della regione che restava il dossier preponderante. Basti ricordare che ancora nel 2014, il governo conservatore di Stephen Harper (2006-2015) sottolineava come la NATO non avesse alcun ruolo nel Nord e che gli Stati non artici stessero cercando un’influenza in uno spazio che non apparteneva loro[6] .

 

Eppure, in seguito all’annessione della Crimea, era stato proprio il Canada il Paese che aveva visibilmente protestato in seno al Consiglio artico boicottando l’attività nei vari working groups [7].

 

Nel corso del mandato Harper infatti, erano stati sospesi quasi tutti i contatti bilaterali con

Mosca fino a che, nel 2015 il nuovo governo liberale di Justin Trudeau per il tramite del Ministro degli esteri, Stéphane Dion sottolineava che questa posizione troppo rigida deviava palesemente dalla stessa politica degli Stati Uniti e da quella degli altri partner del G7.

 

Dopo due anni, al Ministero degli esteri arrivava Chrystia Freeland e si tornava ad una linea più ferma verso il Cremlino, del resto il clima per un impegno bilaterale con Mosca era tutt’altro che propizio. Tanto è vero che con documento di politica di difesa del 2017 Strong Secure Engaged[8] il governo Trudeau prendeva atto della situazione dei cambiamenti in corso a livello planetario e al tradizionale concetto di eccezionalità dell’Artico come regione dedita alla pace, veniva affiancata la nozione di rinnovata competizione strategica. Il documento sottolineava il ruolo di Mosca nel ritorno della competizione internazionale al livello globale con conseguenti implicazioni in termini di pace e sicurezza.

 

La NATO si rileva, ha incrementato l’attenzione alla Russia nelle sue capacità di proiettare forza dall'Artico nell’Atlantico del Nord dato che Mosca è in grado di sfidare la postura di difesa collettiva dell’alleanza. Ottawa si impegna nel rafforzamento della situational awareness (consapevolezza situazionale) e nella condivisone di informazioni in Artico compresi gli alleati NATO.

 

Il documento registra un sostanziale cambiamento della posizione ufficiale canadese in quanto nel 2017 il concetto di artico come area pacifica non preclude più il riconoscimento degli interessi dell’alleanza occidentale e anzi, collegando l’Artico al Nord Atlantico tramite l’interconnessione del GIUK gap, si instaura la mappa geografica e mentale della guerra fredda9. Le sfide che già minavano la stabilità del sistema internazionale, ritorno della competizione tra potenze, aumento della complessità dei conflitti, sviluppo tecnologico e minacce ibride si sono accentuate.

 

A sei anni dal documento di difesa e a due dall’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina, Ottawa ha dovuto intraprendere un processo di aggiornamento in merito alla politica di difesa nazionale che ha condotto, l’8 aprile 2024 all’emanazione di un nuovo documento dal titolo quanto mai significativo, Our North: Strong and Free: A Renewed Vision for Canada’s defence[9] in cui trovano conferma le tendenze fondamentali suscettibili di influenzare la sicurezza e prosperità canadesi ovvero l’accessibilità della regione artica a causa del cambiamento climatico, la crescente instabilità mondiale e i rapidi progressi tecnologici.

 

Il compito più urgente resta quello di carattere “tradizionale” ovvero l’affermazione della sovranità in artico e nelle regioni del Nord in cui l'evoluzione della geografia fisica e delle dinamiche geopolitiche rendono urgente un approccio che aumenti la presenza, la mobilità e la prontezza delle FFAA canadesi nella regione e nelle vicinanze della costa. Si va anche nella direzione di rimediare alle significative vulnerabilità relative alla situational awareness e alla limitata infrastruttura militare che mettono a repentaglio la capacità delle Forze Armate Canadesi (Canadian Armed Forces CAF) e del NORAD (North American Aerospace Defense Command) di individuare e respingere le minacce destinate al Nord America. Tra le misure contenute nel documento del 18 aprile 2024: controllo e sorveglianza degli spazi sottomarini e marini con aperta possibilità di rinnovamento ed espansione della flotta di sottomarini, creazione di una nuova stazione di satelliti terrestri in artico, acquisizione di elicotteri tattici più moderni e più efficaci, creazione in artico di hubs di supporto operativo con impianti logistici per una presenza militare più importante, per periodi più lunghi ed in grado di agire in un arco di tempo minore nelle aree più remote del Paese.

 

In merito al documento specifico di politica artica, Canada Arctic and Northern Policy Framework, questo è stato emanato nel 2019 ed è concepito per indirizzare le azioni di Ottawa fino al 2030. In esso si affrontano in particolare le problematiche legate all’aspetto  della human security che si traducono essenzialmente nella necessità di colmare il divario delle condizioni di vita che distingue i canadesi del sud da quelli del nord. Il documento resta una guida indispensabile di cui non si prevedono aggiornamenti piuttosto appare necessario, nel contesto attuale, aggiornarne il prisma di lettura.

 

Le vulnerabilità canadesi in Artico non sono esclusivamente di natura militare. Le criticità che rendono il livello di vita dei canadesi del nord più basso rispetto al resto della popolazione, disuguaglianze socio economiche, carenza infrastrutturale e questioni irrisolte che, per certi versi ancora risentono dell'impronta del colonialismo, possono essere oggetto di minacce ibride volte a mettere a repentaglio, democrazia e coesione sociale e quello che per Ottawa costituisce da sempre una problematica ineluttabile: l’ansia della sovranità. Come si vedrà di seguito, è probabilmente la presenza economica cinese la circostanza che materializza nell’immediato le minacce ibride al Nord.

 

Conseguenze sulle attività del Consiglio artico

 

Gli eventi del 24 febbraio 2022 hanno ridotto in frantumi l’architettura di sicurezza europea alterando il calcolo del rischio, sottostante le politiche estere e di sicurezza dei vicini del nord con un mutamento arrivato fino in Artico, una regione considerata eccezionale e pacifica con alle spalle tre decenni di intensa ininterrotta cooperazione internazionale. In primis dal marzo 2022 il Consiglio artico ha cessato di funzionare allorché 7 degli 8 membri (ad esclusione della Russia) hanno sospeso la loro partecipazione nelle riunioni ufficiali. Mosca aveva assunto a maggio 2021 la presidenza biennale di turno del Consiglio (21-23) con un programma[10] all’insegna dei classici temi: popolazioni dell’Artico in particolare quelle indigene, protezione ambientale, sviluppo socio economico, rafforzamento del Consiglio Artico .

 

I lavori del Consiglio senza la partecipazione della Russia sono poi ripresi a giugno 2022 e dallo scorso maggio, la Norvegia ha infine assunto la presidenza nella consapevolezza che l’eventuale cooperazione con la Russia nelle modalità antecedenti il febbraio 2022 resta una prospettiva lontana ed incerta.

 

A settembre 2023, il Ministro degli esteri Lavrov ha annunciato che la Russia si sarebbe ritirata formalmente dal Barents Euro-Arctic Council[11] l’organizzazione regionale che unisce i Paesi dell’Artico europeo e la Commissione europea data la “reticenza” della Finlandia di passare la presidenza biennale dell’organizzazione a Mosca.

 

Parte della comunità scientifica internazionale mette in guardia sull’importanza della cooperazione scientifica con la Russia, in particolare in tema di cambiamento climatico[12], ma al momento la divisione tra l’occidente collettivo ed il Cremlino è molto netta anche al Nord del pianeta dove le questioni di hard security hanno assunto un maggiore rilievo e, piuttosto sembra proseguire lo smantellamento della cooperazione al Nord.

 

Del resto, nel momento in cui l’ordine internazionale è contestato anche tramite il ricorso al conflitto armato, la logica di confronto non può smorzarsi di fronte alla risoluzione delle questioni globali che richiederebbero la cooperazione. La convinzione diffusa secondo la quale le aspirazioni delle società debbano avere la meglio sugli interessi degli Stati si decompone nelle tendenze del revisionismo su scala mondiale.

 

La mobilizzazione di una miriade di attori e delle relative significative risorse, nella lodevole intenzione di far prevalere “la questione sociale” su quella geopolitica non riesce ad arginare le volontà nazionali di potenza. Anche in Artico, gli Stati restano protagonisti sebbene per un trentennio sia stato l’aspetto della politica circumpolare e delle questioni societarie quello prevalente, risultato di una precisa volontà politica di isolare in compartimenti stagni le questioni militari .

 

Finlandia e Svezia, hanno fatto richiesta di adesione alla NATO (Helsinki 31o membro dal 4 aprile 2023 ) e questo intensifica, semmai ce ne fosse stato bisogno, l’atavico concetto di accerchiamento di Mosca. Il livello di allarme è dunque aumentato nei Paesi NATO dell’artico europeo, tra tutti la Norvegia che già nel 2016 aveva annunciato un importante aumento per il budget della difesa[13]. Per posizione geografica e per reputazione, la capacità di operare in Artico è notevole e un rafforzamento del dispositivo militare avrà effetti positivi sulle abilità della NATO di condurre operazioni nell’artico europeo. Il budget 2023 già rispondeva alla minaccia russa suscettibile di mettere a repentaglio i fondamenti della sicurezza internazionale come espresso dal Ministro della Difesa ,Bjørn Arild Gram[14]. Infine lo scorso aprile, il governo di centro sinistra ha annunciato uno “storico aumento” delle spese militari 52 miliardi di euro nel corso dei prossimi 12 anni[15]

 

Per ciò che riguarda Washington, la Strategia USA dell’ottobre 2022 che aggiorna il precedente documento del 2013, sottolinea come la guerra scatenata dalla Russia aumenti le tensioni geopolitiche a Nord dilatando i rischi di un conflitto non intenzionale, concetto già ribadito nella National Security Strategy (2022). Per ciò che concerne la NATO, la nozione politica di derivazione norvegese High North, Low Tension” che esprimeva una visione conservativa dell’area[16] era stata la costante della postura atlantica del post guerra fredda, ma dal 2014 le tensioni sono cresciute in maniera continua, seppur lentamente. Il concetto strategico adottato a Madrid nel giugno 2022 indica nella Federazione russa la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza pace e stabilità nell’area euro atlantica con riferimento all’Artico: in the High North, its capability to disrupt Allied reinforcements and freedom of navigation across the North Atlantic is a strategic challenge to the Alliance[17]. La preoccupazione è ribadita nel comunicato finale[18] del summit di Vilnius (luglio 2023) in cui si evidenziano i consistenti assets militari russi in Artico, conseguentemente l’alleanza continuerà ad intraprendere le necessarie e pertinenti attività nella regione.

 

L’invasione dell’Ucraina ha rappresentato una rottura netta per la relazione tra l’occidente e la Russia di Putin pertanto, anche in Artico, si delinea in modo più definito il confine territoriale e politico con la NATO, non solo in termini geografici con l’aggiunta di Finlandia e Svezia ma, e sopratutto, per una traiettoria politica, una visione di se e del mondo una Weltanschauung, inesorabilmente divaricata da quella dell’occidente.

 

La geopolitica dell’Artico ha lasciato al momento, e per un periodo indefinito di tempo, il percorso della cooperazione, orientandosi verso una divaricazione tra l’artico russo e l’artico europeo e Nord americano.

 

Canada: minacce alla sicurezza in Artico e attraverso l'Artico.

Tra gli Stati artici, il Canada è stato particolarmente colpito dai mutamenti dell’ultimo ventennio in termini di effetti del cambiamento climatico e dinamiche geopolitiche. L’aumento delle attività commerciali e di navigazione da parte attori statali e privati, che non necessariamente possiedono un’adeguata conoscenza dell’area può incidere negativamente sul sistema artico nel suo complesso. Le nuove opportunità economiche si sono accompagnate dunque ad un aumento significativo delle problematiche di safety and security.

 

Nuovi stati non artici, su tutti la Cina, si sono affacciati nelle acque del passaggio a Nord Ovest, alimentando quell’ansia della sovranità che da sempre caratterizza la forma mentis canadese. Se a partire dalla seconda guerra mondiale, i timori sono stati rivolti principalmente verso gli Stati Uniti, impegnati in attività militari nel territorio canadese per proteggere il nord America dalla minaccia sovietica, ora le criticità sembrano maggiori. Ottawa considera tutte le acque dell’arcipelago come acque storiche interne su cui esercitare piena ed esclusiva autorità, incluso pertanto il potere di decidere l’accesso alle navi straniere. Tale postura non è condivisa all’alleato principale, gli Stati Uniti che considera le differenti vie attraverso il passaggio a Nord ovest alla stregua di uno stretto internazionale con diritto di passaggio in transito delle navi. La stessa considerazione è fatta dall’UE, mentre Pechino e Mosca mantengono atteggiamenti differenti. Volutamente ambiguo per la Cina, in modo tale da ritagliarsi uno spazio di maggiore libertà di manovra politica. Intenzionata a costruire la Polar Silk Road, nella sua Arctic Strategy (2018) sottolinea i diritti e la libertà di navigazione in termini generali senza specificare oltre. A ben vedere la legislazione nazionale di Pechino sul mare territoriale è assai restrittiva e l’atteggiamento in merito al Mar cinese meridionale lascia poco spazio alla libertà di navigazione. La Russia, Stato costiero come il Canada è in linea con l’atteggiamento di Ottawa in quanto anche Mosca ritiene che le acque della Northern Sea Route costituiscano acque interne, e come il Canada fonda la rivendicazione sul concetto di titoli storici di cui art 10 UNCLOS[19].

 

Al presente, la limitata consistenza dei traffici commerciali è tale da non dover giustificare frizioni tra governi alleati. Al contrario, il mantenimento della postura giuridica canadese all’epoca di accresciuta competizione strategica appare funzionale nel contrasto delle minacce ibride che avvengono in area marittima sopratutto da parte cinese.

 

Più in generale il Canada deve far fronte alle significative lacune nel monitoraggio ed identificazione/rilevazione delle minacce ibride e convenzionali nella regione. Senza contare che le persistenti vulnerabilità strategiche possono mettere a repentaglio la stessa credibilità del Paese con gli alleati in un momento denso di crisi multidimensionali per l’Occidente.

 

Il complesso quadro di ricomposizione dell’assetto geopolitico mondiale, rende urgente ed indispensabile per il Canada un ripensamento della sicurezza artica in senso ampio. La rete istituzionale e cooperativa che ruota intorno al Consiglio Artico e di cui Ottawa è stata tra i maggiori promotori insieme alla Finlandia fin tempi della Arctic Environment Protection Strategy 1991 è stata significativamente danneggiata.

 

La creazione di un’area di pace e cooperazione in Artico era stata, come molti aspetti del mondo contemporaneo, uno spin off della fine dell’impero sovietico contribuendo nondimeno a quel sistema di ordine internazionale che dalla fine del secondo conflitto mondiale si era sedimentato su di regole, istituzioni e la pratica del multilateralismo. La diplomazia multilaterale al contempo uno scudo e una spada della politica estera di Ottawa, è stata lo strumento su cui il Paese ha costruito la propria sicurezza politica e prosperità economica in un ambito di “sicurezza internazionale” ora minacciata dalla competizione tra potenze, dal declino della democrazia su scala mondiale, dalla sfida di mantenere realizzabili coalizioni sui temi di portata globale e sulle minacce non tradizionali, tutto quello che non può non passare per la cooperazione. Per ciò che riguarda l’Artico, l’impronta del governo di Justin Trudeau, in carica oramai da quasi un decennio, è stata quella di giocare un ruolo di leadership nelle questioni circumpolari e fare avanzare al contempo le priorità di politica interna relative allo sviluppo socio economico, alla protezione ambientale al benessere delle popolazioni indigene appoggiandosi ad un sistema internazionale basato sulle norme impegnando pro attivamente gli Stati Artici e cercando di limitare gli attori statali e privati non artici che, facilitati dalla maggiore apertura consentita dal cambiamento climatico hanno espresso interessi commerciali scientifici e militari nella regione.

 

Nello scenario post febbraio ‘22, il Canada si trova necessità di adattare la propria postura artica ad un amplificato scenario di minacce e rispondere a pregresse vulnerabilità con prospettive ridotte di cooperazione nella regione, in uno scenario strategico incerto e volatile. La visita del Segretario generale della NATO Jan Stoltenberg[20] nell’Artico canadese presso una stazione radar a Cambridge Bay nel Nunavut,e una base aerea a Cold Lake, (Alberta) nel mese di agosto dello scorso anno con lo scopo di indurre i canadesi a (ri) considerare con maggiore attenzione la sicurezza in Artico, segna in un certo senso la fine di un’epoca iniziata nel 1987, quando il Presidente URSS Mikhail Gorbachev nel noto discorso di Murmarsk formulò un invito alla cooperazione perché l’artico potesse diventare un’area di pace e stabilità.

 

L’invasione russa dell’Ucraina fa venire in superficie nell’agenda artica del governo canadese, questioni e problematiche che da tempo erano all’attenzione di Ottawa ma che non sono più suscettibili di essere procrastinate. La guerra ha gerarchizzato e polarizzato la complessità contemporanea con il moltiplicarsi di sfide e l’accelerazione di problemi che rendono le scelte e le risposte particolarmente onerose e che ora ristringono il margine di manovra delle medie potenze come il Canada. Ottawa scopre cosi che la protezione della sua geografia non ha più il peso che era stato attribuito nel secolo scorso.

 

Il revisionismo russo manu militari e quello cinese, che punta a vincere le guerre evitando di combatterle, estendendo il raggio politico di azione in un’area che dista oltre 5000 km dal proprio territorio interrogano anche sul futuro dell’Artico e sulla necessità di adattamento ad un nuovo scenario in cui la tensione geopolitica nel Nord del pianeta ha oramai l’aspetto del triangolo strategico con ai vertici NATO Russia Cina.

 

Per il Canada si profilano fondamentalmente due tipi di minacce: quella sul piano globale che impone di rispondere alla sfida di competizione tra potenze e si traduce essenzialmente nell’aggiornamento del NORAD.

 

Una seconda, sul piano interno, la gestione delle minacce ibride ovvero operazioni di destabilizzazione da parte di attori terzi Stati o privati nella regione che grazie al cambiamento climatico è diventata più ambita e affollata.

 

Trasversalmente la questione del cambiamento climatico con impatti immediati sulla sicurezza umana delle popolazioni indigene e con effetti nel breve e lungo periodo anche ad altre latitudini, ovvero nell’intero pianeta. La presa di coscienza di questa realtà immediata nel contesto globale non dovrebbe porre dubbi sulla pertinenza del concetto di interesse generale dell’umanità per mettere in atto una governance mondiale sul tema. Questo sarebbe possibile tramite gli strumenti a disposizione che restano il diritto internazionale, le istituzioni del multilateralismo sortite dal post seconda guerra mondiale, le organizzazioni internazionali (UE UA) e i vari gruppi di associazioni di Stati quali G7, G20, BRICS oramai con una membership allargata[21] per riflettere, e sopratutto incidere, sul “nuovo ordine” mondiale in fieri e naturalmente le Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, il metodo transnazionale (Thierry de Montbrial, Ramses 2023, Perspectives).

 

La tendenza globale non va nel senso della cooperazione e anche in materia di clima gli Stati procedono a velocità distinte[22]e spesso la protezione di interessi nazionali avviene alla stregua delle scadenze elettorali ed è difficile prolungare la razionalità politica ragionando nel lungo termine. Se in prospettiva futura sarà sempre più problematica la realizzazione dell’interesse nazionale senza che quello globale venga soddisfatto, nell’immediato il conflitto in Ucraina e la guerra tra Israele e Hamas segnano un duplice regresso anche su questo tema:con emissioni antropiche nel teatro di guerra, già area vulnerabile dal punto di vista climatico, e distruzione dei quadri di cooperazione regionale[23].

 

Cambiamento climatico

La regione artica, barometro del sistema climatico planetario, subisce il riscaldamento climatico in maniera quattro volte più rapida della media mondiale[24] e registra un’accelerazione delle minacce legate al fenomeno nel complesso delle sub regioni dell’area.

 

In primis si ha una decremento della banchisa e legame tra questa circostanza e l’aumento degli incendi nelle foreste[25], inoltre la diminuzione del manto nevoso, che rende la tundra più verde si accompagna ad una modificazione degli ecosistemi artici.

 

Il riscaldamento climatico continuerà nella sua progressione nel breve termine (2021-2040) principalmente a causa del complessivo aumento delle emissioni di CO2 come si evince in tutti gli scenari e modelli che sono stati presi in considerazione dalla comunità scientifica ed espressi nei rapporti del gruppo di esperti intergovernativi sul cambiamento climatico[26]sotto l’egida delle Nazioni Unite. L’artico continuerà a subire il riscaldamento climatico ad un ritmo superiore alla media globale. Per la metà del secolo sono di probabile aumento la frequenza e intensità delle ondate di calore, le precipitazioni abbondanti, le alluvioni, gli incendi, la distruzione delle catene alimentari marine, l’ innalzamento del livello del mare con inondazione delle coste, siccità e flussi di rifugiati per motivi climatici. Le comunità artiche saranno particolarmente colpite da questi fenomeni con necessità di spostamenti, adattamenti con notevoli costi e disagi. Il ritmo dei cambiamenti incrementerà in modo lineare nei prossimi 30 anni e potrebbe accelerare successivamente in caso di un contesto che veda un aumento delle emissioni di CO2.

 

L’artico del 2050 assisterà a significative trasformazioni in termini di clima e geografia. Per il Canada l’estate 2023 è stata tra le peggiori stagioni per gli incendi che hanno devastato un ‘area di 17 milioni di ettari.

 

Secondo uno studio[27] condotto da un gruppo di scienziati in Canada, Gran Bretagna e Paesi Bassi, la crisi climatica ha preparato le condizioni che hanno favorito lo svilupparsi degli incendi e li ha resi del 20% più intensi. Quello di sempre più frequenti incendi, rischia di essere lo scenario futuro anche per il Nord con una maggior cadenza di eventi che coinvolgono il suolo e risultano più problematici da domare ed estinguere,e maggiormente dannosi nel senso di rilascio di sostanze inquinanti nell’atmosfera. A causa delle caratteristiche del suolo artico, gli incendi possono restare in stato di quiescenza durante l’inverno e riaccendersi con le temperature che tornano a salire, per questo sono noti come zombie fires.[28] La presidenza norvegese del Consiglio Artico ha recentemente lanciato la Wildland Fires Initiative[29] un progetto volto ad accrescere la collaborazione circumpolare, la conoscenza, condivisione e partnership per affrontare questa urgenza climatica.

 

L’iniziativa sarà implementata in collaborazione con il Consiglio Internazionale Gwich’in che raggruppa le First nations del Canada e dell’Alaska e i competenti gruppi di lavoro del Consiglio Artico.

 

Nel corso dell’ ultima assemblea ordinaria delle Nazioni Unite, il Primo Ministro Trudeau si è impegnato a porre un limite alle emissioni CO2 provenienti dalle industrie fossili nel 2023 come parte degli impegni per combattere il cambiamento climatico. Una sfida non facile per un Paese tra i maggiori produttori di energie fossili e che ha continuato ad espandere progetti in tal senso [30] Nel Nord canadese gli sforzi non sempre adeguati per controllare il cambiamento climatico a livello nazionale e planetario si combinano con una carenza di infrastrutture che minacciano la sicurezza delle popolazioni del Nord.

 

Questo nonostante il tentativo di riorganizzare e rendere prioritarie le attività federali nel Nord effettuato dal governo centrale che con il documento del 2019 Canadas Arctic and Northern Policy Framework frutto di un lungo percorso di elaborazione di una road map portata avanti con le popolazioni indigene , ha posto al centro dell’azione politica una serie di priorità domestiche[31] tra cui lo sviluppo delle infrastrutture inclusi trasporti, porti aeroporti, collegamenti stradali, energia.

 

A livello locale il Governo del Canada finanzierà i progetti di sviluppo per far fronte ai problemi cronici come alloggi e connettività.

 

Superare il gap delle infrastrutture all’orizzonte 2030 si presenta come una significativa impresa[32] anche se nel budget 2023 si stanziavano risorse in tal senso ad esempio con investimenti di $4 miliardi nell’arco di sette anni per alloggi urbani e rurali. Anche il nuovo budget[33] continua sulla strada della riconciliazione tra il governo di Ottawa e le popolazioni autoctone con misure volte a garantire un miglioramento della vita delle popolazioni del nord con riguardo alle condizioni di salute (tra cui alimentare e mentale) l’accesso all’istruzione, specialmente universitaria, il sostegno ai bisogni economici (con investimenti per 388 milioni di dollari nell’imprenditoria, turismo autoctoni ed energia pulita) agli alloggi e naturalmente alla grave carenza in tema di infrastrutture con uno stanziamento di 918 milioni di dollari oltre ai 5 miliardi già erogati alle comunità nel 2024-2025.

 

La disparità infrastrutturale era stata già messa in evidenza in un rapporto del 2020, in cui si evidenziavano le significative disuguaglianze della popolazione Inuit del Nunavut. Tramite il ricorso a ben 55 indici delle disparità relativi a 18 aree infrastrutturali cardine raggruppate in tre categorie : energia e ambiente cittadini e comunità e connessioni. Le aree prioritarie fanno riferimento a settori quali energia acqua ,alloggi, istruzione ,salute cibo insieme alle strutture come i porti e le telecomunicazioni.

 

La crisi climatica e la mancanza di infrastrutture hanno fatto si che, nell’anno trascorso 2022 le condizioni dei canadesi in artico si degradassero ulteriormente dal punto di vista dell’economia, di salute, sicurezza e ambiente. In particolare il cambiamento degli ecosistemi legati allo scioglimento del permafrost ha un impatto significativo sull’accesso al cibo e all’acqua potabile .

 

L’aspetto della human security, in definitiva, cui ha fatto riferimento il Consiglio Circumpolare Inuit nella Dichiarazione del 2022 dove si indicano le priorità per il quadriennio 2022-2026: governance, sicurezza alimentare, salute e benessere attenzione a lingua e cultura, Oceano Artico, ambiente e deficit infrastrutturale[34].

 

C’è consenso tra gli esperti sulla gravità della situazione e sulla vulnerabilità canadese in quest’area. La sfida per le popolazioni autoctone è quella della ricerca di un difficile equilibrio tra minacce e opportunità, la protezione del loro ambiente con la preservazione delle zone di caccia e lo sviluppo del territorio a loro vantaggio.

 

A novembre 2022 era stato rigettato un progetto di espansione mineraria nell’isola di Baffin[35] in questo senso almeno l’aspetto della sicurezza comunitaria sembra aver intrapreso un percorso positivo sebbene la lunga vicenda dimostri la complessità di trovare equilibrio tra sviluppo delle risorse, protezione ambientale e autodeterminazione delle popolazioni indigene. Nel corso del 2023, il concetto di sicurezza umana sembra aver conquistato maggior terreno tra gli osservatori di questioni artiche e, ciò che più conta, nella consapevolezza degli Stati. In questo senso proprio il Senato canadese[36] che ritiene la sicurezza in Artico debba essere interpretata in maniera più ampia in modo da comprendere le questioni sociali economiche ed ambientali con l’inclusione attiva delle comunità e dei governi autoctoni. Infine si ritiene che le comunità locali costituiscano a natural bridge between human/soft security, climate security and military security affairs[37]In tal senso l’inclusione delle popolazioni artiche nella pianificazione della difesa del territorio è un percorso storicamente intrapreso proprio dal Canada con esempio dei Canadian Rangers. È emblematico che il documento di difesa del 2017 ribadisca la necessità di garantire per le FFAA un reclutamento mirato volto a cogliere il talento unico e le variegate capacità insite nella diversità della popolazione canadese.

 

La minaccia globale attraverso l’Artico e l’aggiornamento del NORAD

Il Comando di difesa aerospaziale del Nord americano North American Aerospace Defense Command -NORAD[38] l’unico comando bi-nazionale al mondo istituito nel 1958 è il risultato di una collaborazione tra Ottawa e Washington iniziata negli anni ‘30 del secolo passato e approfonditasi nel corso della seconda guerra mondiale.

 

Segna, per il Canada, il passaggio da una cultura strategica imperialista (legata all’impero britannico) a quella della relazione privilegiata con gli Stati Uniti, ovvero una cultura strategica continentale che, all’epoca della guerra fredda significava contrastare la minaccia aerea sovietica. Poiché Mosca non faceva distinzione tra obiettivi canadesi e statunitensi, Canada e Stati Uniti ritennero vantaggioso trattare lo spazio nord americano come indivisibile e ad oggi il NORAD, ben oltre l’aspetto della difesa, resta la pietra angolare della relazione politica tra i due Paesi.

 

ll NORAD fu concepito all’epoca della guerra fredda, quando anche l’Artico era teatro del contrasto bipolare costituendo, a causa della geografia ovvero la prossimità tra USA e URSS (Stretto di Bering 51 miglia nautiche) la distanza più breve tra i due continenti.

 

Le missioni del NORAD hanno subito l’evoluzione relativa a cambiamenti del contesto geo strategico e tecnologico ma rimangono centrate sull’allerta aerospaziale, controllo aereo spaziale nei confronti di “air-breathing threats”, incluso l’uso dell’aviazione da parte di terroristi e, dal 2006, anche l’allerta marittima.

 

Per il conseguimento della missione, il NORAD fa riferimento su un network di satelliti radar aviotrasportati e caccia basati nel nord del Canada ed in Alaska. Il primo sistema difensivo risale agli anni ‘50 allorché furono costruite tre linee di radar di allerta precoce la DEW (distant early warning) line, Mid Canada Line e la Pinetree line.

 

Nel corso degli anni ‘80, sulla base del piano di modernizzazione della difesa aerea del nord, North American Air Defense Modernization, (NAADM) concordato dai due governi, si ritenne necessario sviluppare politiche in grado di contrastare le nuove capacità sovietiche i missili cruise aviolanciati Air-Launched Cruise Missiles (ALCMs) in grado di colpire obiettivi chiave se lanciati da lunga distanza suscitando timori su un "decapitation" strike” contro il sistema C2 e/o la leadership degli Stati Uniti.

 

Nel 1985 ebbe inizio l’istallazione di nuovi radar del sistema di allerta del nord NWS North Warning System e la costruzione di una serie di basi operative avanzate per il dispiegamento dei caccia di USAF (US Air Force) e CAF (Canada Armed Forces) per contrastare bombardieri e missili cruise di Mosca.

 

Con la fine della guerra fredda e l'esaurirsi della minaccia sovietica iniziò un’epoca di disattenzione alla difesa continentale appena interrotta dagli eventi del’11 settembre che costituirono un fallimento della missione principale, la prevenzione di un attacco aereo, e che ebbero come conseguenza immediata l’ integrazione di radar civili e del personale dell’aviazione federale nel quartier generale del NORAD, a Colorado Springs e la creazione ad ottobre 2002 del USNORTHCOM[39].

 

Tuttavia, scarsa attenzione continuava ad essere dedicata all’artico nord-americano da cui si spostava l’interesse strategico tanto che si giungeva, almeno per il Canada, ad una vera atrofizzazione della componente militare al Nord. La situazione era ben delineata in uno studio del 2000 per conto del Ministero della Difesa canadese Arctic Capability Study. (ACS). All’inizio del nuovo millennio il cambiamento climatico era il tema che riportava attenzione all’artico per le possibilità offerte dalle rotte navigazione, dalle risorse inesplorate e anche, potenzialmente da nuovi conflitti. L’ ACS segnalava che mentre il nord costituiva un’ area dalle molteplici sfide di sicurezza e sovranità, il Canada non possedeva capacità di monitorare tanto meno di rispondere a queste sfide. La situazione era tale da non rispondere neanche alle minime esigenze enunciate nel Libro bianco del 1994, che appena menzionava l’Artico in cui alle CAF era richiesto di rispondere in modo efficace alle situazioni di emergenza nell’area marittima e aerea di giurisdizione di Ottawa e all’interno del territorio. In altri termini si configurava una mancanza delle basilari capacità che ci si aspettano dalle Forze armate in qualsiasi altra parte del Paese SAR (search & rescue) protezione ambientale ,assistenza umanitaria e ausilio ai poteri civili.

 

Il periodo post guerra fredda era stato caratterizzato da un reflusso dei conflitti tra grandi potenze e dominato piuttosto dalla minaccia dell’estremismo violento con gli eserciti occidentali addestrati a condurre operazioni di contro terrorismo e contro insurrezione (COIN). Quest’epoca è terminata e lo scenario attuale è quello descritto dall’amministrazione Biden nella National Security Strategy, (NSS 2022) in cui a competition is underway between the major powers to shape what comes next [40].

 

Gli avversari degli Stati Uniti (e del Canada) intendono vincere l’esercito americano impedendone innanzitutto il dispiegamento nel teatro di operazioni. Infatti, data l’impossibilità di organizzare una forza sufficiente nel campo di battaglia in Europa o nel Pacifico occidentale, si tratta di agire con l’obiettivo di alterare il calcolo e la presa di decisioni di Washington e Ottawa mettendo a rischio l’infrastruttura economica o colpendo la mobilitazione delle forze per restringere le opzioni e inibire conseguentemente il dispiegamento del dispositivo militare all’estero. L’obiettivo è quello di generare un escalation orizzontale per colpire obiettivi non protetti in nord America. Con armi convenzionali, poiché colpire l'America del nord con armi nucleari per risolvere un conflitto regionale, equivarrebbe all’autodistruzione.

 

Le sfide per il NORAD nell’attuale contesto sono date da due circostanze:

 

  1. la sfida costituita dalle potenze revisioniste Russia e Cina oltreché da Corea del Nord eIran;
  2. Lo sviluppo da parte della Russia e, in misura minore dalla Cina di una nuovagenerazione di armi di precisione compresi missili da crociera, bombardieri a lungo raggio e furtivi (stealth) armi nucleari con un basso potere esplosivo e armi convenzionali.

Per ciò che riguarda Ottawa, il documento di politica di difesa canadese del 2017, Strong Secure Engaged identifica le tre tendenze in grado di incidere sul sistema mondiale: l’evoluzione dell’equilibrio di potenza, la natura mutevole dei conflitti e la rapida evoluzione tecnologica.

 

Il NORAD ha ricevuto invece un’attenzione limitata tanto che molti osservatori si sono riferiti a questo tema come al capitolo mancante del documento del 2017 in un momento in cui la competizione tra le potenze e le tecnologie militari pongono nuove minacce anche per il Canada, un Paese che ha sempre avuto una percezione della sicurezza legata ai vantaggi della geografia. Separata dal resto del mondo da tre oceani, con l'inospitale regione a nord e un potente vicino a Sud, ha a lungo scambiato la propria geografia, immutabile, con la posizione geo strategica che invece è soggetta al cambiamento del sistema di potere a livello sistemico.

 

La modernizzazione del NORAD, è importante sottolinearlo, non si esaurisce nell’aggiornamento del NWS implica invece un significativo e totale ripensamento della difesa del Nord America.

 

Nel 2020, l’allora comandante Terrance O’Shaughnessy metteva in guardia sulla circostanza che le barriere geografiche che hanno tenuto il territorio al sicuro dalle minacce convenzionali non sono più in grado di garantire il Nord America come un “santuario” e l’Artico come una fortezza, anzi questo diventa un’arteria di transito per le armi convenzionali avanzate e le piattaforme che le trasportano. In uno studio del 2020[41] ,i generali Terrance O’Shaughnessy Peter M. Fesler, delineavano la sostanziale logica che portava ad investire nella modernizzazione del NORAD. Una deterrenza credibile by denial essenziale per sostenere la credibilità della deterrenza strategica poiché una vulnerabilità del continente americano, potrebbe indurre Russia e sopratutto la Cina a sfidare lo status quo nel pacifico risultando in una crisi o in una guerra.

 

In particolare Mosca ha sviluppato una nuova generazione di missili cruise navali e aviolanciati e sta sviluppando capacità di lancio terrestri a lungo raggio dopo la fine del trattato sulle forze intermedie nel 2019. A questo si aggiungono le armi ipersoniche particolarmente destabilizzanti a causa non solo della loro velocità ma anche della manovrabilità dei veicoli di rientro[42] e, potenzialmente, missili da crociera a propulsione nucleare[43] La Cina segue uno stesso percorso nel senso di programma di sviluppo missilistico[44].

 

La dichiarazione congiunta[45] sulla modernizzazione del NORAD nell’agosto 2021, ribadisce che per Canada e Stati Uniti il beneficio della geografia è terminato e la crescente competizione strategica, i rapidi progressi tecnologici e i cambiamenti climatici hanno eroso la protezione, esponendo il Nord America a una maggiore e più complessa minaccia missilistica. Quattro le aree di interesse su cui focalizzarsi: consapevolezza situazionale, modernizzazione del sistema di comando e controllo, capacità di deterrenza e, qualora necessario di sconfiggere le minacce aerospaziali, ricerca sviluppo e innovazione.

 

La Strategia NORAD/USNORTHCOM delinea quattro principi chiave: un approccio integrato alla difesa (in termini di regioni, domini e Stati) domain awareness dominio dell’informazione e superiorità decisionale. Essenziale la distinzione tra i ruoli del NORAD da quelli del USNORTHCOM: il NORAD porta avanti controllo aerospaziale e allerta marittima per la difesa del Nord America, mentre USNORTHCOM difende il territorio degli Stati Uniti tramite deterrenza, individuazione e abbattimento delle minacce, porta avanti collaborazioni con alleati e partner e agisce come sostegno alle autorità civili. Pertanto la difesa americana dell’Artico e dello spazio aereo non deve necessariamente passare per il NORAD come avviene nel caso della difesa dalla minaccia balistica GMD e BMD[46].

 

Al momento il Nord America è vulnerabile e manca di capacità per far fronte alla nuove minacce politiche e strategiche e in questo ampio scenario, il contesto di difesa continentale include tutti i sei domini e ambienti (terrestre, marittimo, aereo, spaziale, informativo e cibernetico) considerazioni di sicurezza nel senso di safety e security. Occorrono in primis nuovi sistemi di rilevamento per individuare e tracciare le minacce dal momento del lancio e durante la traiettoria di volo. La modernizzazione del NWS, che come accennato, è solo una parte della modernizzazione del NORAD, richiede una nuova generazione di radar over-the-horizon, (OTHR) in grado di individuare obiettivi tra i 600 e gli 1200 km di distanza fino ad un altezza di 100 km dunque missili da crociera e possibilmente quelli ipersonici. In questo senso, la Dichiarazione congiunta[47] del 24 marzo 2023 indica un investimento canadese di $6.96 miliardi in sistemi di sorveglianza ovvero per il procurement di due radar Over-the-Horizon in grado di coprire l’artico e l’approccio polare del Nord America. Si prevedono in aggiunta 7.3 miliardi di dollari canadesi in investimenti per le basi operative avanzate (FOL) che ospiteranno gli F-35.

 

I radar e gli altri sistemi di rilevamento come un sistema sottomarino di sorveglianza[48] in un approccio a 360o dovranno essere integrati in una catena di sistemi per garantire individuazione, tracciamento, discriminazione dell’obiettivo pre ascolto e valutazione del danno[49]. Questa moltiplicazione di sensori conferisce domain awareness, dominio dell’informazione e superiorità decisionale, i requisiti messi ancora una volta in evidenza  dall’attuale comandante NORAD e USNORTHCOM Gen. Glen VanHerck.

 

La sfida nel creare la catena del sistema è quella di individuare la minaccia alla fonte, ovvero capacità di distruggere le piattaforme degli avversari precedentemente al lancio dei missili. Nondimeno se una prima problematica è data dalla circostanza che lo sviluppo di missili da crociera a lungo raggio e di quelli ipersonici situano le piattaforme fuori dal raggio dei caccia intercettori ,una questione ulteriore si pone per il Canada. “Ingaggiare l’arco prima della freccia”nel linguaggio NORAD ovvero le piattaforme di lancio prima dei missili come suggerisce il rapporto O’Shaughnessy-Festler, ovvero un comando NORAD più offensivo mentre Ottawa è sempre rimasta, per motivi politici (e di procurement) su una postura difensiva ed ha rifiutato in passato, e per due volte, di partecipare al programma di difesa antimissilistica, il solo significativo sforzo di modernizzazione della difesa nord americana negli ultimi due decenni. L’attuale contributo NORAD alla difesa continentale è una missione anti missili da crociera allorché Washington dispone di uno strato addizionale di difesa e deterrenza. Sebbene l’allora Ministro della difesa Anita Aland avesse annunciato l’intenzione di discutere la partecipazione al programma è assai poco probabile che Ottawa cambi posizione al riguardo[50].

 

Pare evidente che, in aggiunta al cambiamento climatico, l’elemento fondamentale, che dovrà indirizzare la politica artica canadese nel prossimo decennio sarà costituito dato dagli imperativi di difesa di Washington che sono peraltro ben definiti.

 

Gli Stati Uniti intendono mantenere la propria superiorità a livello di difesa ed il NORAD può costituire un veicolo attraverso cui erigere nuove tecnologie per ottenere gli obiettivi ricercati . La Strategia NORAD enuncia distintamente questo proposito: 

 

We must defend our nations should deterrence fail and our adversaries attack. Our surest path is through a globally integrated and resilient all-domain awareness infrastructure that is processed, synchronized, and presented to create information dominance, resulting in decision superiority over adversaries. Embracing these strategic principles requires a fundamental change of culture for NORAD and USNORTHCOM and our mission partners.

 

Il basilare cambio di cultura riguarda per il Canada l’impegno sull’aspetto degli investimenti nel settore della difesa, ma anche una qualche evoluzione del pensiero strategico . Sul piano dello sforzo finanziario,Ottawa ha stanziato $38.6 miliardi nel corso di 20 anni per la modernizzazione del NORAD, il maggiore investimento per la Royal Canadian Air Force (RCAF) negli ultimi 30 anni.

 

Infine, dopo un lungo e accidentato percorso, si è giunti all'acquisizione di una flotta di 88 caccia F-35 ad un costo di 19 miliardi cui si affiancano $7.3 miliardi investimenti per costruire le nuove infrastrutture che ospiteranno gli F-35. Con una prima consegna nel 2026 ,la nuova flotta giocherà un ruolo essenziale nella difesa della sovranità canadese nella protezione del Nord America e nel sostegno agli alleati. A tal proposito, se il Canada è considerato un partner affidabile nella NATO con una politica storicamente caratterizzata dalla partecipazione ad ogni operazione militare, la consuetudine di Ottawa nel mantenere un basso bilancio della difesa ha generato già in passato e ancor più recentemente non pochi malumori a Bruxelles. Il governo di J.Trudeau non prevede infatti di poter rispettare il Defense Investment Pledge ovvero l'impegno preso dagli alleati nel corso del summit del Galles nel 2014 che contempla l’aumento delle spese militari al 2% del PIL per il 2024. Con l’ultimo documento di difesa Our North Strong and Free Ottawa si impegna a fare consistenti investimenti nella difesa al fine del ottenere un rafforzamento della componente militare deterrenza e contrasto alle nuove minacce tramite nuove capacità : un finanziamento di 8,1 miliardi di dollari nel corso dei prossimi 5 anni e di 73 prossimi 20 al fine di ottenere Forze Armate ready, resilient and relevant  Il governo prevede di portare la spesa al 1.76% del PIL alla fine del presente decennio.

 

Questo dato, se letto con le proiezioni di spesa degli altri Stati artici indica che il Canada è l’unica nazione che non prevede di raggiungere la soglia del 2% negli anni a venire.  Se in passato il “club” dei Paesi sotto la soglia del 2% era abbastanza ampio, a oltre due anni dalla guerra in Ucraina, Ottawa si trova in una situazione di maggiore isolamento pressata dagli alleati che dichiarano come oramai il 2% rappresenti la soglia minima e non il tetto massimo. Ad aprile 2023 il Washington Post riportava una notizia che suscitava malumori : in base ad un documento del Pentagono, il PM Justin Trudeau aveva affermato in via confidenziale ad ufficiali dei Paesi NATO che il Canada non avrebbe mai raggiunto gli obiettivi di spesa militare come stabilito dall’Alleanza[51]. Secondo il documento,le lacune delle CAF erano tali per cui non era possibile gestire simultaneamente una vasta operazione principale, mantenere la leadership nel Battle Group in Lettonia[52] e sostenere l’Ucraina. Questa condizione sarebbe rimasta immutata a meno di un cambiamento nelle sensibilità dell’opinione pubblica. Le criticità canadesi costituiscono pertanto una fonte di tensione tra alleati e partners. Se il Canada ha un robusto budget aggregato di difesa, il sesto tra i Paesi NATO e ha offerto senza indugi un sostegno politico e militare all’Ucraina [53]nondimeno ha mostrato riluttanza a incrementare la spesa nel senso dell’elaborazione di una precisa roadmap che si allinei con i piani dell’alleanza dell’immediato futuro.

 

Sembra quasi che il Paese si giovi di una mappa mentale datata, ovvero della circostanza e percezione di essere in un ambiente geopolitico assai differente rispetto agli Stati europei in particolare a quelli frontalieri della Russia. Eppure la percezione è cambiata. Un sondaggio di qualche mese fa[54] indica che il 75 % dei canadesi ritiene necessario un aumento delle spese della difesa per la protezione del territorio. Probabilmente un diretto effetto della guerra in Ucraina e delle tensioni tra USA e Cina con la sfiorata collisione nello stretto di Taiwan lo scorso giugno[55]. Dallo stesso sondaggio emerge come sia proprio l’Artico l’area in cui i canadesi temono maggiormente per la sicurezza territoriale e infatti il 73% del campione vorrebbe più basi nel Nord, segnale che indica un affievolirsi del favore della geografia con un ritorno di qualche timore dell’epoca della guerra fredda (Mosca) aggiornato alle nuove minacce (Pechino). Resta tuttavia un qualche divario tra gli impegni verbali del governo e le azioni concrete.

 

L’attuale Ministro della Difesa, Bill Blair nel corso del forum sulla sicurezza di Halifax (17-19 Novembre 2023) aveva sottolineato la necessità di mettere risorse a sostegno delle aspirazioni del Paese pur in un momento di stretta fiscale[56].

 

Date le criticità nella regione artica è fondamentale ripensare l’impegno nelle alleanze NORAD e NATO al fine di massimizzare la sicurezza nazionale e far fronte alle vulnerabilità strategiche aggravate dall’aggressione russa all’Ucraina e balzate all’attenzione nell’operazione di sorveglianza cinese[57] nel febbraio 2023. Per quanto dal secondo dopoguerra la politica difesa canadese si sia sviluppata su due binari distinti, ovvero la relazione Canada Stati Uniti da un lato e l'impegno NATO in Europa dall’altro, questi piani sono sempre più sovrapponibili. Allorché l’alleanza ritrova in Mosca la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza alleata e nella Cina, l’attore che cerca di sovvertire l’ordine internazionale basato sulle regole nei domini dello spazio, del cyber e nell’ambito marittimo, si registrerà la presenza rafforzata della NATO nel Nord volta ad indebolire la preponderanza di Mosca e in prospettiva di Pechino. Sebbene l’artico nord americano abbia caratteristiche distinte da quello europeo, le dinamiche di sicurezza al livello sistemico del triangolo strategico NATO, Russia, Cina si faranno sentire nel complesso dell’area circumpolare. Questo avverrà per esempio nella formula di dichiarazioni sfidanti, di competizione , di esercitazioni militari e dunque aumento delle attività alleate al Nord . Tale circostanza potrebbe indurre il Cremlino ad agire in modo imprevedibile, pertanto è interesse degli alleati, nel complesso rafforzare la capacità di dissuasione ma anche di rassicurazione nei confronti di Mosca al fine di evitare ulteriori indesiderati scenari di conflitto . In questa cornice, il Canada torna la via d’accesso al continente americano ed il NORAD diventa la porta d’entrata posteriore della NATO in Artico:

 

Our contributions to securng the Arctic are an important component in the defence of NATO’s western and northern flanks,and directly support broader NATO deterrence efforts[58]

 

Il nuovo documento di difesa dunque testimonia come il governo di Ottawa abbia finito per acquisire la consapevolezza della necessità di un proprio ruolo più ampio nello scenario globale.

 

Minacce ibride: Cina

Le dinamiche a livello sistemico, in atto da oltre un decennio che disegnano il triangolo strategico USA Russia e Cina, hanno progressivamente introdotto elementi di tensione anche nell’ambiente geopolitico dell’artico.

 

In uno scenario esasperato dalla guerra in Ucraina, l’attenzione degli osservatori si è concentrata sulle minacce globali che in nord America sono costituite dalle minacce convenzionali. Tuttavia, l’ambiente di sicurezza è decisamente più complesso. La complessità deriva dall’internazionalizzazione dell’artico come risultato del combinato disposto cambiamento climatico- aggiornamento della balance of power a livello globale. Dal 2013, le dinamiche regionali hanno risentito dell’interesse verso l’area da parte di attori esterni concretizzatotisi con l’aumento degli Stati osservatori nel Consiglio Artico che ha cosi riflesso lo spostamento del baricentro geo economico mondiale in Asia Pacifico[59] . Tra gli attori che prontamente hanno mostrato un crescente coinvolgimento nell’area a nord del pianeta, è la Cina a destare maggiori preoccupazioni se non altro perché la presenza cinese, che ridefinisce i parametri strategici in Artico, è parte della visione del Presidente Xi Jingping di fare di Pechino una superpotenza globale.

 

La Cina definitasi nel 2018 “Stato vicino all’artico” porta avanti una politica a due voci, una prima, volta ad una platea internazionale che mette in rilievo cooperazione e ricerca scientifica, una seconda dedita ad un pubblico interno, dove si evidenzia l’artico come una frontiera per le risorse e l'esplorazione, nonché come luogo di competizione tra grandi potenze laddove per gli Stati non artici, scienza e diplomazia sono strumenti a sostegno di ambizioni economiche e militari. La narrazione dell’artico come global common, dove anche gli Stati che non rivendicano sovranità territoriale godono dei diritti di ricerca scientifica di navigazione e di pesca, consente di agire sotto la soglia della sfida strategica palese. In breve una politica artica composita, ibrida, come ibride sono le minacce[60] poste dalla Cina anche con riferimento all'artico canadese[61].

 

La competizione con l’occidente, la cui potenza resta dominante, si manifesta tramite una vasta gamma di strumenti del potere nazionale, civili e militari che vengono dispiegati in quella zona grigia tra la pace e la guerra tradizionale che è l’ambiente marittimo, lo spazio privilegiato in cui le tattiche ibride fanno avanzare gli interessi politici ed economici. Lo sfumare del confine tra difesa e sicurezza è manifesto nel Mar cinese meridionale dove le imbarcazioni cinesi si adoperano a disturbare quelle di altri Stati finché Pechino non interviene in protezione dei propri pescherecci a rivendicare spazi che considera propri, tramite la guardia costiera e, sullo sfondo, la marina cinese.

 

Il parallelo con l’Artico, fin troppo reiterato non è in realtà assiomatico, se non altro perché malgrado la Cina si autodefinisca Stato vicino all’artico, il Nord costituisce piuttosto il suo far abroad per cui Pechino non può sostenere nell’area gli stessi rischi di escalation che affronta vicino al proprio territorio dove la Marina nazionale è all’orizzonte. La procedura è pertanto quella della rivendicazione dei diritti nel global common artico. ’ La modalità si manifestano con diverse sfumature con investimenti in ambito di sfruttamento di risorse, infrastrutture a scopo commerciale, avanzando interessi economici o di ricerca scientifica, a volte tramite l’azione di soggetti privati intervengono come strumenti opachi del potere statale.

 

Il Canada, aveva già elaborato a partire dagli anni 70 una legislazione attenta alla protezione e conservazione dell’ambiente artico puntando all'esclusione di attori esterni. Motivazioni di protezione ambientale, una costante della politica canadese, ma anche di natura politica, ovvero la difesa della sovranità nel passaggio a nord ovest, dopo lo storico passaggio della petroliera americana Manhattan, nel 1969. L’allora Primo Ministro, Pierre Trudeau, riteneva che la presenza di attività commerciali straniere nella regione costituisse una minaccia ai diritti delle popolazioni indigene, alla biodiversità marina e alla preservazione dell’ambiente. Trascorso mezzo secolo, cambiamento climatico e dinamiche geopolitiche conferiscono a queste preoccupazioni una rinnovata concretezza. La pesca ad esempio è un’attività di non facile monitoraggio malgrado una consistente e composita legislazione in materia. La presenza di navi da pesca è aumentata in artico e la pesca illegale non regolamentata e non dichiarata è una preoccupazione crescente non solo per gli effetti sui fragili ecosistemi marini, ma anche per l’aumento delle tensioni tra Stati che praticano tale attività. La Cina che ha sviluppato la più ampia flotta da pesca in acque lontane e una consistente industria di acquacoltura, detiene al contempo il peggior dato relativo alla pesca illegale[62].

 

Di grande rilievo è stata l’entrata in vigore nel 2021 del trattato[63] che vieta la pesca non regolamentata nell’oceano artico per un periodo di 16 anni di cui la Cina è Stato firmatario insieme a Canada, Danimarca, Unione Europea, Islanda, Giappone, Norvegia, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti.

 

L’accordo, che manifesta il rispetto cinese del “global common artico” potrebbe essere interpretato da Pechino alla stregua di un momento di pausa, di attesa, piuttosto che un divieto tout cour. Infatti, poiché gli stocks di pesce sono in calo nel Mar cinese meridionale a causa dell’eccessivo sfruttamento dell’area e del riscaldamento delle acque, la Cina potrebbe volgere l’interesse all’oceano Artico, al fine di rispondere alle richieste alimentari della classe media del Paese e al suo bisogno di proteine di alta qualità.

 

Si procede insomma sul un binario di adesione o contributo alla stesura delle norme di diritto internazionale nei termini in cui questo corrisponde ai propri interessi nel breve periodo. Al momento la ratifica del trattato sulla pesca, conferisce a Pechino una sorta di patente di “buona cittadinanza internazionale al Nord”.

 

Un artico ricco di risorse economiche in senso lato, in una società planetaria bisognosa di minerali critici fa si che gli Stati si interessano ad esempio anche all’estrazione di minerali nei fondali marini. In proposito il sistema di identificazione automatica, in relazione alle attività delle rompighiaccio cinesi Xue Long e Xue Long 2, ha mostrato che Pechino ha interesse per mappatura delle risorse dei fondali marini con particolare riferimento al Northwind Ridge e al plateau di Chukchi, nella piattaforma continentale americana. Pechino va alla ricerca di minerali e terre rare sui fondali, ma anche nella terraferma. Esplicitamente e in maniera non trasparente.

 

Nel giugno 2022 un’azienda che si occupa di cybersecurity, Madiant[64] ha portato alla luce una campagna a favore della Cina che aveva preso di mira alcune compagnie minerarie americane e canadesi . Attraverso falsi account si distribuivano messaggi negativi alle comunità in cui le attività di estrazione delle terre rare avrebbero dovuto aver luogo. La Cina produce oltre il 60% delle terre rare. essenziali per le tecnologie avanzate e per la transizione ad un’economia verde laddove l’occidente sta cercando di ridurre la dipendenza da Pechino in tal senso. La presenza cinese, se si concretizzasse in questo ambito economico in Artico, potrebbe creare criticità ulteriori come la dipendenza dal punto di vista del mercato interno oltre alla possibilità per Pechino di inserirsi nei multiformi strati di governance che caratterizzano il nord ed incidere ad esempio con campagne occulte di disinformazione in grado di influenzare l’opinione pubblica a livello locale o nazionale. Il verificarsi di simili episodi a cavallo tra minacce ibride e (sleale) concorrenza economica indicano quanto sia necessario tenere alta la guardia affinché l’artico canadese sviluppi resilienza nei confronti delle minacce dell’attuale scenario mondiale. La zona particolarmente vulnerabile a causa delle disuguaglianze socio economiche rispetto al sud del Paese e che affronta le notevoli, ulteriori sfide derivanti dal cambiamento climatico, pertanto un ambiente molto esposto a queste modalità di influenza economica straniera suscettibile di mettere a repentaglio safety e security.

 

Il tipico vettore opaco di ingerenza è quello della ricerca scientifica che la Cina pratica da circa un ventennio nell’Artico e nei mari adiacenti. Il cambiamento climatico riguarda l'intero pianeta e la ricerca è fondamentale anche per Pechino al fine di comprendere molti scenari futuri quali il paesaggio agricolo, la pianificazione dell’industria e l’avvenire della vita nelle metropoli.

 

La ricerca scientifica in mare è in parte disciplinata dalla Convenzione sul diritto del mare che ne evidenzia i fini pacifici. Le attività condotte in effetti hanno spesso uno scopo duale civile-militare e se la Cina conduce in Artico classiche ricerche nel settore delle scienze naturali, è nondimeno un attore che ha un pregresso di attività civili connesse all’apparato di sicurezza dello Stato. Le attività di ricerca si sono concentrate sull’idrografia, sull’acustica oceanica e sulle indagini di batimetria che hanno chiare implicazioni nelle operazioni sottomarine di guerra. La Cina ha sviluppato le capacità di istallare strumenti di ascolto sommersi che possono essere utilizzati per tracciare i sottomarini alleati in Artico e nel prossimo futuro saranno a disposizione di Pechino sommergibili di acque profonde in grado di essere impiegati nelle acque del nord. Il prof Rob Hueber dell’Università di Calgary che da tempo mette in guardia sulle tensioni geopolitiche in Artico, fa notare come il Canada non disponga di simili capacità[65].

 

L’idrografia costituisce importante precursore delle operazioni sottomarine il che alimenta preoccupazioni occidentali sullo schieramento di forze convenzionali per rendere sicure le SLOCs (Sea Iines of communications) all’entrata della regione in caso di conflitto futuro.  In queste circostanze, sono i rapporti politici tra gli Stati ad essere determinanti. Data la difficoltà delle relazioni sino-canadesi ( e statunitensi) negli ultimi anni[66] appare sempre più difficile trovare un bilanciamento tra rischi e opportunità in Artico nel gestire la relazione con Pechino che non indietreggia in merito ai diritti concessi agli Stati dal diritto internazionale, ma utilizza attività economiche e scientifiche per diventare un affermato stakeholder delle politiche artiche in modo da condizionare la geopolitica della regione . Il Canada ha davanti due sfide: in primis colmare le lacune che limitano la comprensione del proprio ambiente marittimo con tecnologie che migliorino la situational awareness because the lack of awareness about vessels in the Arctic creates vulnerabilities that, if left unaddressed, could lead to incidents that would affect Canada’s security, safety, environment, and economy”. (Arctic waters survelliance Report[67], 2022). L’ampiezza unita alla mancanza di trasparenza delle attività cinesi, in particolare le spedizioni scientifiche nelle acque del nord pongono significativi rischi alla sovranità canadese in Artico e in generale alla difesa del Nord America consentendo a Pechino potenziali vantaggi futuri nello sfruttamento di risorse, nel commercio e nelle operazioni sottomarine nell’Artico in generale.

 

In secondo luogo, e questo resta valido per il Canada come gli Stati artici della NATO, la presenza cinese in Artico deve essere focalizzata sulle minacce ibride più che su quelle convenzionali, poiché un’attenzione eccessiva al Nord del pianeta in questa seconda accezione potrebbe drenare utili risorse dalle aree strategiche che maggiormente stanno a cuore a Pechino e nelle quali si giocherà la partita per l’ordine internazionale del prossimo futuro.

 

Il focus artico del Canada deve inquadrare pertanto le minacce convenzionali ma anche, e in modo prioritario, quelle di tipo non convenzionale e minacce ibride. Per le minacce convenzionali che sono le sfide su scala sistemica la risposta è il NORAD tuttavia la minaccia in questo senso non è acuta in Artico. In ogni modo, un conflitto di questo tipo con la Russia o la Cina assumerebbe l’aspetto di una guerra di portata generale.

 

In merito alle sfide non convenzionali, si richiedono investimenti nella situational awareness, e la presenza di capacità di polizia. I pericoli costituiti da attori proxy deriva dalla loro abilità a non essere individuati. Le attività marittime che attraversano i confini delle giurisdizioni debbono essere affrontate in termini regionali possibilmente con il coinvolgimento dei vicini artici, USA in primo luogo e anche Groenlandia.

 

Il Canada è stato sempre restio ad una maggiore integrazione dal punto di vista operativo nella regione e se con Washington si condivide un quadro operativo dell’area, nondimeno ogni Stato risponde alle minacce in maniera autonoma. Secondo l’opinione dell’esperto Adam Lajeunesse, la gestione di uno spazio così vasto e carente in infrastrutture come l’artico nordamericano richiederebbe una risposta congiunta e dunque una coordinamento formale delle navi rompighiaccio e di quelle da pattugliamento in modo che la risposta alle minacce non prenda necessariamente come limite  operativo i rispettivi confini nazionali. Per Ottawa è basilare giungere all’elaborazione di un approccio a 3600 atto a coinvolgere tutte le varie organizzazioni federali di riferimento nel dominio marittimo, la Difesa Nazionale, Trasporti, Pesca e Oceani, e la Guardia costiera nei rispettivi settori di responsabilità, in un sistema governativo trasversale, coerente,, a whole of gvernment approach.

 

Conclusioni

Le attività in Artico nel prossimo futuro continueranno ad aumentare cosi come le minacce in tutto lo spettro della sicurezza e difesa. L’ambiente già complesso, ora risente dell’evoluzione del quadro geopolitico a livello sistemico che porta tensioni politiche in un’area che è stata “devota” al dialogo e alla cooperazione internazionale per circa un trentennio. Il Nord è diventato la prima frontiera dove Stati artici e non artici sperimentano nuovi approcci di governance in un mondo dove il potere è maggiormente diffuso, la competizione politica è accentuata e si acuiscono le interdipendenze tra uomo e natura .Il nord del pianeta come cartina di tornasole nella lotta dell’umanità, nel salvaguardare la salute planetaria ma anche postazione privilegiata di osservazione delle modalità attraverso le quali i cambiamenti dell’ordine mondiale si delineeranno nel prossimo futuro.

La politica estera e di difesa canadese dovrà inevitabilmente dare priorità all’Artico. Per l’importanza strategica che la regione assume, per le sue vulnerabilità sul piano interno che perpetrano la situazione di disuguaglianza tra Nord e Sud e, allo stesso tempo prestano il fianco alle minacce non convenzionali degli attori esterni alla regione. Che si tratti della presenza delle forze armate, dell’impegno per lo sviluppo economico, della fornitura dei servizi, della centralità delle popolazioni autoctone, cambiamenti climatici e la difesa nazionale, il Canada deve preoccuparsi dell’Artico poiché il (suo) futuro passa per il Nord. In questo senso, almeno sulla carta, l'aggiornamento della politica di difesa dello scorso aprile rappresenta una chiara presa di coscienza geografica.

 


[1] V.Plotnikov, M.Kutepova e O.Sushko, The Economy of the Russian Arctic:State and Specifics of Development”,

Atlantis Press May 2018  https://www.atlantis-press.com/proceedings/cssdre-18/25896448

[2] La definizione di Artico è quella fornita da uno dei Working Groups del Consiglio Artico, Arctic Monitoring and Assessment Program (AMAP): area terrestre e marittima a Nord del Circolo polare ( 660 32,Nord) e Nord del 62o in Asia, nord del 60o modificati per includere le aree marittime a Nord della catena delle Aleutine, la baia di Hudson e parti dell’oceano incluso il mare di Labrador. Stati Uniti, Canada, Danimarca (Groenlandia), Norvegia Russia sono gli Stati costieri noti come Arctic Five . Ad essi si aggiungono Islanda, Finlandia Svezia che hanno territori oltre il 660 parallelo.

[3] https://russiancouncil.ru/en/analytics-and-comments/analytics/russia-canada-relations-in-a-period-of-crisis-20142020/

[4] https://oaarchive.arctic-council.org/handle/11374/2409

[5] https://www.arctictoday.com/in-iceland-visit-pence-says-china-and-russia-are-increasingly-active-in-the-arctic/

[6] https://nationalpost.com/news/canada/canada-under-increasing-pressure-to-come-up-with-co-ordinated-natoresponse-to-russia-in-arctic

[7] https://www.cbc.ca/news/canada/north/canada-boycotts-arctic-council-moscow-meeting-over-ukraine-1.2611964

[8] https://www.canada.ca/en/department-national-defence/corporate/policies-standards/canada-defence-policy.html 9 Vazquez. Orbaiceta,. The Resurgence of the GIUK Gap´s Strategic Significance.

Opinion Paper IEEE 49/2023.

https://www.ieee.es/Galerias/fichero/docs_opinion/2023/DIEEEO49_2023_GONVAZ_Artico_EN G.pdf

[9] https://www.canada.ca/en/department-national-defence/corporate/reports-publications/north-strong-free-2024.html

[10] https://arctic-council.org/about/russian-chairmanship-2/

[11] https://thebarentsobserver.com/en/life-and-public/2023/09/lavrov-formally-withdraw-russia-barents-cooperation

[12] https://www.ft.com/content/e59c800f-3704-4504-91b0-06e583d9cd42

[14] https://www.regjeringen.no/en/aktuelt/strengthens-the-armed-forces-and-prioritizes-daily-preparedness-andoperations/id2931444/

[15] https://www.euronews.com/2024/04/05/norway-becomes-latest-european-state-to-boost-defence-spending

[16] L’espressione High North si riferisce in realtà all’artico europeo che include il mare di Barents le aree de nord di Norvegia le Svalbard, il nord Finlandia e Svezia e il Nord ovest della Russia. le isole Svalbard. Il termine Artico indica invece l’intera area circumpolare comprensiva di Canada, Stati Uniti e Danimarca (Groenlandia).

[18] https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_217320.htm

[19] Ingrid Handeland, Navigational Rights for Warships in the Northwest and Northeast Passages Arctic Review on

Law and Politics Vol. 13, 2022, pp. 143–159 https://arcticreview.no/index.php/arctic/article/view/3383/6337

[20] https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_206960.htm

[21] https://www.reuters.com/world/brics-poised-invite-new-members-join-bloc-sources-2023-08-24/

[22] https://climateactiontracker.org/countries/

[23] Conflitto Russia Ucraina: https://fightclimatechange.earth/2022/10/13/how-war-impacts-climate-change-and-theenvironment/e per il Medio Oriente: https://carnegieendowment.org/2023/10/18/how-israel-gaza-war-could-disruptmiddle-east-s-climate-progress-pub-90796

 

[24] https://www.nature.com/articles/s43247-022-00498-3

[25] https://apps.npr.org/arctic-ice-melting-climate-change/western-us-wildfires.html

[26] https://www.ipcc.ch/report/ar6/syr/downloads/report/IPCC_AR6_SYR_SPM.pdf

[27] https://mcusercontent.com/854a9a3e09405d4ab19a4a9d5/files/ba799979-2d04-ed82-4252-296e5f3e7ea0/ Scientific_report_Eastern_Canada_wildfires.pdf

[28] https://theconversation.com/zombie-fires-in-the-arctic-canadas-extreme-wildfire-season-offers-a-glimpse-of-newrisks-in-a-warmer-drier-future-209666

[29] https://arctic-council.org/news/norwegian-chairship-arctic-wildland-fires-initiative/

[30] https://www.cbc.ca/news/climate/canada-climate-united-nations-cap-1.6974069

[31] Sono otto le priorità indicate: a) benessere e resilienza delle popolazioni indigene; b) rafforzamento  infrastrutture per colmare il divario di condizioni di vita rispetto agli abitanti del sud; c) Conoscenze in grado di indirizzare la presa delle decisioni;d) perseguire il processo di riconciliazione e sostenere il processo di autodeterminazione tra le popolazioni indigene e i popoli non Indigeni;e) assicurare che l’artico canadese egli ecosistemi del nord siano in salute e resilienti; f) mantenere un ordine internazionale fondato sulle regole per rispondere alle nuove sfide e opportunità; g) Difesa e sicurezza del Nord e delle sue popolazioni.

https://www.rcaanc-cirnac.gc.ca/eng/1562782976772/1562783551358

[32] https://www.cbc.ca/news/politics/inuit-crown-partnership-committee-nain-housing-1.6841859

[33] https://www.budget.canada.ca/2024/home-accueil-fr.html#pdf

[34] https://iccalaska.org/wp-icc/wp-content/uploads/2022/07/2022ICC-DECLARATION-1.pdf

[35] https://www.theguardian.com/environment/2022/nov/17/canada-arctic-mine-expansion-rejected-protest

[36] https://sencanada.ca/fr/info-page/parl-44-1/secd-arctique-defense/

[37] M.Boulègue Exploring military security issues in The Arctic, Chatam House January,2023 https://www.chathamhouse.org/2023/01/exploring-military-security-issues-arctic

[39] https://www.northcom.mil/HomelandDefense/ , area di responsabilità USA, Canada, Messico.

[40] https://www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2022/10/Biden-Harris-Administrations-National-SecurityStrategy-10.2022.pdf

[41] https://www.wilsoncenter.org/publication/hardening-shield-credible-deterrent-capable-defense-north-america

[42] https://theconversation.com/how-hypersonic-missiles-work-and-the-unique-threats-they-pose-an-aerospaceengineer-explains-180836

[43] https://www.iiss.org/online-analysis//military-balance/2021/02/burevestnik-russia-cruise-missile

[44] https://sgp.fas.org/crs/weapons/R45811.pdf

[45] https://www.canada.ca/en/department-national-defence/news/2021/08/joint-statement-on-norad-modernization.html

[46] https://sgp.fas.org/crs/natsec/IF10541.pdf

[47] https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2023/03/24/joint-statement-by-president-biden-andprime-minister-trudeau/

[48] https://www.defensenews.com/naval/2022/03/08/northcom-needs-better-sensors-to-protect-against-russiansubmarine-missile-threat/

[49] https://assets.nationbuilder.com/cdfai/pages/5050/attachments/original/1653934539/ Defending_the_Continent_NORAD_Modernization_and_Beyond.pdf?1653934539

[50] Ernie Regehr, US Strategic Ballistic Missile Defence: Why Canada won’t join it The Simons Foundation Canada july 11, 2023 , https://www.thesimonsfoundation.ca/projects/arctic-security-briefing-papers

[51] https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/04/19/canada-military-trudeau-leaked-documents/

[52] https://www.canada.ca/en/department-national-defence/news/2022/06/canada-and-latvia-sign-joint-declaration-toaugment-natos-enhanced-forward-presence-latvia.html

[53] https://www.canada.ca/en/department-national-defence/campaigns/canadian-military-support-to-ukraine.html

[54] https://globalnews.ca/news/9874896/canadian-armed-forces-ipsos-poll-august-2023/

[55] https://www.ilsole24ore.com/art/navi-guerra-usa-e-canada-stretto-taiwan-sfiorata-collisione-nave-cineseAEvBtMaD?refresh_ce=1

[56] https://www.cbc.ca/news/politics/defence-policy-canada-bill-blair-fall-economic-update-1.7034308

[57] https://www.theguardian.com/world/2023/feb/08/downed-balloon-one-of-a-fleet-of-chinese-surveillance-devicesus-alleges

[59] https://www.nytimes.com/2013/05/16/world/europe/arctic-council-adds-six-members-including-china.html , Nel 2013 sono entrati come Stati Osservatori; Cina, Singapore, Giappone Corea del Sud, India Italia.

[60] Con il termine  minacce ibride nella definizione NATO ci si riferisce ad un azione portata avanti da uno Stato o da un attore non statale con una combinazione di mezzi militari e non militari con lo scopo di mettere a repentaglio le istituzioni politiche, influenzare l’opinione pubblica e minare la sicurezza dei cittadini. https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_156338.htm

[61] La Russia ha intrapreso da tempo una vasta gamma di minacce ibride contro l’ Occidente, Artico compreso, ma è stato l’Artico europeo ad essere maggiormente oggetto di tali attività. Sebbene si registrino azioni nel dominio cyber, le infrastrutture critiche non risultano aver subito interferenze.K Kertysova, G. Gricius, Countereing Russian hybrid Threats in the Arctic, European leadership Network, August 2023.

https://www.europeanleadershipnetwork.org/wp-content/uploads/2023/12/23_11_22_Countering-Russias-HybridThreats-in-the-Arctic15_ES_EK40.pdf

[62] https://iuufishingindex.net/profile/china

[63] https://arctic-council.org/news/introduction-to-international-agreement-to-prevent-unregulated-fishing-in-the-highseas-of-the-central-arctic-ocean/

[64] https://www.mandiant.com/resources/blog/dragonbridge-targets-rare-earths-mining-companies

[65] https://macdonaldlaurier.ca/chinas-mission-to-control-arctic/

[66] https://www.chathamhouse.org/sites/default/files/2020-07-21-canada-china-views-paris.pdf

[67] https://www.oag-bvg.gc.ca/internet/English/parl_oag_202211_06_e_44152.html