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Intervista a Jean Lemire, Emissario per il cambiamento climatico e le questioni settentrionali del Québec

Intervista a Jean Lemire, Emissario per il cambiamento climatico e le questioni settentrionali del Québec

In occasione della Conferenza Mondiale dei Fiumi a Roma, che ha visto i rappresentanti dei più grandi corsi d’acqua del mondo confrontarsi sulle proprie politiche di gestione delle risorse idriche, il Centro Studi Italia-Canada, presente al summit, ha intervistato Jean Lemire, Emissario per il cambiamento climatico e le questioni settentrionali del Québec, incaricato di rappresentare il Fiume San Lorenzo.

Jean Lemire, biologo di formazione e regista di professione, ha voluto unire conoscenza e passione in una carriera tra ricerca scientifica e comunicazione. Il suo lavoro di ricercatore ha sempre avuto un approccio molto operativo, vantando una missione artica, una missione antartica ed un tour mondiale di tre anni, per discutere lo stato della biodiversità globale. Il Québec ha affidato un compito importante ad un professionista, massimo esperto di cambiamenti climatici e di biodiversità.

 

La creazione della posizione di Emissario per il Cambiamento Climatico e le Questioni Settentrionali è stata annunciata la scorsa primavera come una novità dal governo del Québec.

Quali obiettivi si è posto per affrontare la sfida globale della resilienza ai cambiamenti climatici? E come si integrano tali obiettivi con la strategia canadese di diplomazia climatica alla luce della sottoscrizione degli Accordi di Parigi del 2015?

Questo è un periodo di transizione e di trasformazione dell’economia mondiale che impongono grande attenzione ai cambiamenti climatici. Noi abbiamo destinato maggiori investimenti alle energie rinnovabili ed il Québec si è posto sempre più, negli anni, come un esempio nella gestione dei cambiamenti climatici. Alla Conferenza di Parigi, il Québec ha giocato un ruolo centrale, inviando un segnale forte al resto del mondo, ad esempio con la partecipazione finanziaria al programma di cooperazione internazionale: il Québec è stato il primo ad attuare un programma per aiutare i Paesi in via di sviluppo, un’iniziativa che è stata seguita anche dal Belgio, la cui decisione ha reso il nostro ruolo di guida ancora più importante.

 

La ricerca scientifica sul clima fatica a trovare spazio nella diplomazia internazionale. Quanto può essere di aiuto una più ampia cooperazione internazionale politica e anche tra privati, attivata attraverso summit internazionali come Acqua e Clima?

Ho una formazione scientifica e una delle mie priorità è rendere la scienza uno strumento della vita politica. È una priorità per il Québec, perché anche il Primo Ministro ha una formazione scientifica a sua volta e con lui ho avuto importanti conversazioni sul tema. Il nostro scopo è diffondere l’approccio scientifico, gli studi e la ricerca, al pubblico, perché, per attuare un cambiamento, c’è bisogno della partecipazione pubblica.

Uno dei miei compiti più importanti è far comprendere alle persone che alla base dell’evoluzione energetica ci sono gli studi scientifici e, quindi, è la scienza che ha portato avanti, nel tempo, le ricerche necessarie. Senza la scienza non ci sarà un periodo di transizione e nemmeno dei grandi meeting per confrontarsi sull’argomento. Queste conferenze trasmettono l’idea che stiamo agendo concretamente: nel 2050 avremo bisogno del 65% in più della produzione di cibo per sfamare la popolazione mondiale e ci sarà bisogno di acqua per fare in modo che accada. Ecco perché sono necessari il dialogo e la cooperazione internazionale, l’organizzazione di grandi conferenze per incentivare questo processo.

 

L’Italia è stata promotrice di questo evento e, proprio in questa occasione, il Ministero dell’Ambiente ha presentato il nuovo brand “AquaMadre”, il riferimento ideato per tutte le iniziative culturali legate all’acqua con particolare attenzione ai fiumi. Come avete accolto questa iniziativa?

Quando discutiamo di risorse idriche e cambiamenti climatici, dobbiamo in primo luogo partire da un fattore culturale, dall’incontro tra culture. I grandi fiumi uniscono e attraversano territori dove vivono popolazioni interessate alla risorsa idrica. Sarà perciò sempre più fondamentale la cooperazione tra Paesi, affinché l’acqua possa essere una risorsa di riunificazione e non più un motivo di conflitto, come accaduto spesso nella storia. Ho accolto con entusiasmo, quindi, che Roma abbia avviato un’iniziativa di questa portata e dell’approccio generale dell’Italia alla questione. Si tratta di un argomento vitale per la popolazione mondiale in questo periodo di transizione e il primo obiettivo è, come dicevo, quello di rendere partecipe l’opinione pubblica.

 

La Maritime Strategy ed il Plan Nord si prefiggono di tutelare l'ecosistema e la biodiversità del territorio del Québec e del fiume San Lorenzo. In che modo si traduce questo obiettivo?

Il Governo del Québec ha dato vita ad una nuova modalità di sviluppo sostenibile con queste due iniziative che hanno il mio completo appoggio.

Il Plan Nord è un piano che è stato apprezzato dalla scena internazionale, perché è basato su uno sviluppo economico inclusivo delle comunità che vivono in questo grande territorio. Pensiamo alla protezione dei territori: il 50% di questi va protetto e bisogna quindi integrare i valori di conservazione con i valori dello sviluppo economico alla base dello sviluppo sostenibile. Per quanto riguarda la Maritime Strategy, si tratta di seguire la via migliore per gestire l’aumento del traffico marittimo. È necessario adottare quindi una strategia mirata, volta alla protezione del territorio ed alla creazione di aree marine protette, settori che permettono un miglior traffico marittimo.