Intelligenza artificiale: i robot avranno diritti di proprietà intellettuale?
Inauguriamo, con un prezioso contributo di Lorenzo Attolico, partner dello studio legale NCTM,
un filone di ricerca e approfondimento sull’intelligenza artificiale: le incredibili potenzialità di sviluppo umano e tecnologico che oggi ci si prospettano alla luce della quarta rivoluzione industriale, le opportunità di collaborazione tra il mondo della ricerca canadese e quello europeo che ne derivano, ma anche le domande che ci si pongono in tema di diritti, di protezione della proprietà intellettuale nel nuovo paradigma economico che si sta delineando.
Nell’ articolo dell’avvocato Attolico, prendiamo confidenza con le possibili soluzioni per la protezione delle opere dell’ingegno prodotte da intelligenze artificiali, ponendoci una domanda: i robot potranno essere considerati autori di un'opera intellettuale e quindi detentori dei diritti economici relativi?
L’ecosistema AI in Canada
Lo scenario AI si presenta dinamico in Europa, e ancor di più in Nord America, da dove la rivoluzione digitale è partita. Parliamo della Silicon Valley USA, nevralgico spot globale di Ricerca e Sviluppo nel campo IT. Non è passato inosservato, tuttavia, come i giganti del settore - Google, Facebook, Microsoft, Samsung, Uber – e i più grandi nomi della tecnologia stiano investendo milioni di dollari in laboratori di ricerca in Canada, dove ricerca accademica e innovazione sono fortemente connesse e la forza attrattiva verso ricercatori da tutto il mondo è quindi fortissima. Il Governo canadese continua infatti a sostenere l’innovazione e ha annunciato ulteriori 4 miliardi di dollari in finanziamenti scientifici per i prossimi anni. Grazie a questo supporto pubblico, il Canada è arrivato a essere il terzo ecosistema di intelligenza artificiale per numero di esperti di IA, un leader mondiale nella robotica e nello sviluppo dell'apprendimento automatico, al centro della ricerca che traccia nuovi modi per estrarre i big data con implicazioni per tutti i settori: health, automotive, domotica, aerospazio.
Negli ultimi 5 anni l’aumento di accordi nel campo AI è arrivato al 50%, con una presenza costante da parte degli investitori canadesi e una quota stabile di circa il 40% di investimenti internazionali.
Dal 2017 al 2018, c'è stato un aumento del 28% del numero di startup attive legate all'AI, con quasi 650 startup attive in tutte le principali città canadesi.
Toronto ha la più grande concentrazione di aziende di AI in Canada, una solida storia accademica, un'industria tecnologica affermata e si avvantaggia della vicinanza a settori chiave, come la finanza, e del costante sostegno governativo per lo sviluppo industriale dell’Intelligenza Artificiale.
Il cluster di intelligenza artificiale di Montreal è un centro di riferimento mondiale per la ricerca dell'intelligenza artificiale, con la più grande concentrazione al mondo di ricercatori di AI.
Anche Vancouver sta emergendo come un centro unico della costa occidentale per l'intelligenza artificiale. Pur non avendo la concentrazione di risorse o competenze di ricerca che caratterizzano altri cluster canadesi, sta sviluppando un forte ecosistema di startup e importanti connessioni internazionali.
L’auspicio è che Unione Europea e Canada, partner che condividono gli stesi valori, gli stessi principi, la stessa visione del mondo, rafforzino una più stretta cooperazione in questo ambito, nel campo della ricerca teorica e applicata, per la creazione di nuove collaborazioni e progetti di ricerca congiunti, sviluppo di tecnologia e trasferimento tecnologico.
PROFILI GIURIDICI DELLE OPERE DELL’INGEGNO CREATE DA INTELLIGENZE ARTIFICIALI*
LORENZO ATTOLICO**
Sommario: 1. I tradizionali ed i nuovi autori delle opere dell’ingegno. - 2. Le Raccomandazioni della Commissione europea al Parlamento europeo in tema di robotica. - 3. Le disciplina in vigore in altri Stati. - 4. Le possibili soluzioni in tema di protezione delle opere dell’ingegno create da una IA e di titolarità dei relativi diritti. - 4.1. I diritti patrimoniali. - 4.2. I diritti morali. - 5. Il tema delle responsabilità nei confronti dei terzi derivante dall’uso delle opere dell’ingegno create da una IA. – 6. Conclusioni.
- I tradizionali ed i nuovi autori delle opere dell’ingegno
In tutta la storia dell’umanità, la creazione delle opere dell’ingegno è sempre stata riservata agli esseri umani, i quali erano, infatti, gli unici in grado, consapevolmente, di far nascere dal nulla un’opera avente caratteristiche artistiche.
Inutile fare riferimento ai primi graffiti preistorici, che, sia pur in maniera grezza, poco evoluta e normalmente monotona (le uniche scene rappresentate erano quelle di caccia), risultano essere le prime prove della vena e dell’esigenza artistica insita negli umani.
Alle opere dell’arte figurativa e scultorea, seguirono, nel tempo, le creazioni letterarie, architettoniche, teatrali e musicali sino ad arrivare, nel secolo scorso, alle opere frutto delle nuove tecnologie, come quelle fotografiche, cinematografiche e, infine, ai programmi per elaboratore.
Tutte tali opere, come detto, avevano un qualcosa in comune e, cioè, che il soggetto creatore fosse un essere umano, dotato, quindi, di intelletto.
Per questo motivo, quando ci si pose il problema di regolamentare la materia del diritto d’autore il soggetto giuridico che doveva ritenersi destinatario dei diritti su di un’opera dell’ingegno fu naturalmente individuato nell’autore della stessa.
In questo senso, anche la nostra legge sul diritto d’autore (Legge 22 aprile 1941, n.633) (Lda), all’ art.6, prevedendo che “il titolo originario dell’acquisto del diritto d’autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”, ha fatto espresso riferimento all’autore essere umano.
Così, del resto, non poteva non essere, non essendo possibile che un’opera dell’ingegno fosse creata da un soggetto diverso dall’essere umano.
Questo approccio sta, però, velocemente cambiando[1].
Il primo caso, in ordine di tempo, che ha segnato l’inizio di una nuova era, è rappresentato dalla questione relativa alla titolarità dei diritti su di un’opera fotografica realizzata, come selfie, da una scimmia, e, quindi, da un animale.
La fattispecie è molto nota.
Il fotografo professionista David Slater, mentre stava realizzando, in Indonesia, un servizio fotografico di un gruppo di scimmie aveva lasciato incustodita una macchina fotografica, che venne presa da un macaco, il quale iniziò a scattare, involontariamente, una serie di fotografie, tra cui decine di selfie. Due di questi selfie riuscirono, per caso, perfettamente.
A quel punto, ci si chiese giustamente chi fosse il titolare dei diritti di utilizzazione economica della foto: il fotografo, proprietario della macchina fotografica e, a suo dire, colui che aveva predisposto la stessa in modo che potesse accadere quel che poi è accaduto, oppure nessuno posto che il macaco non poteva considerarsi soggetto di diritto d’autore.
La vicenda, arrivava nelle aule giudiziali statunitensi, senza, almeno in primo grado, alcun riconoscimento di titolarità di diritti in capo al fotografo.
Alla base di questa prima decisione, veniva posto l’argomento – importante anche per le opere create da macchine – secondo cui risulta degna di tutela solo una creazione frutto di lavoro intellettuale (“fruits of intellectuale labor” that “are founded in the creative powers of mind”).
Non si è, quindi, in buona sostanza, ritenuto possibile attribuire ad un soggetto diverso dall’essere umano la qualità di autore di un’opera dell’ingegno.
Recentemente, si è poi saputo che la querelle si sarebbe risolta in via transattiva attraverso il riconoscimento, da parte del fotografo, ad un’associazione animalista di una percentuale sui proventi derivanti dall’uso dell’immagine.
Nel caso di specie, però, la fotografia era stata scattata dal macaco involontariamente.
Diversa è, invece, una situazione in cui un soggetto, anche se diverso da un essere umano, crei un’opera dell’ingegno consapevolmente.
Questa ipotesi è ormai possibile da quando, nel mondo tecnologico, ha fatto ingresso l’intelligenza artificiale.
L’intelligenza artificiale (IA) può essere, in buona sostanza, definita come una simulazione dell’intelletto umano da parte di un computer o altre macchine, come i robot.
L’evoluzione tecnologica sta portando alla creazione di macchine autonome ed intelligenti sicuramente pronte a prendere decisioni in modo indipendente dagli umani creatori o utilizzatori tanto da potere un giorno - si pensa – persino superare le nostre capacità intellettive.
E’ notizia di questi giorni il fatto che un robot ha creato autonomamente una serie di opere musicali che formeranno presto parte di un album destinato ad essere commercializzato, un altro robot ha appena terminato una sceneggiatura ed un altro ancora una vera e propria opera letteraria.
E tutte create indipendentemente dagli input che erano stati dati all’IA dai rispettivi creatori, input che tuttalpiù, come accade per gli umani, hanno rappresentato la base di partenza della creazione.
L’impressione è che questo genere di nuove creazioni diventi, nel tempo, sempre più comune.
Sarà, infatti, del tutto normale usufruire e godere di opere dell’ingegno create dalle intelligenze artificiali.
In altre parole, gli esseri umani si limiteranno solo ad inserire nella macchina dati disaggregati, che, come accennato, formeranno solo la piattaforma, alla stregua del bagaglio culturale di un essere umano, sulla quale l’IA creerà un’opera nuova.
E’, pertanto, corretto ed opportuno chiedersi se i robot, rappresentando una nuova categoria di soggetti giuridici, possano essere ritenuti autori di un’opera dell’ingegno e titolari dei relativi diritti di utilizzazione economica.
- Le Raccomandazioni della Commissione europea al Parlamento europeo in tema di robotica.
Il 16 febbraio 2017, il Parlamento europeo ha inoltrato alla Commissione alcune raccomandazioni (A8-0005/2017) concernenti norme di diritto civile sulla robotica.
Il Parlamento ha, infatti, inteso sensibilizzare la Commissione sulla necessità di verificare l’idoneità delle attuali norme di diritto civile a disciplinare le situazioni che necessariamente sempre di più prenderanno vita per effetto dell’attività svolta dalle macchine aventi un’intelligenza artificiale, in generale, e dai robot, in particolare.
Siamo, infatti, certamente alle porte di una nuova rivoluzione industriale e, pertanto, gli ordinamenti giuridici, a maggior ragione quello europeo, devono aggiornarsi per tempo al fine di non farsi trovare inadeguati.
Come è noto, la Commissione è libera di seguire i suggerimenti del Parlamento, ma, qualora non li seguisse – evento che, peraltro, accade poco frequentemente – deve motivarne la ragione.
E’ ben possibile, quindi, già in questa fase iniziale dell’iter legislativo comunitario, commentare il contenuto del documento parlamentare, avendo una ragionevole aspettativa di un provvedimento finale in linea con quanto suggerito.
Il documento del Parlamento si occupa, in realtà, di diversi aspetti del diritto ed in particolare dell’impatto sull’attività lavorativa delle macchine dotate di IA, del fondamentale tema dell’attribuzione della responsabilità derivante dagli atti compiuti da tali macchine e, infine, di un argomento apparentemente di minor importanza, ma di fatto estremamente attuale, e, cioè, l’applicabilità delle norme di diritto d’autore al mondo della IA.
In altre parole, la Commissione si pone proprio il problema se un robot possa essere considerato autore di un’opera dell’ingegno, divenendone titolare dei relativi diritti di utilizzazione economica e, inoltre, se possa essere ritenuto direttamente responsabile nel caso in cui tali opere risultino, poi, plagio di opere create da terzi.
In relazione al primo degli anzidetti argomenti, il Parlamento invita la Commissione ad elaborare criteri per definire una “creazione intellettuale propria” da parte della macchina, suggerendo – sembra - sostanzialmente la creazione di un nuovo genus di soggetto giuridico titolare di proprietà intellettuale: il soggetto elettronico.
In tema di responsabilità, invece, non sembra che le Raccomandazioni affrontino specificatamente la questione legata ai beni immateriali, benché, sulla questione robotica generale, il tema sia considerato estremamente sensibile ed importante.
- Le disciplina in vigore in altri Stati.
La preoccupazione delle istituzioni comunitarie di regolare la materia appare opportuna anche alla luce del fatto che alcuni Stati (Giappone, Corea del Sud, Cina) hanno già iniziato ad elaborare una disciplina specifica.
Negli Stati Uniti, benché il Copyright Law Act del 2011 non preveda espressamente il riconoscimento della titolarità del diritto d’autore su opere dell’ingegno create da una macchina, si sono posti il problema se dette opere potessero essere comunque coperte da copyright.
In questo senso, recentemente l’ US Copyright Office ha statuito che provvederà alla registrazione di un’opera dell’ingegno solo se la stessa sia stata creata da un essere umano (“will register an original work of autorship, provided that the work was created by a human being”).
Peraltro, il US Copyright Office si è anche premurato di fornire una lista di opere non protette tra cui vengono espressamente richiamate quelle create da macchine e che risultino frutto di un’automatica o casuale realizzazione priva di qualsiasi intervento creativo umano (“works produced by a machine or mere mechanical process that operates randomly or automatically without any creative input or intervention from human author”).
Per quanto, invece, riguarda il Giappone, una Commissione istituita dal governo nel 2016 ha statuito che la legge sul diritto d’autore non protegge opere create da IA, ma lo stesso governo sembra sia intenzionato nell’anno in corso, a ricercare una qualche forma di tutela di queste ultime. Lo stesso Giappone, infatti, di contro, attribuisce ad un’invenzione creata di una IA la possibilità di essere brevettata.
Nel Regno Unito, infine, il Copyright Designs and Patent Act del 1988 prevede che la titolarità del diritto d’autore su di un’opera creata da una macchina sia del soggetto (essere umano) che abbia in qualche modo organizzato le funzioni della macchina medesima affinché quest’ultima potesse generare l’opera in questione (“In the case of literaly, dramatic, music or artistic work which is computer-generated, the author shall be taken to be the person by whom the arrangements necessary for the creation of the work are undertaken”). Nella stessa legge, viene, tra l’altro, data la definizione di “computer generated work”, che è, in buona sostanza, l’opera creata da un computer senza alcun intervento umano (“the work generated by computer in circumstances such that there is no human author of the work”).
Come evidenziato, quindi, le altre legislazioni si sono poste il tema della proteggibilità delle opere dell’ingegno create da macchine, risolvendolo in diverse maniere.
La strada maggiormente interessante è quella tracciata dalla normativa inglese, la quale, infatti, riconoscendo una valenza a dette opere - conclusione che, ad avviso di chi scrive, può ormai considerarsi ineliminabile -, attribuisce la titolarità dei diritti all’essere umano che ha dato alla macchina gli strumenti necessari per la creazione.
Sicuramente questa può essere una delle strade da seguire anche per la nostra normativa e per quella comunitaria, ma sicuramente non la sola e forse neanche la più convincente, poiché – ma sull’argomento si dirà in seguito – nella valutazione della fattispecie non sarà facile capire se vi sia stata o meno la predisposizione di strumenti sufficienti a dar luogo ad una determinata creazione.
- Le possibili soluzioni in tema di protezione delle opere dell’ingegno create da una IA e di titolarità dei relativi diritti.
Sino ad oggi, nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art.2576 c.c. e, come già ricordato, dell’art.6 della Lda, il titolo originario dell’acquisto del diritto d’autore è costituito dalla creazione dell’opera quale particolare espressione del lavoro intellettuale.
Ciò, in buona sostanza, vuol dire che:
- titolare di tutti i diritti su di un’opera dell’ingegno è l’autore della stessa;
- l’autore, considerato il preciso riferimento al concetto di “lavoro intellettuale” deve necessariamente essere un essere umano.
Ora, al di là della delicata futura valutazione relativa alla possibile creazione del “soggetto elettronico”, quale nuovo soggetto di diritto, ho l’impressione che tale impostazione non possa essere sic et simpliciter utilizzata nel caso delle opere dell’ingegno create da una IA.
Non v’è dubbio, infatti, che l’IA, in quanto macchina, pur dovendo tecnicamente essere considerata autrice in quanto creatrice dell’opera, non possa essere destinataria di diritti sia patrimoniali, sia ancor di più morali d’autore.
Sarà, pertanto, opportuno provvedere ad una modifica normativa, auspicabilmente comunitaria, diretta a disciplinare questa nuova situazione giuridica, che consenta di riservare ad un soggetto giuridico “classico” (persona fisica o giuridica che sia) i diritti di utilizzazione economica e, se possibile, i diritti morali su di un’opera dell’ingegno creata da una IA.
Proverò, nel prosieguo, ad immaginare in quale modo questa nuova situazione dovrebbe essere disciplinata.
-
- I diritti patrimoniali
Il creatore di un’opera dell’ingegno, come è noto, è titolare esclusivo dei diritti di utilizzazione economica e ha il diritto di beneficiare dei proventi derivanti dallo sfruttamento della stessa. Tale diritto viene comunemente definito come diritto patrimoniale d’autore.
Ho già dato conto dell’oggettiva impossibilità di considerare l’IA quale titolare di tale diritto.
Occorrerà, pertanto, trovare una soluzione diretta a individuare chi possa essere considerato titolare dei diritti di utilizzazione economica di un’opera creata da un robot e conseguentemente chi potrà beneficiare dei proventi derivanti dallo sfruttamento della stessa.
Come già prevedeva il mai troppo rimpianto Mario Fabiani nel lontano 1993, infatti, “in tale panorama si impone una rimeditazione dei principi e delle regole che governano il diritto di autore”.
A tale scopo, credo possano essere immaginate le seguenti ipotesi:
- titolare del diritto patrimoniale d’autore su di un’opera creata da una IA è il soggetto che ha inventato la macchina;
- titolare del diritto patrimoniale d’autore su di un’opera creata da una IA è il soggetto che abbia in qualche modo impostato le funzioni della macchina medesima, affinché quest’ultima potesse creare l’opera in questione;
- titolare del diritto patrimoniale d’autore su di un’opera creata da una IA è il soggetto che, proprietario della medesima macchina ed indipendentemente da chi l’abbia impostata, abbia dato corso allo sfruttamento economico dell’opera stessa.
La prima ipotesi, da me proposta solo per completezza, non sembra meritevole di essere presa in considerazione.
Il soggetto che ha meramente creato l’IA (si pensi al creatore di un software), senza poi né organizzare le funzioni specifiche affinché la stessa crei una determinata opera, né dar corso ad alcuna utilizzazione economica di quest’ultima non può, infatti, in alcun modo pretendere di vantare i diritti in discorso.
Si pensi al caso dell’autore di un software che consenta la realizzazione di opere di design. Non v’è dubbio che autore dell’opera di design è poi colui che la realizza di fatto.
Ora, l’ipotesi di un’opera creata da una IA non è perfettamente identica, ma resta la riflessione di fondo che non sia sufficiente creare un software per immaginare di diventare titolare dei diritti di sfruttamento economico delle opere che vengono create utilizzando lo stesso.
La seconda ipotesi è, in realtà, molto interessante e, come già precisato, è quella – almeno per il momento – presa in considerazione dalla legislazione inglese.
La questione, che, però, a mio avviso, non la rende preferibile, è che, in concreto, sarà difficilmente agevole capire, caso per caso, quali siano e se siano stati previsti in una determinata macchina quelli che il UK Copyright Act definisce “arrangements necessary for the creation”.
Anche sotto l’aspetto tecnico, invero, non credo possa essere semplice avere la certezza che un’IA abbia creato una determinata opera (e non, per intenderci, un’altra) solo perché siano stati predisposti determinati arrangements.
Si pensi ad un robot capace di creare un’opera musicale. Come si potrà essere sicuri, una volta creata un’opera, che la stessa sia stata frutto diretto dell’intervento umano di caricare determinate musiche o di dare degli input.
In mancanza di tale certezza, quindi, non credo possa essere attribuita al soggetto “caricatore” la qualifica di autore.
Laddove, invece, lo stato della tecnica consentisse una valutazione di questo genere ed un’attribuzione certa del merito della creazione al “caricatore” degli arrangements, il discorso cambierebbe radicalmente, consentendo all’interprete di ritenere quest’ultimo autore dell’opera e titolare dei diritti
E vengo alla terza ipotesi, che a me sembra, in mancanza delle certezze sopra ricordate, la più ragionevole.
Una volta, invero, acclarato che il cd. soggetto elettronico non possa essere considerato autore di un’opera dell’ingegno, né tantomeno possa essere titolare dei diritti di utilizzazione economica della stessa, e nell’impossibilità di ritenere il caricatore di contenuti creatore della medesima opera, è di tutta evidenza che i richiamati diritti spettino a colui che li esercita sul presupposto che gli stessi siano stati acquisiti legittimamente, che, nella specie, deve intendersi non già a mezzo di cessione (che non può esserci perché il reale autore è il soggetto elettronico), bensì perché l’utilizzatore è anche il proprietario dell’IA creatrice.
In altre parole, il proprietario di una macchina di IA, che abbia creato un’opera dell’ingegno, dovrà essere considerato titolare di tutti i diritti di utilizzazione economica dell’opera stessa.
Nell’ipotesi in esame, diventa, quindi, irrilevante chi abbia caricato i contenuti ed è proprio questa la differenza sostanziale tra la terza e la seconda soluzione.
In questo senso, possono anche venire in soccorso – benché le fattispecie non siano del tutto identiche – i principi in tema di opere su commissione per le quali, come è noto, i diritti di utilizzazione economica nascono a titolo originario in capo al committente[2].
Il fatto che il proprietario di una macchina di IA, decidendo di far creare dalla stessa un’opera dell’ingegno, la attivi non sembra, invero, essere ipotesi così lontana da quella di una vera e propria commissione.
-
- I diritti morali
La necessità di adeguare le attuali norme alle novità tecnologiche sembra essere davvero ineliminabile in relazione, infine, alla questione dei diritti morali d’autore su di un’opera dell’ingegno creata da una IA.
Se, infatti, come si è detto, è possibile arrivare all’individuazione del soggetto titolare dei diritti patrimoniali d’autore, la ricerca del soggetto titolare dei diritti morali d’autore appare davvero ardua.
Nella specie, infatti, tali diritti, come è noto, spettano esclusivamente all’autore e sono indisponibili.
Ne consegue che nessun altro soggetto, se non, appunto, l’autore dell’opera, può ritenersi titolare di detti diritti.
Ora, poiché, nel caso in esame, autore dell’opera dell’ingegno è un soggetto che non può essere titolare di alcun diritto, tantomeno di diritti personali, spettanti, come è ovvio, solo agli esseri umani, è di tutta evidenza che il diritto morale d’autore non avrà alcun titolare.
Le opere dell’ingegno create da una IA saranno, pertanto, prive di titolari di diritti morali e questo quale eccezione alla regola sancita dagli artt.20 e ss. Lda.
- Il tema delle responsabilità nei confronti dei terzi derivante dall’uso delle opere dell’ingegno create da una IA.
A questo punto, non mi resta che affrontare l’argomento relativo alla responsabilità per danni a terzi provocati da un’opera dell’ingegno creata da una IA.
Si pensi essenzialmente alla responsabilità nel caso in cui tale opera risulti plagio di un’altra opera preesistente.
Anche in tal caso si deve necessariamente ricercare il soggetto che sarà ritenuto responsabile.
Sul punto, vengono certamente in aiuto le Raccomandazioni di cui supra §2 che affrontano il tema, suggerendo alcune soluzioni che appaiono piuttosto ragionevoli.
In primo luogo, dopo aver chiarito l’ovvio, e, cioè, che la responsabilità deve essere imputata ad un essere umano e non ad un robot e che non si potrà in alcun modo limitare il tipo o l’entità dei danni che possono essere risarciti, né le forme di risarcimento che possono essere offerte alla parte lesa, per il semplice fatto che il danno è provocato da un soggetto non umano, si afferma che la futura normativa dovrà innanzi tutto decidere se “applicare l’approccio della responsabilità oggettiva o della gestione dei rischi”.
Nella prima soluzione, infatti, si richiederà solo la semplice prova del danno avvenuto e l’individuazione di un nesso di causalità tra il funzionamento del robot e il danno subito dalla parte lesa, mentre nella seconda ipotesi, non si dovrà individuare la persona che ha agito con negligenza in quanto responsabile a livello individuale, bensì sulla persona che “in determinate circostanze è in grado di minimizzare i rischi e affrontare l’impatto negativo”.
Tali possibili discipline, in realtà, vengono suggerite dalla Raccomandazioni non specificatamente per il tema legato alle opere dell’ingegno, ma per tutto il macro argomento legato alle IA.
Pur, quindi, rimanendo molto utili, i ricordati principi dovranno poi essere necessariamente adattati al mondo della proprietà intellettuale in generale e del diritto d’autore in particolare.
Ciò posto, a me sembra, che tra le due soluzioni proposte quella della gestione dei rischi sia preferibile.
Il soggetto titolare dei diritti di utilizzazione economica dell’opera, invero, ha la possibilità da un lato di minimizzare i rischi e dall’altro di affrontare l’impatto negativo.
Al fine di minimizzare i rischi, ben potrà, per esempio, far verificare da un perito - intendo prima della commercializzazione - se una determinata opera rappresenti plagio di un’altra e, una volta posta in commercio, potrà eventualmente ritirarla in caso di contestazione.
Il principio risulta essere, peraltro, in linea con quello, già sancito dalla nostra giurisprudenza, che prevede la responsabilità dell’editore, in solido con l’autore, di un’opera poi risultata plagiaria.[3]
Il medesimo soggetto, infine, è colui che, beneficiando dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell’opera, ben può affrontare anche l’eventuale impatto negativo di un’eventuale contestazione per plagio.
- Conclusioni
In definitiva, mi sembra di poter dire che il futuro è adesso nel senso che già ora iniziano ad esistere opere dell’ingegno (e non solo) create autonomamente dalle IA, che saranno sempre di più.
Per una volta, quindi, la normativa non può attendere.
I temi della titolarità dei diritti e della responsabilità verso terzi, infatti, devono essere necessariamente risolti ed in tempi brevi per non farsi trovare ancora una volta lontani da passo della tecnologia.
Un giorno i robot diventeranno indispensabili, ma quel giorno dovremo farci trovare pronti con una disciplina rigorosa sull’uso degli stessi e sulle sue conseguenze.
Non si potrà, infatti, più far conto solo sulle tre leggi della robotica di Isaac Asimov[4]
*Originally Published On Linkedin Pulse
**Head of IP Department at NCTM Studio Legale
Riferimenti bibliografici
AUTERI P. FLORIDIA G. – MANGINI V. – OLIVIERI G. RICOLFI M. SPADA P., Diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, Torino 2012.
FALCE V., La modernizzazione del diritto d’autore, Torino, 2012.
MAZZEI G. – PICCINELLI G. – TISCI A., Digital properties and digital consumers – Nuovi diritti e nuove tutele, Napoli, 2012.
CROPANESE R., LO FOCO M. Il diritto d’autore – storia evoluzione regole futuro, Torino, 2013.
SPEDICATO G., Interesse pubblico e bilanciamento nel diritto d’autore, Milano, 2013.
SIROTTI GAUDENZI A., Il nuovo diritto d’autore. La tutela della proprietà intellettuale nella società dell’informazione, Rimini, 2014.
M.L. MONTAGNANI – M. BORGHI, Proprietà digitale, Diritti d’autore, Nuove tecnologie e digital rights management, Milano 2006.
G. ZICCARDI, Nuove tecnologie e diritti di libertà nelle teorie nordamericane.
G. GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, 2° ed., Milano 2008.
A. SIROTTI GAUDENZI, Il nuovo diritto d’autore, Rimini 2010.
[1] M.Fabiani, in Il Diritto Autore, Milano, 1993, 519 e ss., secondo cui l’autore è specchio dei tempi in cui vive ed il diritto dell’autore riflette la realtà nella quale l’opera è creata ed utilizzata. L’evoluzione della moderna tecnologia non è, quindi, senza influenza sulla “cultura” del diritto di autore.
La tecnologia entra nella nostra vita quotidiana e gli istituti della proprietà intellettuale non ne sono esenti. La tecnologia interferisce in due momenti essenziali e qualificanti della vita dell’opera d’arte o di scienza: il momento della creazione dell’opera ed il momento della sua diffusione ed utilizzazione economica.
Quanto al momento della creazione, è da osservare che per la realizzazione di nuove opere ci si avvale sempre più spesso degli strumenti che la nuova tecnologia offre. All’immagine romantica dell’autore isolato nel proprio tormento ed estasi creativa si sostituisce (omissis) anche il programma di elaboratore elettronico. Si parla spesso di disumanizzazione dell’arte: la macchina interviene nella produzione dell’opera fino ad offuscare l’uomo-creatore.
In tale panorama si impone una rimeditazione dei principi e delle regole che governano il diritto di autore.
[2]In caso di opere su commissione o dei dipendenti, il trasferimento dei diritti di utilizzazione economica è semplice effetto “della realizzazione dell’opera a seguito di attività creativa, questa dovuta in base al contratto” (P. Greco e P. Vercellone, I diritti sulle opere dell’ingegno, Torino, 1974).
A. Ievolella, 'You are, we car': crea lo slogan per la '500' ma rimane a bocca asciutta, in Dir. & Giust. 2016, nota a Cass. civ., sez., I 24 giugno 2016, n. 13171.
"L'art. 110 della l. n. 633 del 1941 sul diritto d'autore, nel prevedere che la trasmissione dei diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno deve essere provata per iscritto, non è applicabile quando il committente abbia acquistato i diritti di utilizzazione economica dell'opera per effetto ed in esecuzione di un contratto d’appalto concluso con l'autore, poiché, in tal caso, non ha luogo un trasferimento, dal momento che tali diritti sorgono direttamente in capo al committente” (Cass. civ., sez. I, 27 luglio 2017, n. 18633).
“L'art. 110 legge n. 633 del 1941 non è applicabile quando, come nella fattispecie, il committente abbia acquistato, a titolo originario, i diritti di utilizzazione economica dell'opera, per effetto ed in esecuzione di un contratto (in forma libera) di prestazione d'opera intellettuale concluso con l'autore, coerentemente con il fatto che tale contratto implica il trasferimento dei diritti di sfruttamento economico pertinenti al suo oggetto e alle sue finalità. In altri termini, nella specie, non vi è stato un trasferimento dei diritti di utilizzazione economica dell'opera, nel senso considerato dall'art. 110 cit., ma l'esecuzione di un contratto d'opera professionale che ha consentito all'opera di venire alla luce, con la sua originalità e proteggibilità, e di essere acquisita in via originaria al patrimonio del committente, il quale era legittimato ad utilizzarla economicamente per gli scopi pubblicitari che erano stati concordati” (Cass. civ., sez. I, 24 giugno 2016, n. 13171).
[3] "L'editore ha uno specifico dovere di diligenza che gli impone di accertare, sulla base dei preventivi controlli che gli siano possibili e delle conoscenze che abbia quale professionista del settore, che le sue pubblicazioni non ledano diritti altrui" (Trib. Torino Sez. Proprietà Industriale e Intellettuale, 05 maggio 2006).
"Va inibita, con provvedimento d'urgenza pronunciato nei confronti dell'editore, l'ulteriore vendita e diffusione, nonché va disposto il sequestro degli esemplari editi, di un'opera letteraria costituente plagio-contraffazione di opera precedente di diverso autore, su cui altro editore è titolare di diritti di utilizzazione esclusiva, atteso che il primo editore ha l'onere di accertare se, con la pubblicazione, vengano lesi diritti altrui (nella specie, il tribunale ha rilevato che l'editore dell'opera in contraffazione avrebbe potuto agevolmente accertare la presenza di quella originale sul catalogo dell'editore di quest'ultima, pubblicato su Internet)” (Trib. Torino, 23 marzo 2006).
App. Milano, 30 marzo 1999, in AIDA 2000, per cui l'editore dell'opera contraffattiva risponde in solido con il soggetto che l'aveva commissionata, se non dimostra di avere adottato – anche nella scelta del contraente e nella vigilanza sul suo lavoro – tutte le cautele possibili e necessarie ad evitare la lesione di altrui diritti.
[4] Isaac Asimov, nell’opera “Circolo Vizioso“, prima, e in “Io, Robot”, poi, già negli anni 40, prevedeva le tre leggi della robotica: 1. un robot non può recar danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno; 2. un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge; 3. un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.