Ingresso legale e sicuro dei rifugiati: i modelli italiano e canadese
Abbiamo approfondito il tema dei corridoi umanitari in Italia e del Private Sponsorship of Refugees Program canadese. Due soluzioni innovative per la gestione della protezione e integrazione dei rifugiati che fanno emergere un possibile ruolo delle medie potenze nel rilanciare una più efficace politica multilaterale sul tema delle migrazioni.
Laura Borzi*
In più occasioni il Centro Studi Italia Canada ha focalizzato l'attenzione sul ruolo delle medie potenze nella difficile sfida di rallentare l'erosione dell'ordine liberale internazionale promuovendone la riforma. In tal senso è necessario definire priorità, creare coalizioni su specifici dossier, ispirarsi a iniziative plurilaterali o ideare partnership su questioni specifiche. Nell'ambito delle varie iniziative, gli Stati possono essere affiancati da altri attori non governativi, fondazioni private o varie tipologie di network. Tra le questioni urgenti, si pone la necessità di affrontare le sfide costituite dal fenomeno delle migrazioni con le sue molteplici sfaccettature e un numero crescente di rifugiati su scala mondiale. La mancanza di soluzioni a lungo termine sul tema, spesso visto come un'emergenza, accresce problematiche politiche, economiche e di sicurezza. Tra le medie potenze, il Canada sembra aver ben chiara la necessità di elaborare soluzioni innovative per la protezione dei rifugiati.
Dopo il culmine raggiunto nel 2015, i movimenti dei migranti su scala mondiale continuano nell'ambito di una geografia globalizzata ma anche regionale. Fenomeno complesso e durevole quello dei flussi migratori non potrà che essere gestito efficacemente da politiche multilaterali con soluzioni di ampio respiro che affrontino un problema che è strutturale più che emergenziale.
Modernizzare il sistema internazionale delle migrazioni è naturalmente un'impresa che richiede risorse finanziarie e umane ingenti. In merito al tema dei rifugiati qui si metteranno in luce due esempi interessanti di vie alternative legali e sicure di ingresso: i Corridoi Umanitari in Italia e il Private Sponsorship of Refugees Program (PRS) in Canada. Pur nella consapevolezza della portata numericamente limitata che tali soluzioni possono fornire, questi percorsi complementari innescano un meccanismo interessante di solidarietà tra istituzioni e associazioni private che incoraggia canali sicuri per combattere il traffico di esseri umani favorendo quelle forme di integrazione che tutelano i diritti umani e garantiscono la sicurezza degli Stati.
Quadro globale, UE, Italia
Tra i maggiori dossier del panorama mondiale, in grado di incidere in maniera trasversale sulla politica interna e internazionale, la questione migranti costituisce un fenomeno che, pur avendo da sempre caratterizzato la storia dell'umanità ha assunto negli anni recenti portata particolarmente ampia tanto che il regime internazionale per la gestione delle migrazioni e dei rifugiati si trova a dover affrontare una grave crisi. Le Nazioni Unite hanno indicato il numero record di 258 milioni di migranti nel 2017, se paragonato ai 173 millioni nel 2000 e 84 milioni in 1970. Difatti secondo, l'UNHCR, l’Agenzia Onu per i rifugiati, i profughi nel mondo sono stati nel 2018 68,5 milioni.
Oltre ad essere all'origine di crisi umanitarie di vaste proporzioni, il movimento delle persone oltre i confini porta una destabilizzazione nelle regioni interessate e di conseguenza pressanti questioni politiche ed economiche per i governi. La crescita del populismo in Europa annovera tra le molteplici cause una reazione delle popolazioni del continente ad un flusso di quasi 2 milioni di emigranti dall'Africa e dal Medio Oriente dal 2014. La crisi ha raggiunto il culmine nel 2015–16, in relazione agli eventi in Siria, con popolazioni in esilio oramai da anni in una situazione di degrado umano e un terreno fertile per la radicalizzazione.
Il tema, per le sue implicazioni in termini di sicurezza, nel senso più ampio del termine è stato utilizzato come strumento privilegiato per l'ottenimento del consenso elettorale e ha raggiunto un'ampiezza che solleva varie questioni in Europa tra cui la ripartizione delle ricchezze e la capacità di integrazione delle nostre società accentuando polarizzazione sociale e politica in molte regioni europee, la coesione tra società così come la solidarietà tra gli stessi Stati membri. Si sono in tal modo messi a dura prova i valori europei, in un pericoloso coalizzarsi di ideologismi e forze centrifughe che rendono quanto mai difficile l'elaborazione di soluzioni davvero efficaci nel breve e nel lungo periodo.
Accanto allo sforzo concertato della comunità internazionale, servono anche risposte nazionali e regionali specifiche ai particolari contesti.
In Europa la politica migratoria è stata caratterizzata da due tendenze: bisogno crescente di sicurezza (se non di chiusura delle frontiere) e controllo dei flussi migratori con la messa in opera di un sistema di asilo comune volto a lottare contro le cause della migrazione.
Su scala internazionale sono state seguiti percorsi volti a uniformare i sistemi statali. In tale approccio, un consistente impegno internazionale si è registrato con la stesura di un Patto sulle migrazioni, adottato sotto l'egida dell'ONU a dicembre 2018 (Global compact for safe orderly and regular migration), che prevede la condivisione di alcune linee guida generali per dare una risposta coordinata al fenomeno. Questo strumento non è stato sottoscritto dal governo italiano mentre il Global compact on refugees è stato condiviso da tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite con le eccezioni di Stati Uniti e Ungheria. Gli obiettivi sono quelli di alleviare le pressioni sui Paesi ospitanti, migliorare l'autosufficienza dei rifugiati, ampliare l'accesso ai Paesi terzi, sviluppare condizioni di supporto nei Paesi di origine il ritorno in sicurezza e dignità.
L'UE ha messo in atto misure di natura politica e legislativa per bloccare l'accesso, strumenti di salvataggio delle vite in mare, individuazione di trafficanti e sequestro delle navi. Altri strumenti di gestione delle crisi sono stati: finanziamenti supplementari, creazione di hotspot nelle zone di frontiera al fine di ammettere la registrazione delle persone in arrivo e meccanismi di redistribuzione interna dei migranti. Oltre al ricollocamento è stato rafforzato il meccanismo di reinsediamento di rifugiati da pesi terzi verso l'UE. Il Global Compact sui rifugiati riconosce la necessità di apportare risposte innovative e la circostanza che le cosiddette “vie alternative” per i rifugiati costituiscono una soluzione concreta per i paesi terzi, aggiuntiva al reinsediamento. In tal senso si sono avute iniziative sia dell'Unione che di singoli Stati volte a garantire accesso legale e sicuro al territorio europeo.
Tra i Programmi nazionali di particolare interesse si annoverano quelli “community based” e private sponsorship.
I termini usati in modo intercambiabile indicano in sostanza la presenza di un gruppo di persone, un’organizzazione o anche un privato che forniscono sostegno finanziario o sociale a chi è autorizzato all'ingresso nello Stato. Questi non se ne assume oneri di accoglienza, assolti invece dallo sponsor fino a che i soggetti non diventino autosufficienti.
Modelli di sponsorizzazione comunitaria variano da un Paese all'altro, ma può dirsi, in generale, che vi sia un'interazione tra governi e società civile per la condivisione delle responsabilità.
Si tratta ovviamente di iniziative complementari, aggiuntive che si affiancano alla politica degli Stati e che possono avere un impatto numerico limitato.
Per l'Italia, esemplare in tal senso è l'esperienza dei Corridori Umanitari, una misura che consente ai potenziali beneficiari, persone degne di protezione internazionale, di trovare attraverso canali regolari e sicuri, accoglienza nel nostro Paese. Questo strumento è particolarmente apprezzabile dal punto di vista metodologico in quanto i Corridoi Umanitari sono l'esempio di una cooperazione virtuosa tra diverse realtà a livello nazionale e internazionale, Ministeri competenti, UNHCR, Organizzazione Mondiale per le Migrazioni da un lato, dall'altro le associazioni private. Si tratta pertanto di un metodo capace di creare una condivisione di responsabilità e oneri e offrire opportunità di accoglienza ai richiedenti asilo secondo principi di collaborazione e di solidarietà.
Ad oggi circa 2500 persone sono arrivate in Europa, di cui oltre duemila nel nostro Paese, e ulteriori si potranno aggiungere grazie a Protocolli già firmati, persone provenienti da aree ad alta instabilità con presenze di conflitti, accolte presso strutture qualificate diffuse sul territorio e finanziate dalle associazioni private, che garantiscono percorsi di integrazione socio-culturale senza oneri a carico dello Stato in pendenza dell’iter ordinario per il riconoscimento della protezione internazionale. Il rifugiato non viene lasciato a se stesso, ma viene inserito nella società e nel mondo del lavoro un sistema che porta benefici a tutti. Si delinea un progetto di vita e integrazione utile a placare i timori diffusi nelle società di accoglienza e la stessa narrativa sui migranti migliora, tramite la conoscenza reciproca e un accento posto non sui movimenti delle masse, quanto sulle storie personali e sulla dignità degli individui.
In tal senso utile sarebbe l'estensione del ricorso ai Corridoi Umanitari a livello di UE come tassello essenziale di una strategia di governo ordinato e strutturale del fenomeno migratorio. (Si veda a questo riguardo: Oltre il mare. Primo rapporto sui Corridoi umanitari in Italia e altre vie legali e sicure di ingresso. Caritas Italiana 2019)
Esperienza e iniziative in Canada, un modello da condividere.
In merito alle vie legali di ingresso dei migranti e rifugiati, il Canada rappresenta un caso di interesse poiché offre, oltre ai programmi di reinsediamento governativo, GAR (Government Assisted Refugees Program), un esempio significativo anche in merito ai programmi di sponsorizzazione privata. Ottawa ha una discreta tradizione in tal senso, come risposta a gravi crisi umanitarie già dal 1976: l'Immigration Act forniva una cornice giuridica in grado di accogliere il programma di sponsorship privata (PSR). Da un punto di vista temporale si sono avute due fasi importanti di movimenti di rifugiati: la prima, che ebbe inizio con l'operazione Lifeline relativa alla crisi umanitaria in Indocina e poi nel corso degli anni Settanta e Ottanta, che già prevedeva che i rifugiati potessero essere reinsediati In Canada con sostegno di sponsor privati o misti pubblico e privato; la seconda, più recente, di gruppi nazionali come afghani, irakeni e soprattutto siriani.
Lo scorso anno il Canada è stato il Paese con il maggior numero di reinsediamenti di rifugiati tra tutti i Paesi al mondo, con oltre 29 mila rifugiati e tra questi 18 mila ospitati proprio presso le comunità.
Come sottolineato dal consigliere e capo sezione immigrazione dell'Ambasciata del Canada, Martin Ducet, nel corso di un convegno tenutosi a Montecitorio lo scorso luglio, nel 2019 l'intenzione è di reinsediare 19 mila rifugiati sponsorizzati privatamente. Doucet ha illustrato circostanze, modalità e vantaggi di questa iniziativa.
La sponsorizzazione privata consente l'ingresso di rifugiati attraverso tre tipologie di sponsor:
- le Sponsorship Agreement Holders SAHs, ovvero organizzazioni accreditate che hanno stipulato accordi con l'Agenzia nazionale governativa (Immigration Refugees and Citizenship Canada). Si tratta nel 75% dei casi di organizzazioni religiose comunitarie/umanitarie che hanno già una pregressa esperienza in tal senso;
- gruppi di cittadini canadesi o residenti permanenti che possono sponsorizzare una persona al fine di farla stabilire nella propria comunità locale, ovvero un rifugiato già conosciuto;
- gruppi di comunità (community sponsors CS), associazioni che operano nella comunità in cui i rifugiati si stabiliranno.
Le modalità di attivazione della “sponsorizzazione”
La sponsorizzazione privata si realizza all'interno della più recente cornice normativa di riferimento, ovvero la legge 2002 sull'immigrazione e la protezione dei rifugiati (IRPA) che regola le modalità di selezione degli sponsor, dunque con obblighi rigidi da rispettare che accompagnano l'intero processo. I beneficiari (tali ai sensi del UNHCR o riconosciuti dal Paese di asilo) usufruiscono di un piano consistente e strutturato sia dal punto di vista dei finanziamenti, che da quello "umano", ovvero dei legami con la comunità di accoglienza.
Il percorso si esplica in due fasi. In primis c'è appunto una richiesta di sponsorizzazione che deve essere elaborata da parte di un gruppo e inviata all'Agenzia nazionale governativa. Ottawa riceve il piano suddetto e lo esamina allo scopo di garantire che sia effettivamente dotato delle fondamenta solide di cui sopra.
Ad esempio, è necessario verificare che il gruppo che sponsorizza abbia il sostegno finanziario adeguato, che non abbia causato una sorta di default con le amministrazioni precedenti, vista la circostanza che alcuni gruppi ospitano oramai da anni rifugiati. La mole di richieste da esaminare è assai grande e serve dunque una rete consistente che possa permettere di valutare la solidità di ogni gruppo di sponsor, verificare oltre ai finanziamenti che non vi siano state in passato questioni penali.
Se la sponsorizzazione è approvata, la documentazione è trasferita a un ufficio all'estero in una delle Ambasciate nel mondo. Nella maggioranza dei casi, la famiglia che sarà accolta in Canada è intervistata da un esperto funzionario sull'immigrazione. Nel corso del colloquio si analizzano diversi aspetti. Come primo elemento da valutare è la circostanza che ci sia un reale bisogno di reinsediamento, ovvero appurare che il rifugiato non abbia altra scelta se non quella di recarsi in Canada. Si fanno indagini sugli aspetti criminali per essere sicuri che questo trasferimento non sia lo strumento per far giungere nel territorio canadese persone che potrebbero rappresentare un problema di sicurezza e, tramite la raccolta di dati biometrici, si verifica che non ci siano problematiche a livello penale. Infine, aspetto importante è anche quello dei controlli medici per assicurarsi che non ci siano malattie in corso e in tal caso si offrono delle cure mediche prima che queste persone entrino in Canada. La valutazione completa dell'individuo si realizza attuando un lavoro con vari partner e organizzazioni per effettuare le dovute verifiche. In alcune parti del mondo, si faranno controlli maggiori a seconda delle problematiche locali, me una volta appurato che il soggetto può essere introdotto nel Paese viene finalmente rilasciato il visto.
Nel caso in cui la famiglia non riesca a sostenere i costi del viaggio tramite il COA (Canadian Orientation Abroad) e I'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), si provvede a elaborare un sistema di prestito che dovrà essere progressivamente restituito un anno dopo l'arrivo del rifugiato nel territorio canadese.
Al contempo, l'Ambasciata canadese informa il gruppo, lo sponsor, della circostanza che il rifugiato è nelle condizioni di partire e che dovrà esserne preparata l'accoglienza. Come si può notare, tutte le componenti di questo processo sono accuratamente organizzate fin da quando il rapporto tra il Governo e le comunità ha inizio, fino a coprire ogni singolo aspetto ed esigenza dell'individuo che sarà trasferito.
Questo accurato modo di procedere che valuta tutti gli aspetti in una fase antecedente all'arrivo nel territorio canadese, volta ad appurare che il soggetto che viene accolto non rappresenti in alcun modo un pericolo per la sicurezza del Paese, fa sì che non appena il rifugiato arrivi in Canada possa diventare residente permanente con il godimento di tutti i diritti dei cittadini canadesi sanità, alloggio, scuola, lavoro, fatto salvo il diritto di voto. A questo punto il rifugiato insieme al gruppo di accoglienza possano concentrarsi in modo continuativo sull'integrazione tout court.
Evoluzione del modello canadese di sponsorship
Come già osservato, Ottawa ha una storia di quattro decadi in materia di sponsorship privata e non stupisce pertanto che il modello di integrazione abbia risentito del mutamento del contesto storico di riferimento e in particolare, col nuovo Millennio, della rapida evoluzione e polverizzazione delle minacce (terrorismo) alla sicurezza degli Stati. Nel corso del decennio del governo conservatore Harper (2005-2015) alcune restrizioni sono state applicate, ad esempio a partire dal 2011, con limiti alle possibilità degli sponsor di scegliere i rifugiati o con restrizioni al numero di soggetti da particolari missioni all'estero. Dal 2013, tuttavia, è stato lanciato il programma di sponsorizzazione "mista" BVOR (Blended Visa Office Referred) che contempla una più stretta collaborazione tra istituzioni pubbliche e sponsor privati, nella quale è l'UNHCR ad identificare e segnalare i rifugiati, mentre il Governo decide presso quali sponsor collocare le persone con condivisione di costi tra Governo e sponsor.
Privately-Sponsored Refugees from Coast to Coast (SOURCE: https://www.canada.ca/en/immigration-refugees-citizenship/services/refugees/40-years-psr.html)
Con il ritorno al potere dei liberali dal 2015, si è cercato di separare concettualmente i temi della radicalizzazione da quello dei rifugiati. Evidentemente la crisi in Siria ha occupato gran parte dello scenario, tanto che il Ministero dell'immigrazione si era impegnato, nel marzo 2016, al riconoscimento prima facie dei rifugiati siriani fino al settembre 2017. Questo ha comportato, come era prevedibile, un rallentamento nella gestione delle domande di rifugiati non siriani. La formula della determinazione prima facie dello status di rifugiato velocizza evidentemente la procedura. In questo periodo, lo stesso programma governativo (GAR) ha dato priorità alle famiglie definite “vulnerabili” che non costituivano di rischi di sicurezza. La stessa sponsorship privata si è mobilitata per favorire la riunificazione dei nuclei familiari (definiti ai sensi della normativa Immigration and Refugee Protection Act “fino a due adulti e bambini non adulti”) che rischiano di essere separati nel percorso dei reinsediamenti. L'esperienza delle Sponsoriship Agreement Holders indica che si è data priorità ai legami personali tra i membri delle famiglie che si trovano già sul territorio canadese e gli individui che sono dislocati altrove.
Questo “effetto eco” mostra una particolare sensibilità nell'assistenza comunitaria volta a non lasciare separati i membri di una stessa famiglia. (J Hyndman,W Payne, S Limenez, Private refugee sponsorship in Canada, Forced Migration Review, www.fmreview.org)
Appare evidente che elemento fondamentale del successo della sponsorship privata è la diretta partecipazione della società civile che offre una via privilegiata all'integrazione, più “raffinata” rispetto alle esperienze di reinsediamento di stampo puramente governativo
I benefici della Private Sponsorship
I benefici della Private Sponsorship sono molteplici: ci si focalizza sul ricongiungimento familiare, si segue un percorso che porta alla residenza permanente e alla cittadinanza, si mantiene un principio addizionale ovvero i rifugiati sono ammessi nel Paese in aggiunta alle quote nazionali. Questo inserimento a pieno nella vita delle comunità locali è stato un concetto ripreso per elaborare altre vie complementari di accesso nel quadro della mobilità economica. Si tratta di mettere da parte l'attitudine concettuale che valuta i rifugiati solo come soggetti vulnerabili necessitanti aiuto. Considerando i rifugiati come persone, con il desiderio di essere riconosciuti anche per le proprie competenze non solo per le vulnerabilità, una recente formula che seleziona i rifugiati in base al loro capitale umano pare interessante, seppure numericamente esigua.
Ad aprile 2018 un progetto di ricerca sulla mobilità economica ha identificato da 10 a 15 rifugiati qualificati con competenze nel quadro di un programma federale o provinciale in collaborazione con vari attori (HCR, RefugePoint, Talent Beyond Boundaries) e alcune province e territori (Yukon, Manitoba, Ontario, Nuova Scozia e Terranova). Le popolazioni di riferimento sono state individuate nei rifugiati urbani di Paesi come Giordania, Libano e Kenya. Si tratta di valutare gli ostacoli che incontrano i rifugiati che intendono presentare una domanda per l'immigrazione economica e i risultati di questo studio serviranno non solo all'ammissione di un piccolo numero di rifugiati, ma alimenteranno i lavori strategici sulle vie complementari di accesso ovvero costituiscono esperimenti da cui estrapolare riflessioni ed esperienza per nuove progettualità.
Tornando alla Private sponsorship e alla sua promozione, il Canada nel corso dell'Assemblea ONU 2016 ha asserito di voler esportare questo modello. Nel Dicembre 2016, infatti, il Governo, in partnership con l'UNHCR e la Open Society Foundation, ha lanciato l’iniziativa Global Refugees Sponsorship Iniziative volta alla promozione della sponsorship privata su scala globale con lo scopo di scambiare esperienze per la costruzione e sedimentazione di best practice a livello internazionale. Il progetto di Global Refugees Sponsorship Iniziative in cui il Governo si occupa sostanzialmente dell'aspetto normativo è un modello interessante che si intende promuovere nella prospettiva che possa servire da ispirazione per altri Paesi adattandolo alla realtà dei vari contesti nazionali. Agli iniziali partecipanti al forum, Canada e Regno Unito, si sono poi aggiunti altri Stati tra cui Argentina, Nuova Zelanda, Irlanda, Brasile e Italia, la cui esperienza dei Corridoi Umanitari ne fa un modello ispiratore.
Il ruolo delle medie potenze nella modernizzazione delle politiche migratorie globali
Queste interessanti soluzioni, giova ricordarlo, sono forme addizionali all'azione governativa, restando gli Stati determinanti nel sopperire agli obblighi internazionali. Emerge nondimeno un sentito desiderio della società civile di contribuire per offrire risposte strutturali e concrete ad un fenomeno che richiama un'attenzione crescente fuori dai ranghi dalla dimensione emergenziale in cui lo si costringe.
Si tratta di rispondere con innovative architetture politiche e pratiche che siano in grado di corrispondere alle necessità delle nostre società. Per questo motivo tale formula va aiutata, pur nelle stretture di una limitata capacità in relazione al numero di beneficiari coinvolti, riscoprendo come effetto secondario un valore che oggi sembra smarrito, quello dell'accoglienza.
Come scriveva nel 2009, B. Badie, “le disuguaglianze su scala mondiale hanno raggiunto livelli tali che è nelle soluzioni multilaterali, nell'integrazione e nella solidarietà sociale che si dovranno reperire gli strumenti per il contenimento della violenza”. (B. Badie, Puissant ou solidaire? Principes d'humanisme international , Bruxelles, 2009). Un decennio dopo malgrado la proclamata fine del multilateralismo come lo si conosceva nel secolo scorso, questa osservazione sembra essere ancora più pertinente.
É anche tramite iniziative plurilaterali come la Global Refugees Sponsorship Iniziative che si possono offrire modelli di coalizioni specificatamente focalizzate, con sforzi coordinati tra alcuni Paesi in grado di elucidare le priorità condivise, rendendosi reciprocamente responsabili degli impegni politici assunti. In tale prospettiva, proprio le medie potenze potrebbero contribuire nella modernizzazione del regime internazionale delle migrazioni. Particolarmente importante è che le medie potenze possano far sentire le loro preoccupazioni sul tema trasformando anche i loro dissensi in azioni concertate ad un livello che sia all'altezza della gravità delle crisi che investono attualmente il sistema internazionale.
Lo scenario dei migranti e dei rifugiati è indissociabile dal contesto globale, che è quello di un mondo che è in “mobilità” dagli anni Novanta, in un sistema divenuto inequivocabilmente interdipendente. Se le difficoltà sempre maggiori derivano dallo slittamento tra categorie di migranti e rifugiati, tra Paesi di partenza e di transito, in un momento in cui i sentimenti anti-immigrazione sono in aumento e in un mondo in cui il Sud è diventato terra di destinazione come lo è il Nord, la narrativa di legalità e di successo nell'integrazione tramite percorsi alternativi è di particolare rilevanza. La questione sarà tra i temi (divisivi) che saranno affrontati nel corso della prossima campagna elettorale in Canada. Anche in Europa il dossier resta tra le sfide maggiori all'ordine del giorno delle agende governative. E a buon ragione, poiché il dibattito sulla crisi dei migranti sembra essere diventato uno degli elementi di cristallizzazione della crisi del liberalismo.
* Analista
Cover source: https://www.canada.ca/en/immigration-refugees-citizenship/news/video/claiming-refugee-status.html