Il CETA compie due anni e fa quattro passi avanti
A due anni dall’entrata in vigore del CETA, il Direttore del Centro Studi Italia Canada interviene sul dibattitto PRO e NO CETA, ancora polarizzato in Italia su posizioni ideologiche, e evidenzia quattro importanti risultati emersi esclusivamente dai dati, che non possono essere trascurati in vista della decisione sulla ratifica.
Paolo Quattrocchi*
Sono passati due anni dal 21 settembre 2017 quando il CETA è entrato in vigore in via provvisoria.
L’aggettivo “provvisorio”, da allora correttamente usato per definire la condizione di non definitività dell’accordo, altro non voleva significare che l’accordo, in attesa della ratifica da parte dei singoli Stati che compongono l’UE, era ed è operativo in tutte le sue previsioni (eccezion fatta per quella relativa al capitolo sulla risoluzione delle controversie tra Stato e Investitore del quale pure si dirà in seguito).
Dal 21 settembre 2017, quindi, gli operatori europei e canadesi hanno potuto beneficiare delle facilitazioni previste nell’accordo.
Il Centro Studi Italia Canada è stato tra i primi e pochi sostenitori del CETA, considerato come un utile strumento per la promozione e lo sviluppo delle relazioni commerciali, e non solo, tra Italia e Canada.
In tale ottica il CSIC non può che riscontrare con favore e soddisfazione che tutto quanto sostenuto nelle proprie pagine, iniziative e convegni, ai quali a vario titolo ha partecipato anche prima dell’entrata in vigore dell’Accordo, si sta confermando corretto e vero.
Dal settembre 2017 ad oggi abbiamo assistito a quattro importanti passi in avanti compiuti dal CETA:
1 - L’export italiano verso il Canada è cresciuto.
Sin dai primi mesi dall’entrata in vigore, i dati riscontravano una costante e significativa crescita ormai attastata e verificata su livelli più che soddisfacenti, citati anche dal Il Sole 24 ore . Non staremo qui a scorrere tabelle e statistiche sulle quali magari aprire una polemica sui numeri: il solo fatto che il fronte NO CETA taccia sul punto è la prova provata che i dati sono tutti inequivocabilmente in ascesa
La soddisfazione dei nostri operatori è evidente.
Non solo si è riscontrato l’aumento dei quantitativi di prodotto esportati in Canada, ma anche la tipologia di beni è aumentata. Prodotti dell’eccellenza italiana, che prima dell’entrata in vigore del CETA non potevano essere venduti in Canada, oggi hanno libero accesso e, quel che più conta, godono di piena tutela contro le contraffazioni.
E ancora, prodotti tutelati sul territorio nazionale (europeo) e non inclusi nell’elenco dei beni che, in quanto riconosciuti dall’accordo, godono della protezione sul territorio canadese, potranno a loro volta essere riconosciuti e tutelati grazie alla possibilità offerta dalla nuova normativa canadese in materia (promulgata a seguito dell’entrata in vigore del CETA).
Come il CSIC ha già avuto modo di affermare, un accordo di libero scambio non fa miracoli: se ha successo è perché le sue previsioni hanno effettivamente messo gli operatori nella condizione di far bene e (anche) in questo caso gli operatori bene hanno fatto, riuscendo a cogliere con perizia le opportunità che venivano loro offerte.
2 – Nessun prodotto tossico è entrato in Europa.
Dai detrattori del CETA si è sempre paventato il rischio che, all’esito dell’entrata in vigore dell’accordo, la UE potesse essere invasa da prodotti canadesi più o meno tossici. Tale rischio, più volte evocato, in due anni non si è mai concretizzato e la ragione è abbastanza semplice: un accordo economico non è in grado di incidere sulla legislazione europea favorendo in qualche modo l’elusione o il superamento della stessa. Quello che nella UE è vietato, rimane vietato. Come conseguenza, se, e si sottolinea il se, esistono prodotti canadesi considerati tossici alla stregua della normativa europea, tali prodotti, oltre a non poter essere “sanati” in virtù dell’esistenza dell’accordo, mai e poi mai potranno fare ingresso nella UE.
Ciò è proprio quello che sta accadendo.
Forse qualcuno avrebbe voluto provare il piacere di poter divulgare qualche – vera e concreta – cattiva notizia: per fortuna di tutti, ciò non è accaduto e l’augurio è che mai accada, perché ciò significherà che i controlli della UE sono ben svolti.
3 – Sul Sistema di Risoluzione delle Controversie si è pronunciata la Corte di Giustizia.
Come poc’anzi accennato, l’unico capitolo del CETA non ancora esecutivo è quello relativo alla risoluzione delle controversie tra Stato e investitore.
L’argomento era stato (e rimane) molto discusso e considerato uno dei vulnus del CETA, nonché cavallo di battaglia dei NO CETA. Si era da più parti sostenuto che la possibilità di dirimere tali controversie ad un organo terzo rispetto a quelli previsti dalle giurisdizioni nazionali o UE rappresentasse una grave limitazione della potestà degli Stati, tenuto conto anche della, asserita, natura esclusivamente privatistica dell’organo di giurisdizione previsto dal CETA e delle regole di procedura ivi contenute, che non avrebbero garantito la imparzialità dei giudici e la parità di trattamento.
Su ricorso del Belgio, allo scopo di dirimere ogni dubbio sulla compatibilità o meno del capitolo “risoluzione delle controversie Stato – Investitore”, della questione è stata investita la Corte di Giustizia.
Con un parere pubblicato nella primavera di quest’anno, la Corte ha stabilito la compatibilità de CETA con il diritto dell’Unione, sia con riferimento alla sfera di competenza dell’organo giurisdizionale interno previsto dal CETA (in quanto non idoneo a incidere sull’ordinamento giuridico dell’Unione):
sia con riguardo alla compatibilità della procedura prevista nel CETA, con il principio generale della parità di trattamento; sia per quanto attiene alla compatibilità della procedura di risoluzione delle controversie con il diritto di accesso ad un giudice indipendente.
In conclusione, la Corte afferma che il meccanismo di formazione dell’organo giurisdizionale previsto nell’accordo contiene garanzie sufficienti per assicurare l’indipendenza dei membri che compongono il medesimo organo.
Anche questa pronuncia non avrà fatto piacere ad alcuni, ma sta di fatto che questo è stato l’opinione espressa dalla Corte Europea di Giustizia.
4 – L’Assemblea Nazionale francese ha ratificato il CETA.
La ratifica, che dovrà passare ora al vaglio del Senato, è stata approvata, non senza opposizioni. Con la Francia sono 13 i Paesi europei che hanno ratificato.
È fin troppo evidente constatare come l’opposizione al CETA sia per gran parte un fatto squisitamente ideologico non basato su dati concreti. Sostenere che il CETA penalizzi le aziende italiane e il made in Italy è un’affermazione semplicemente sbagliata, contraddetta dai fatti e dai dati: nessun comparto ha subito danni, anzi si registra una crescita generalizzata dell’export. Come il CSIC ha già più volte sostenuto, è proprio per colpa dei detrattori del CETA se l’accordo non ha ancora fatto registrare un più vasto successo: l’assenza di una adeguata promozione e formazione degli operatori italiani ha senz’altro penalizzato il raggiungimento di risultati che, malgrado la forte opposizione e l’assenza di supporto, comunque si sono registrati.
In conclusione, a due anni dall’entrata in vigore, il CETA, in sordina, va avanti con successo, a dispetto di coloro che, paradossalmente, avrebbero voluto poter constatare risultati diversi e negativi proprio per quegli imprenditori e consumatori che dichiarano di voler proteggere.
*Partner NCTM Studio Legale,
Direttore del Centro Studi Italia Canada
e Vice-Presidente della
Camera di Commercio Italia - Canada Occidentale