Italia e Canada e strategie per l'Idrogeno verde: a che punto siamo?
Una tavola rotonda, tenuta lo scorso 21 luglio, ha riunito alcuni tra gli stakeholder del settore energia di Italia e Canada e fatto emergere ambiziosi piani per il futuro energetico green dei due Paesi. Proseguire il dialogo, rafforzando la collaborazione congiunta tra Stati, è senz'altro di supporto a una transizione energetica non più rimandabile.
Matteo Guidobaldi*
Il 21 luglio 2021 il Centro Studi Italia-Canada in collaborazione con l'Ambasciata del Canada in Italia, l’Italian International Chamber of Commerce (ICC) e lo studio legale ADVANT Nctm ha organizzato la tavola rotonda tra Canada e Italia “Best Practices & Technology Challenges for Early Implementation of Hydrogen Strategies”, per dialogare sulle rispettive strategie nazionali per l’idrogeno e le prospettive in termini di sostenibilità e transizione energetica green.
Le strategie nazionali di Italia e Canada per la transizione energetica
Canada e Italia collaborano nel settore energetico nell’ambito delle organizzazioni internazionali di cui fanno parte e, in occasione del G7 Energia di Roma del 2014, hanno firmato una Dichiarazione Congiunta.
L’incontro è stato inserito nell’ambito del G20 Climate and Energy Joint Ministerial Session al quale partecipa il Canada e di cui l’Italia detiene la Presidenza.
La prima parte dell’evento è stato dedicato ad illustrare i reciproci impegni energetici per una transizione green.
Italia e Canada verso una crescita economica post Covid-19 sostenibile e duratura
S.E. Alexandra Bugailiskis, Ambasciatrice del Canada in Italia
Ad aprire i lavori sono stati i saluti del Direttore del Centro Studi Italia Canada, Paolo Quattrocchi, che hanno introdotto l’ambasciatrice Alexandra Bugailiskis.
La rappresentante canadese in Italia si è detta fiduciosa della possibile partnership energetica con l’Italia e della crescita economica dei due paesi nel prossimo futuro.
Il Canada sta lavorando alla ripresa post Covid-19 con un piano di emergenza varato dal Governo a supporto dei lavoratori e delle imprese, con importanti investimenti anche nel settore tecnologico e nell’innovazione.
L’Italia, ha sottolineato l’ambasciatrice Bugailiskis, con i circa 200 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha l’opportunità di “build back better and greener”. La citazione del titolo del piano Biden per la ripresa post-pandemica targata USA ha ben espresso la fiducia dell’ambasciatrice in una ripresa economica italiana efficace e duratura, ma anche più sostenibile.
L’ambasciatrice ha poi ricordato gli impegni comuni in tal senso, come raggiungere le zero emissioni entro il 2050. Il Canada passerà rapidamente dalle parole ai fatti introducendo una Carbon Tax che nel 2030 sarà tra le più alte al mondo. Nel piano di investimenti per difendere l’ambiente, si prevede un ruolo di primo piano per l’idrogeno green, elemento ritenuto fondamentale per l’obiettivo canadese e mondiale di arrivare a zero emissioni entro il 2050.
Anche l’Italia, protagonista nei preparativi della COP26, è impegnata, attraverso il PNRR, nella lotta al cambiamento climatico con più di 70 miliardi di investimenti mirati in tale direzione.
Idrogeno green: promuovere la transizione energetica con iniziative condivise e soluzioni globali
Aaron Hoskin, Senior Manager intergovernmental initiatives, Natural Resources Canada
Aaron Hoskin, Senior Manager intergovernmental initiatives di Natural Resources Canada, ha illustrato nel dettaglio la “hydrogen strategy for Canada”: la creazione in tempi rapidi di un’offerta di idrogeno tale da poterla distribuire ed esportare in tutto il mondo, favorita dalla posizione geografica canadese, commercialmente strategica.
L’idrogeno ha sempre rappresentato una grandissima opportunità economica per il Canada, che le aziende locali hanno saputo cogliere al volo. Il primo brevetto per la produzione a larga scala risale al 1915 e per oltre quarant’anni le imprese canadesi sono state all’avanguardia nella produzione di celle a combustione.
È grazie agli investimenti governativi sulla ricerca e sulla produzione che oggi il Canada può contare su di un settore energetico ben strutturato e competitivo che dà lavoro ad oltre 900 mila persone, di cui molti tecnici specializzati.
Hoskin ha citato l’importanza delle consultazioni con tutte le parti interessate avvenuta per l’elaborazione del piano strategico presentato a dicembre 2020: il governo (a tutti i suoi livelli), le aziende (di tutta la catena produttiva) e tutti i cittadini (incluse le organizzazioni indigene) hanno partecipato alla realizzazione del piano.
L’adozione dell’idrogeno green rappresenta una grande occasione per tutte e dieci le province canadesi, non solo in termini ambientali, ma anche economici.
Se l’idrogeno green arrivasse al 30% del mix energetico entro il 2050, comporterebbe una riduzione di 190 Mt di emissioni CO2 entro il 2050, grazie soprattutto all’impatto della transizione energetica sui settori dell’industria pesante (miniere, acciaio, manifatturiero, petrolio e gas).
Inoltre, si creerebbero 350 mila posti di lavoro in più nel settore, più di 50 miliardi di entrate nazionali, altri 50 miliardi in export nel mercato mondiale, più di 5 milioni di veicoli FCE e una rete di rifornimento in tutto il Paese.
Per ottenere tutto questo bisogna, tuttavia, affrontare ancora diverse sfide.
In primis, esistono alcune sfide economiche legate agli alti costi iniziali per avviare il processo e all’avversione al rischio da parte degli investitori verso le nuove tecnologie.
In secundis, ci si trova davanti a sfide politiche, relative ai quadri normativi, regolamenti e standard che vanno aggiornati e adattati alle esigenze della nuova tecnologia per accelerarne l’ingresso nel mercato.
Inoltre, la mancanza di consapevolezza da parte della società civile sulle opportunità e sulla sicurezza dell’idrogeno ne impedisce ulteriormente l’adozione.
Hoskin ha poi fatto riferimento agli investimenti previsti per il 2021 dal governo canadese per il settore energetico green e il suo sviluppo. A questo scopo è stato istituito il Fondo Clean Fuel di 1.5 miliardi a supporto della produzione di energie pulite (tra cui l’idrogeno) e sono state introdotte nuove misure di tassazione rispetto alle emissioni. Nella stessa direzione vanno alcune politiche complementari come il Carbon Pricing, che prevede una tassa di 170 dollari ogni tonnellata di CO2 emessa dal 2030 in poi e l’obiettivo vincolante che tutte le nuove vendite di veicoli commerciali leggeri per passeggeri o trasporto merci dovranno essere a zero emissioni entro il 2035.
Affinché il piano strategico abbia un futuro a livello internazionale, il Canada ha inoltre avviato una serie di iniziative con gli altri paesi, tra cui l’“Hydrogen Initiative” di cui l’Italia è uno dei membri fondatori.
Il Canada è pronto alla transizione nel segno dell’energia a idrogeno
Mark Kirby, President & CEO of the Canadian Fuel Cell & Hydrogen Association
A rappresentare il Canada dal punto di vista aziendale è stato Mark Kirby, presidente e CEO dell’Associazione Canadese Fuel Cell & Hydrogen (CHFCA).
L’Associazione è impegnata a promuovere l’iniziativa a favore dell’idrogeno green. I tempi sarebbero maturi per un’accelerazione in questo senso considerando alcuni progressi chiave negli ultimi decenni.
Il primo grande progresso è rappresentato dalla possibilità di produrre idrogeno green a basso costo, vista la diminuzione dei costi di alimentazione e dell’elettrolizzatore e grazie ai progressi nel campo delle tecnologie di cattura del carbonio e di stoccaggio.
Il secondo consiste nella messa in commercio dei veicoli elettrici a celle a combustibile e ai perfezionamenti nel campo delle batterie, del motore elettrico e della frenata a recupero che hanno convinto e spinto i consumatori a investire rapidamente sui prodotti del settore.
L’ultimo progresso da citare riguarda, chiaramente, le politiche: gli impegni di net zero, tassare le emissioni di carbonio, gli standard relativi a combustibili puliti, le disposizioni riguardanti le zero emissioni.
Tutte queste decisioni ci avvicinano all’adozione dell’idrogeno green in molti settori: dai processi produttivi industriali, al riscaldamento, alla combustione, dalla generazione di energia allo stoccaggio e, infine, al trasporto.
Nel campo industriale, la svolta green può comportare una diminuzione progressiva dell’utilizzo del carbone e dell’idrogeno “grigio”. L’idrogeno può rappresentare un’alternativa molto valida nel breve periodo al gas naturale e nel lungo periodo all’elettrificazione. Può integrare inoltre la generazione di energia pulita, fornendo maggiori risorse alla sua rete di produzione. Infine, può affiancare le batterie nella competizione al diesel e alla benzina in termini di performance efficace in tutte le sue applicazioni (su strada, fuori strada, marittimo, ferrovia ecc.) Kirby ha sottolineato che l’idrogeno e le batterie ci possono permettere di abbandonare definitivamente i motori a scoppio.
CHFCA in quanto associazione nazionale, supporta i suoi membri nello sviluppo dei loro progetti e collabora con i partner governativi per portare avanti le loro istanze, per far sì che le applicazioni dell’energia a idrogeno abbiano riscontri pratici.
Tra i progetti e le attività che sono state presentate, il più impattante, è sicuramente il Progetto Heartland Hydrogen Hub, che consiste nel raggruppare una serie di applicazioni (industria, trasporti, miscela con gas naturale, export) in una sola fornitura comune. Nella provincia dell’Alberta è già presente un gasdotto storico per idrogeno che verrà esteso e convertito all’utilizzo dell’idrogeno green: si stima che potrebbe diventare uno degli hub più grandi del settore.
Mentre il più grande progetto riguardante la trasformazione industriale è quello in collaborazione con Shell, il Large Scale Clean Hydrogen Shell Quest Project, in Alberta: a fronte di un investimento di circa 1.3 miliardi per la struttura per la produzione più grande mai vista si produrranno all’incirca 1.2 milioni di tonnellate all’anno di idrogeno green.
Nel settore dei veicoli commerciali leggeri FCE, è disponibile un’ampia offerta per i consumatori che chiedono veicoli più grandi, con un’autonomia più estesa, con rifornimento rapido e performance non compromesse dalle temperature rigide. Hyundai e Toyota sono coinvolte nella creazione di una flotta di veicoli (60 sono già in circolazione) e stanno studiando applicazioni possibili anche per i taxi e le macchine a noleggio.
Inoltre, il governo canadese, ha disposto obblighi federali per veicoli a zero emissioni che devono raggiungere il 10% di vendite all’anno fino al 2025, il 30% nel 2030 e il 100% entro il 2035.
Infine, per quanto concerne le stazioni di rifornimento: 7 sono già operative o in costruzione in British Columbia e 10 in attesa di approvazione; una operativa e due in attesa anche in Quebec e Ontario. A livello progettuale, è da segnalare il British Columbia Retail Fueling Station Project, dal valore di 100 mln $ per una distribuzione di oltre 20 stazioni nella regione in partnership con HTEC, Shell, UBC.
La strategia canadese per l’idrogeno green appare, quindi, ben definita e calendarizzata sia a livello governativo che aziendale.
L’impegno dell’Italia per lo sviluppo dell’idrogeno green
Mariano Grillo, Direttore Generale per le Infrastrutture e la Sicurezza dei sistemi energetici e geominerari, Ministero della Transizione Ecologica
Come portavoce delle istituzioni italiane è intervenuto Mariano Grillo, direttore generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari al MITE. Dal suo intervento è emerso come l’Italia sia impegnata da oltre un decennio sulla tematica dell’idrogeno. Le sfide che ci attendono nei prossimi anni sono relative alla modifica delle norme di legge per agevolare i procedimenti autorizzativi relativi all’idrogeno e all’attivazione e all’utilizzo delle risorse finanziarie disposte dall’Unione europea e dal governo italiano.
Nel PNRR è previsto un fondo per l’idrogeno di circa tre miliardi e mezzo e sono previsti progetti orientati a 6 settori:
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creazione di una Hydrogen Valley, utilizzando zone dismesse sul territorio per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione dell’idrogeno;
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introduzione dell’idrogeno green nell’industria pesante;
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sviluppo dell’idrogeno nella mobilità stradale, creando una rete nazionale di stazioni di rifornimento dedicato al trasporto pesante e al pubblico locale;
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sviluppo di una mobilità a idrogeno nel settore ferroviario, sostituendo così i treni a diesel;
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investimento nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie sull’idrogeno;
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sviluppo di filiere industriali per mettere su degli impianti di elettrolizzatori che servono alla produzione dell’idrogeno verde e tutta la strumentazione necessaria.
Grillo ha concluso il suo intervento dicendosi fiducioso che la costante riduzione dei costi delle energie rinnovabili e lo sviluppo tecnologico aiuteranno l’ascesa dell’idrogeno green nelle attività produttive del Bel Paese.
Rimuovere le barriere per promuovere la de-carbonizzazione in Italia
Luigi Crema, Vice President, H2IT, Italian Hydrogen &Fuel Cell Association
Di supporto all’azione governativa italiana, sicuramente è il lavoro svolto da H2IT, l’associazione italiana Idrogeno e Celle a combustione che raccoglie la voce dell’industria e dei centri di ricerca italiani coinvolti nella catena di produzione dell’idrogeno. Il suo vicepresidente, Luigi Crema, ha spiegato quali sono le missioni della sua associazione:
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creare le condizioni politiche e normative ideali per lo sviluppo di applicazioni fisse e della mobilità elettrica a idrogeno;
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promuovere lo sviluppo dell’idrogeno grazie alla partecipazione dell’industria;
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coinvolgere la Pubblica Amministrazione e altre entità locali per incoraggiarle a investire sulla bontà degli usi finali dell’idrogeno.
Per quanto riguarda le attività di H2IT, c’è da evidenziare il lavoro di consulenza svolto a supporto del governo italiano: dalla trascrizione italiana, nel 2016, della direttiva Ue 2014/94 sullo sviluppo di un settore legato a combustibili alternativi fino al Report sugli Strumenti a supporto del settore idrogeno fase 1 dopo la pubblicazione nel 2020 da parte del MISE delle “Linee guida preliminari per una strategia italiana per l’idrogeno”.
Nel documento ministeriale vengono elencate quattro priorità per la de-carbonizzazione, ad esempio, per il trasporto pesante, responsabile del 10-15% delle emissioni. I n vista delle restrizioni per il 2030 e il 2050, l’obiettivo è quello di avere nel 2030 nel traffico il 2% di autotrasportatori a celle a combustione (circa 4000).
Le linee guida prevedono, inoltre, investimenti di 10 miliardi in 10 anni di cui 5-7 per la produzione, 2-3 per la distribuzione e 1 per la ricerca e lo sviluppo. L’auspicio è generare un aumento degli investimenti sulle infrastrutture del gas, 8 mTon di CO2 risparmiate entro il 2030, 27 mld aggiuntivi per il PIL (con progetti a durata di 20 anni) e infine 200 mila posti di lavoro creati nei prossimi 10 anni.
Il Report di H2IT sugli Strumenti a supporto del settore idrogeno fase 1, che si basa sul documento ministeriale appena descritto, è uno studio focalizzato sull’identificazione di barriere legislative economiche o regolatorie lungo tutta la catena dalla produzione all’uso finale e sullo sviluppo di proposte ed identificazione degli interventi prioritari.
Tra le priorità, le più importanti sono quelle di definire:
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il ruolo strategico dell’idrogeno nel medio-lungo periodo nel contesto italiano;
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un quadro legislativo e tecnico-regolativo chiaro;
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una certificazione delle rinnovabili e dell’idrogeno a basse emissioni;
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la promozione della ricerca e della innovazione lungo tutta la catena;
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lo sviluppo di un’infrastruttura di ricarica per la mobilità;
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una collaborazione strategica ai progetti Hydrogen Valleys;
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infine, promuovere l’accettazione sociale dell’idrogeno come risorsa.
Le sfide tecnologiche: il punto di vista delle imprese
Le relazioni sulle strategie nazionali di Italia e Canada sull’idrogeno hanno occupato la prima parte della tavola rotonda.
Si è poi passati alla discussione sulle sfide tecnologiche e di attuazione del passaggio dall’utilizzo dell’idrogeno “grey” a quello pulito o “green” dal punto di vista aziendale.
Bonatti, Enel, Eni e Saipem hanno portato il punto di vista di imprese impegnate da decenni in tutto il mondo e in Canada in attività e progetti in ambito energetico.
Da Bonatti, Enel ed ENI, presenti all’evento, è emersa la necessità di standard e regolamentazioni comuni all’interno del settore come prerequisito minimo all’attuazione della transizione.
I tre interlocutori dell’industria energetica lavorano da tempo con l’idrogeno nelle raffinerie di petrolio e gas, in Italia e nel mondo.
Bonatti, in quanto plant integrator, genera partnership con i provider di elettrolizzatori e poi assume il compito di integrare tutti i passaggi della catena: dalla produzione elettrica da fonti rinnovabili, al gasdotto.
Mentre la strategia generale di Enel, la più grande società di servizi pubblici al mondo, consiste nella de-carbonizzazione di tutti gli usi energetici finali e si propone di farlo attraverso l’elettrificazione offerta dall’energia rinnovabile.
Filippo Bartoloni, Head of Hydrogen Projects Development di Enel, ha precisato: “sappiamo che non si può de-carbonizzare al 100% (…) solo con l’elettrificazione (…) per alcuni settori, è necessario l’idrogeno, come per le raffinerie e l’industria pesante (…) non crediamo nell’utilizzo di nessun tipo di idrogeno, a meno che non sia quello green di cui stiamo parlando” .
Enel oggi è al lavoro su alcuni progetti che includono l’idrogeno green, tuttavia, i costi altissimi per la loro realizzazione lasciano intendere che ad oggi il green non è ancora competitivo con quello a base di combustibili fossili: per questo motivo è necessario che le istituzioni investano più risorse possibili in innovazione per aumentare, ad esempio, l’efficienza degli elettrolizzatori.
Sullo stesso avviso si è espresso anche Matteo Boccazzi, Head of Energy Evolution Integrated Initiatives di ENI: “Ad oggi, la diffusione della tecnologia CCUS per la produzione di idrogeno blue rappresenta la soluzione più economica per la de-carbonizzazione, ma sappiamo che nel medio-lungo periodo il costo dell’idrogeno green precipiterà (…) tuttavia, in questa prima fase di de-carbonizzazione, possiamo dire che la produzione dell’idrogeno blu e green è più costosa di quella grey convenzionale”.
Ciò nonostante, Eni è al lavoro su alcuni progetti per la mobilità green, tra cui, ad esempio, la progettazione di due stazioni di rifornimento, una a San Donato Milanese e un’altra a Venezia, col fine di dimostrare la possibilità di utilizzare l’idrogeno per uso quotidiano.
Ivano Miracca, Technology Manager di Saipem, epc contractor nel settore petrolifero e del gas naturale, nel suo intervento ha ribadito l’importanza di una standardizzazione e ha spiegato la metodologia SUISO della sua azienda, per la produzione di idrogeno green da fonti rinnovabili.
In questo senso si colloca uno dei progetti che Saipem sta sviluppando in Italia: il progetto Agnes per la produzione off-shore dell’idrogeno green su di una piattaforma dismessa sul Mare Adriatico con elettricità derivante da energia eolica e solare, un’ottima occasione per testare la metodologia SUISO.
La discussione è stata arricchita dall’intervento di Loop Energy, azienda di Vancouver che progetta, da oltre vent’anni, le celle a combustione, la tecnologia innovativa alla base di molti dei processi produttivi di idrogeno green.
Un business sviluppato in Canada e che ora sta esportando in Europa, specialmente in Italia dove Loop Energy sta creando una rete di aziende con cui collaborare per rendere il progetto idrogeno una realtà.
Luigi Fusi, Director Sales europeo di Loop Energy ha lanciato un appello all’Europa: “se il processo produttivo non è efficiente, non ci sarà nessun incentivo a utilizzare con costanza l’idrogeno in futuro. (…) L’Europa è davanti alla possibilità di non ripetere gli stessi errori commessi in passato sull’energie rinnovabili e gli raccomandiamo di pensare a una strategia europea unica per l’idrogeno”.
Tra le realtà canadesi presenti si segnala anche XEBEX, un’azienda che dal 2018 ha una sede anche in Italia, che guarda al mercato dei piccoli utilizzatori e produce l’idrogeno green dal biogas, non utilizza gli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno green.
SBI Bionergy ha un’unità che si occupa di produrre idrogeno green ricavandolo dall’acqua e dal metanolo, un metodo che consente di superare molti ostacoli all’adozione dell’idrogeno: una produzione più basso costo e una distribuzione più sicura, che utilizza infrastrutture che già esistono (gasdotti) e che hanno la capacità di eliminare la CO2.
“Con questo processo – ha spiegato Jag Singh, Business Development Manager – si può estrarre fino a cinque volte la quantità dell’idrogeno compresso e due volte di quello liquido”.
In conclusione, la tavola rotonda ha avuto il merito di agevolare il dialogo tra Italia e Canada per lo scambio di best practice e know how. Ha inoltre creato le condizioni per il rafforzamento della collaborazione nel campo dell’energia pulita, nell’ambito delle reciproche strategie nazionali, molto ambiziose e con un’agenda piena di obiettivi importanti per il prossimo futuro.
Uno scambio di competenze e best practice che appare particolarmente vantaggioso per l’Italia: il Canada, infatti, sembra essere più attrezzato e preparato alla transizione energetica che ci sta imponendo la crisi climatica; mentre l’Italia deve ancora lavorare molto sul fronte delle politiche per agevolare l’applicazione dell’idrogeno green se vuole centrare gli obiettivi del 2030 e del 2050.
In questo contesto, l’impegno e il supporto delle imprese italiane del settore energetico uniti alla cooperazione internazionale con Paesi tecnologicamente avanzati come il Canada promossa da incontri come questi, possono contribuire a ridurre il ritardo di sviluppo in questo settore dell’Italia, far sì che il Paese possa recuperare terreno sul tema delle energie rinnovabili e sfruttare al più presto le opportunità economiche e ambientali, derivanti dall’adozione dell’idrogeno green.
*Stagista del Centro Studi Italia-Canada,
Studente di Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre
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