Guida alle elezioni federali in Canada: i candidati, le questioni fondamentali, il bilancio su Trudeau
A pochi giorni dalle elezioni canadesi, facciamo il punto sulla campagna elettorale in Canada. Per i Liberali, le elezioni del 21 ottobre sono anche un referendum sull’operato del Primo Ministro uscente. Per i Conservatori vincere significherebbe riaffermare una propria rilevanza. Ma i sondaggi danno i due principali contendenti al testa a testa e i partiti minori potrebbero risultare determinanti.
Laura Borzi
Il 21 ottobre i canadesi si recheranno alle urne per decidere se conferire all’attuale primo ministro Justin Trudeau e al suo Partito liberale un nuovo mandato o dare la possibilità ai Conservatori di Andrew Scheer di definire l’orientamento del paese per i prossimi quattro anni.
A pochi giorni dal voto, i sondaggi danno un testa a testa tra i due partiti, con i Liberali al 32,4% e i Conservatori al 31.7%. Fare affidamento sui sondaggi è certo esercizio incauto, che rischia di essere smentito dai risultati, ma è certamente possibile delineare alcune tendenze.
In base alle intenzioni di voto, il cui andamento non ha subito grandi variazioni dall’inizio della campagna elettorale, nessuno dei due contendenti principali ha i numeri per un governo di maggioranza e è proprio in questo senso che i partiti minori potrebbero risultare determinanti per la formazione del Governo.
In Canada, del resto, le elezioni sono particolarmente imprevedibili per vari ordini di motivi.
- Intanto, a differenza di quanto può succedere altrove, ad esempio nei vicini Stati Uniti, almeno metà dell’elettorato non è schierato a priori e dunque è disposto a cambiare idea nel corso della campagna elettorale.
- In secondo luogo, la vastità del territorio e delle sue specificità fanno sì che le intenzioni di voto su scala federale possano non riflettere in modo speculare quello che accade a livello regionale. I partiti provinciali e federali, anche se hanno lo stesso nome, costituiscono entità distinte, pertanto il sostegno reciproco non è scontato, anche se ovviamente è facile che si verifichi
I cittadini possono bilanciare un voto a livello provinciale con una scelta differente a livello federale, sono cioè molto attenti alle questioni locali per cui il dibattito è orientato, motivato e stratificato.
Gli spostamenti delle preferenze variano anche con le diverse esigenze che si avvertono tra campagna e grandi agglomerati urbani, e ancora tra zone industriali, residenziali e periferie. Per tale motivo i canadesi sono particolarmente attenti ai dibattiti elettorali.
I DIBATTITI ELETTORALI
I dibattiti sono stati regolati in Canada da una Commissione ad hoc istituita proprio dal governo Trudeau lo scorso anno, per rendere tali confronti uno strumento utile di formazione dell’opinione pubblica e stabilità cui fare riferimento nelle campagne elettorali del presente e del futuro.
Per la partecipazione ai dibattiti ufficiali i leader devono rispondere almeno a due criteri tra i seguenti:
1) il partito deve avere almeno un membro in Parlamento eletto;
2) il partito deve avere candidati in almeno il 90 % delle circoscrizioni;
3) il partito deve avere ottenuto almeno il 4% dei voti nelle elezioni precedenti o avere una “possibilità legittima di ottenere seggi”.
In questo modo si è creata una partnership tra vari media che ha gestito i due dibattiti elettorali che hanno avuto luogo il 7 e 10 ottobre:
- Il dibattito in lingua inglese è avvenuto sui temi: sicurezza economica leadership nazionale e internazionale, questioni indigene, polarizzazione diritti umani e immigrazione, ambiente ed energia.
- Il dibattito in francese ha avuto in discussione: ambiente ed energia, economia e finanza pubblica, politica estera e immigrazione, identità, governance ed etica, servizi ai cittadini.
I due eventi, di cui è stato previsto un successivo rapporto al Parlamento per migliorarne le eventuali criticità in vista delle future consultazioni elettorali, non hanno precluso la possibilità che vi fossero altri dibattiti. Ci sono stati due incontri: il 12 Settembre a Toronto, a cui Trudeau non ha partecipato e quello del primo di ottobre ospitato da Mclean’s and Citytv.
Il dibattito sulla politica estera (dibattito di Munk) è stato annullato per la mancata adesione del PM.
Trudeau ha ricevuto molte critiche in proposito e se la sua assenza il 12 settembre può essere intesa come una scelta di cautela strategica elettorale volta a non esporre troppo presto il Premier uscente alle critiche altrui, la cancellazione del dibattito sulla politica estera è stato visto come un sottrarsi alla verifica su un dossier certamente complesso, ma che inciderà nell’orientamento del Paese nei prossimi quattro anni al pari della politica interna.
The Federal Election Leaders English-language debate at the Canadian Museum of History in Gatineau
Source: CBC News
I PROTAGONISTI DELLA CAMPAGNA ELETTORALE
La battaglia elettorale canadese è un affare che riguarda sostanzialmente Trudeau Vs Scheer.
Andrew Scheer, lo sfidante, non godeva della notorietà del PM, anzi era relativamente sconosciuto in quanto eletto leader solo nel 2017. Il suo partito ha però una base elettorale già solida, intorno al 25%, mentre quella liberale si attesta sul 22%. I liberali hanno comunque maggiori probabilità di attrarre voti, specialmente in un bacino che si colloca al centro dello schieramento politico.
- Il NDP (New Democatic Party) è al 15% nei sondaggi. Il leader Jagmeet Singh, avvocato dell’Ontario che ha assunto la leadership di questo partito di sinistra due anni fa, ha avuto una certa difficoltà a raccogliere fondi, 1/3 del suo caucus ha deciso di non candidarsi di nuovo e il partito ha annunciato con lentezza la lista dei candidati. Tuttavia, nel corso della campagna elettorale, è apparso assai vivace e quindi potrebbe smentire le iniziali previsioni di alcuni osservatori secondo cui il partito perderà una significativa parte dei 44 seggi.
- Il Green Party, che ha ottenuto il suo primo seggio nel 2011, è dato al 9,9%, ma il suo consenso, fondamentalmente a spese del NDP, è in aumento. La leader dei verdi, Elizabeth May, è alla sua quarta tornata elettorale e la sua grande battaglia è il cambiamento climatico. Il partito cerca di posizionarsi leggermente fuori dello spettro politico, puntando a coloro che sono disposti a correre rischi.
Green Party, NDP e liberali sono partiti di centro sinistra e pertanto possono trovare una piattaforma nel tentativo di bloccare l’avanzata dei conservatori. Naturalmente il loro peso in termini di seggi potrà influenzare molto le politiche del Governo che sarà eletto.
Altre due formazioni che hanno partecipato ai dibattiti sono:
- Il partito nazionalista Bloc Québecois è stato fondato nel 1991 dopo il fallimento degli accordi di Meech Lac, una serie di emendamenti alla costituzione che dovevano “sanare” il separatismo della provincia francofona dell’est. La formazione era stata il maggior partito del Québec nel corso delle elezioni federali, ridotto a 4 seggi nel 2011 e si è attestato a 10 nel 2015. Il leader, Yves François Blanchet, è un ex esponente del Parti Québécois (separatista) e nel corso delle ultime settimane ha aumentato i consensi (6,1%) a danno dei liberali, ma anche dei conservatori, e infatti entrambi lo hanno attaccato. I primi asseriscono che un partito regionale non saprà gestire le questioni federali, come il cambiamento climatico, i secondi lo accusano di mettere a repentaglio l’unità nazionale.
- Con l’ondata dei populismi di destra che si è manifestata sia negli USA che in Europa, questa elezione vedrà la presenza a livello nazionale del partito del popolo, una scheggia di destra guidata dall’ex Ministro conservatore Maxime Bernier, che fin dall’inizio (la formazione è del 2018) si è opposto all’immigrazione, alle politiche multiculturali e mantiene una posizione di “negazionismo” dell’urgenza di una questione climatica globale. Il People’s Party si attesta al momento al 2,8%.
Questo dato indica che anche in Canada si è assistito polarizzazione delle posizioni politiche. In realtà la via canadese al populismo trova alcuni ostacoli nel fatto che fondamentalmente non cessa la fiducia canadese nella buona salute delle istituzioni. In altri termini, il concetto populista europeo e americano di un’elite corrotta e globale che attacca i valori di una cultura originaria non può riprodursi in Canada.
Al contrario qui l’elite politica intellettuale e degli affari è positivamente influente o almeno non denigrata come altrove. Non c’è in altri termini l’idea di un popolo puro e sfruttato, anche perché storicamente più culture si sono confrontate e scontrate per il controllo del paese. Probabilmente sono più le considerazioni di opportunismo che quelle di populismo ad aver portato Bernier, arrivato secondo nella corsa alla leadership del Partito Conservatore, alla fondazione di un nuovo soggetto politico, con l’auspicio cioè di capitalizzare l’ascesa mondiale del populismo.
I beneficiari di un voto populista potrebbero essere i verdi che inciderebbero in questo modo sullo scenario politico canadese. I successi elettorali ottenuti a livello provinciale hanno favorito la spinta in questa campagna elettorale. Alcuni sondaggi indicano che il favore verso il Green Party non è solo da parte dei delusi dai liberali, che avrebbero affrontato le questioni ambientali con poca determinazione, ma anche da frange del NDP e del Partito conservatore, come se appunto il Green Party fosse l’opzione preferibile per coloro che risultano delusi dalla politica tradizionale.
JUSTIN TRUDEAU: IL PRIMO MANDATO TRA CRITICITÀ E SUCCESSI
Questa tornata elettorale in Canada è stata presentata da vari osservatori come una sorta di referendum sulla leadership Trudeau e una valutazione dei risultati ottenuti nel corso del precedente mandato.
Nelle consultazioni del 2015 i liberali ottennero alla Camera dei comuni 184 seggi con il 39,5 % dei voti popolari, dopo l’umiliante sconfitta del 2011. Nel 2015 il partito liberale trionfò in tutta la parte orientale del paese, riprendendo consensi in Québec e in British Columbia, e ottenendo 2 seggi nella roccaforte conservatrice di Calgary. I conservatori ottennero invece 99 seggi (da 166) e si chiuse in questo modo il decennio Stephen Harper.
Stavolta il PM uscente non si presenta come nel 2015 con l’aureola della novità contro un uomo del passato, ma propone i risultati della piattaforma del primo mandato. Trudeau ha quindi semmai la necessità di continuare il percorso iniziato “stay the course”.
In quattro anni gran parte del lustro e dell’entusiasmo di cui godeva sono andati perduti.
Il figlio di Pierre Trudeau, PM dal 1968-79 e 80-84, “uno dei più notevoli politici canadesi del XX secolo” (Bruti Liberati, Storia del Canada,2018), nell’estate 2015, prima della scorsa tornata elettorale, era al terzo posto nei sondaggi, sufficiente per assicurargli una robusta vittoria e una solida maggioranza. Ora risente, come è naturale, degli effetti della politica reale, quando si passa cioè dall’enunciazione del programma alla sua implementazione.
Inoltre, nell’ultimo biennio, alcune questioni hanno offuscato il suo operato, che ha cominciato ad essere sempre più oggetto di un serrato scrutinio da parte dell’opposizione.
- Nel 2017 Justin Trudeau è stato ritenuto colpevole di avere infranto l’etica federale (Conflict of interest Act) avendo accettato, l’anno precedente, una vacanza offerta dell’Aga Kan filantropo e leader spirituale.
- Sempre nel 2016, un discusso viaggio in India, con pochi risultati sul lato degli affari e con l’invito agli eventi ufficiali rivolto ad un leader separatista Sikh, ha provocato un’accesa controversia in patria.
- Poi è arrivato l’affare SNC Lavalin, una crisi relativa al presunto tentativo da parte del Gabinetto di interferenza politica con il sistema giudiziario, ovvero la asserita pressione su di un ex avvocato generale per risolvere un caso di corruzione e frode contro la società in questione, un gigante delle costruzioni del paese, tradizionalmente vicina al Partito Liberale . La crisi è diventata di dominio pubblico a febbraio 2019, quando è apparsa sul The Globe and Mail ed è costata al governo due dimissioni (Butts primo segretario di Trudeau e il Ministro Jane Philippot) e un rimpasto in merito all’incarico dell’ex Avvocato Generale Wilson Raybould che poi ha lasciato il partito e corre in questa tornata elettorale come indipendente.
- Alcune criticità si sono aggiunte sul piano più stretto dell’azione politica: l’approvazione della costruzione della Trans mountain pipeline che, al di là dei costi, non è stata ritenuta coerente con il dossier energia/ambiente e la lotta al cambiamento climatico .
- Sul piano dei valori e principi che sono la “patente di buona cittadinanza di Ottawa”, il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, le critiche sono invece relative alla mancata cancellazione della vendita di armi all’Arabia Saudita.
- Infine, le credenziali dell’uscente PM sono state danneggiate, a campagna elettorale appena cominciata, quando sono state pubblicate foto considerate razziste e caricaturali, in cui l’allora giovane Trudeau appare con il volto dipinto di nero durante una festa in maschera. Non sono mancare le scuse ufficiali, ma la sfortunata coincidenza temporale ha pesato sulla credibilità del leader progressista impegnato contro le discriminazioni delle minoranze, a favore dell’accoglienza ai rifugiati, a sostegno dei popoli indigeni, per la promozione e miglioramento della condizione femminile su scala internazionale.
Tale iniziale effetto negativo, sembra essersi in parte attenuato anche se l’opposizione non perde occasione, come è avvenuto nel corso dei dibattiti, di sottolineare che la maschera di Trudeau non è solo quella delle foto passate, ma è un modus operandi caratteristico della sua politica. Scheer ha ricordato come il PM si proclami a favore delle donne, degli indigeni, delle questioni ambientali per poi mostrare il vero volto non portando avanti alcuna politica adeguata in proposito.
Nonostante queste note critiche sulla sua agenda politica, Trudeau ha un record politico significativo su cui basare la propria candidatura per i prossimi 4 anni e per mettere in guardia i canadesi da un ritorno al passato delle politiche di Harper, la cui eredità è rappresentata proprio da Andrew Scheer.
Il primo mandato Trudeau ha permesso al partito liberale di implementare la maggior parte del programma proposto nella campagna elettorale, comprese le misure per favorire una crescita economica inclusiva, affrontare il cambiamento climatico e orientare in modo differente la politica estera. È in particolare su economia e cambiamento climatico che i liberali si sentono particolarmente forti.
L’AGENDA ECONOMICA
La riforma fiscale
Sul primo tema l’agenda di Trudeau si è rivolta al miglioramento della sicurezza economica per la classe media, emanando una riforma fiscale che ha ridotto le tasse per questa fascia di popolazione, aumentando invece la tassazione per i ceti più abbienti.
Andamento dell’economia
Comunque, il bilancio sui risultati economici del Governo Trudeau è senz’altro favorevole. I dati sull’economia canadese sono positivi. Il tasso di disoccupazione è al 5.5% con un aumento di 53.700 posti di lavoro a settembre[1]. I salari sono in crescita e i tassi di interesse sono fermi da ottobre 2018 all’1,75%, mentre la Banca centrale ha dichiarato questo mese che l’economia canadese mostra un buon grado di resilienza ad eventuali shock negativi. Il PM non ha mancato di sottolineare che questo è il risultato della sua politica di investimenti a favore della classe media.
Contributi alle famiglie e al piano pensione
Il piano di aiuti mensili alle famiglie con bambini fino a 18 anni, il Canada Child Benefit (CCB), è probabilmente il più significativo successo del Partito Liberale, una misura che ha tolto dalla povertà almeno 300 mila bambini e che ora Trudeau promette di incrementare del 15% per le famiglie con un bambino al di sotto di un anno di età.
Non è un caso che questa sia una misura che tutti i partiti dell’opposizione, se eletti, assicurano di voler mantenere e migliorare. I Conservatori parlano di incrementare di almeno il 3% l’anno i benefici, il NPD impegnerebbe 1 miliardo di $ per la cura dell’infanzia dal 2020 con successivi aumenti incrementali. Il Green Party vorrebbe un piano infanzia universale con spazi adeguati nei luoghi di lavoro.
Nel lato opposto della demografia per la terza età, Trudeau ha negoziato con le province contributi al Piano di pensione, facendo crescere le quote da 1/4 ad 1/3 dei guadagni computabili.
Il Debito Pubblico
In questo quadro positivo, una delle promesse mancate del Partito liberale è la questione del deficit, elemento cruciale per la crescita del paese. Tra gli impegni presi nel 2015 vi era infatti la gestione del deficit per un triennio e poi il pareggio nel 2019/20 come indicato nella lettera di mandato al ministro delle Finanze Monreau. Tale promessa è stata abbandonata e i tre anni necessari per il pareggio sono stati sostituiti da un tempo indeterminato. Per l’anno fiscale, che terminava il 31 marzo 2019, il deficit ammontava a 14 miliardi di $.
La mentalità canadese, fin dalla nascita della Confederazione, è sempre stata distante dal concetto di deficit. Attitudine consolidata negli anni ’90 con il PM Chétien e il Ministro delle Finanze Martin, che hanno combattuto il deficit tra le difficoltà dei declassamenti dell’economia, il dollaro in caduta e una crisi in Québec riguardante l’unità del Paese. Tuttavia, i canadesi hanno cominciato a comprendere che il pareggio di bilancio possa essere sacrificato sull’altare del finanziamento di pubbliche infrastrutture, trasporti, istruzione e assistenza sanitaria. Questa posizione infatti si riflette nelle piattaforme elettorali di tutti i candidati. I liberali, in caso di vittoria, aumenteranno il deficit a 27,4 miliardi il prossimo anno e la cifra resterà oltre i 20 miliardi nei restanti tre anni del mandato. Trudeau non ha indicato una data per pareggiarlo e ha utilizzato l’argomento per attaccare i conservatori che in caso di vittoria governeranno il paese all’insegna dell’austerità con misure che rallenteranno l’economia e ridurranno i servizi. Scheer ha asserito, invece, che al suo governo occorreranno cinque anni per pareggiare il deficit. La stessa posizione è dei Verdi, mentre Singh ribatte, più generalmente, che la gestione dell’NDP sarà differente.
La prudenza temporale per il pareggio del bilancio indica che il gap tra i partiti sul tema è ridotto e che si prefigura in ogni caso uno stimolo all’economia almeno nell’immediato.
Il tema della recessione (eventuale)
La priorità è mantenere il paese prospero o almeno fuori da una (eventuale) recessione. Nel dibattito politico che si finora svolto, i partiti non accennano affatto alla possibilità di una recessione, ad esempio per il contagio da parte delle economie in Europa o negli USA.
Se l’economia canadese rimane forte (tra i primi posti nelle nazioni del G7 nel biennio passato), le tendenze globali sono tuttavia a rischio sia per la guerra commerciale sino-americana e le tensioni in Europa sempre a causa dei possibili dazi USA.
Nelle elezioni del 2008, Harper sosteneva che il Canada non sarebbe stato coinvolto perché Ottawa era poco legata alle forze economiche mondiali, a causa della domanda energetica anche se in un momento di crisi economica è proprio la domanda di beni energetici a calare. L’argomento recessione, appena accennato nel dibattito in lingua francese il 10 ottobre, è uno di quegli esempi di interferenza delle questioni globali nella politica interna, che si debbono affrontare nella realtà anche se si lasciano per un paio di mesi ai margini del confronto elettorale.
L’AGENDA AMBIENTE E CAMBIAMENTO CLIMATICO
L’altro tema di portata interna e internazionale è l’ambiente.
Subito dopo l’elezione, davanti alla platea internazionale della COP di Parigi, Trudeau esordiva con Canada is back, la dichiarazione di intenti che si poneva in contrasto col governo Harper a dimostrazione che ambiente ed economia non erano incompatibili e che il grande paese del nord America aveva le carte in regola per mostrare leadership mondiale in questo ambito.
Certamente, la questione climatica avrà un suo peso alle urne. Nel mese di settembre, la conferenza sul clima svoltasi a New York con “l’effetto Greta Thunberg” ha alimentato ulteriormente l’attenzione sul tema ambiente, questione emblematica della globalizzazione che irreversibilmente scalfisce il concetto di sovranità e di confine. La cura dell’ambiente sarà tra i criteri di scelta dei parlamentari canadesi da parte dell’elettorato giovanile. Ma anche per i meno giovani, una primavera di intense alluvioni nella parte orientale del paese e una serie di incendi nell’ovest sono bastati ad alimentare l’enfasi sulle sorti future del pianeta.
Trudeau si è impegnato a tagliare le emissioni del Canada del 15% rispetto ai livelli del 2005 per il 2020 e del 30% per il 2030. Ha inoltre promesso $ 2.65 miliardi nei confronti dei progetti nei Paesi in sviluppo, una misura che Andrew Scheer critica fortemente.
Carbon Tax e Pipeline
Sul piano interno il PM ha lavorato con province e territori per imporre la carbon tax, una tassa su ogni tonnellata di prodotti fossili imposta alle province che non hanno elaborato e introdotto un loro piano per contrastare il cambiamento climatico. La carbon tax è di 20 $ a tonnellata quest’anno e dovrebbe aumentare a 50$ per il 2022. Alcune province si sono opposte all’introduzione della tassa, ma le loro richieste sono state respinte dalle corti competenti. Molti economisti ritengono che questa sia la maniera efficiente di ottenere la riduzione delle emissioni incentivando i comportamenti virtuosi.
Malgrado questi sforzi, conciliare economia e ambiente si è rivelato meno agevole del previsto. Il governo ha infatti approvato la costruzione di nuove pipeline per collegare la produzione delle sabbie bituminose ai mercati asiatici. L’avallo alla trans Mountain Pipeline (attraverso la British Columbia e Vancouver) è l’elemento che costituisce la maggiore contraddizione nelle politiche climatiche. L’approccio, malgrado le interazioni con i soggetti coinvolti (le province, i territori e le First nation), ha attirato critiche da varie parti, dai produttori di energia, alle popolazioni indigene e agli ambientalisti, tutti ugualmente insoddisfatti per la gestione del progetto.
Queste critiche da ogni parte sembrano indicare una carenza di leadership sul tema ma, come Trudeau ha sostenuto nel corso dei dibattiti elettorali, la transizione all’energia pulita non può che essere progressiva. Inoltre, il Canada, al pari degli USA, registra le emissioni pro capite tra le più elevate a causa di vari fattori: alto reddito e livello di consumi, dipendenza dai veicoli privati, grandi distanze, inverni rigidi.
Il dibattito sul tema ambientale alimenta i contrasti tra conservatori e liberali. I Conservatori accusano i Liberali di prelevare dalle tasche dei canadesi, mentre Trudeau sottolinea che i rimborsi finiranno per lasciare i cittadini in condizioni migliori nel futuro.
Per il Partito Conservatore la carbon tax ha un significativo impatto solo sulle famiglie e non è davvero efficace. La loro intenzione è abolirla. Ritengono piuttosto che dovrebbero essere le province a decidere di stabilire il prezzo sulle energie fossili. Lo scopo è investire nelle tecnologie verdi finanziate da coloro che inquinano in quantità elevata e che non raggiungono gli standard desiderati. Questa loro risposta sembra essere carente e non indica nei dettagli come la misura mossa potrebbe rivelarsi più efficace della tassa attualmente in vigore.
NDP è invece d’accordo con la tassa, ma vorrebbe colpire in maniera più consistente chi produce più emissioni, poiché chi più inquina ha maggiori responsabilità.
L’ambiente è naturalmente il cavallo di battaglia dei verdi che sostengono che la tassa è stata il pilastro delle loro rivendicazioni da anni, ma la reputano insufficiente. Elizabeth May, nel dibattito del 10 ottobre, ha sostenuto che occorre immediatamente cessare l’uso delle energie inquinanti, passando all’energia pulita e suscitando con queste affermazioni timori per la “distruzione” dell’economia canadese.
La posizione del Bloc Québecois, desideroso di adempiere all’accordo di Parigi e tagliare i sussidi ai progetti di carburante fossile per promuovere l’energia pulita, è soprattutto volta a esercitare un veto sulla costruzione di nuove pipeline che attraversino la provincia.
Il People’s Party ritiene che la carbon tax vada abolita e che le province restino libere di ridurre le emissioni solo se lo riterranno opportuno. Tutte le preoccupazioni di Bernier si concentrano sul Canada richiamando in modo duro le posizioni di Scheer sulla necessità di una soluzione globale alle questioni climatiche e non di stampo nazionale.
L’AGENDA INTERNAZIONALE
Il grande assente nella campagna elettorale è stata la politica internazionale, le cui problematiche non sono state messe al centro dei programmi da parte di nessun partito. Il che non è inusuale per le elezioni federali, visto che questo tema non muove il voto canadese. In contrasto con lo stato delle cose e cioè l’economia globalizzata, le minacce alla sicurezza provenienti da Stati e attori non statali (cibersecurity e guerra ibrida in primis) e un’instabilità geopolitica generalizzata che fanno sì che Ottawa non sia certo al riparo dai maggiori dossier internazionali.
Le relazioni con gli Stati Uniti
C’è inoltre la questione della gestione dei rapporti col vicino e alleato americano in un momento di volatilità per Washington tra tentativi di impeachment, una aspra campagna elettorale per le presidenziali del 2020 e gli effetti sulla credibilità dell’intero Occidente alle prese con la recente emergenza in Kurdistan che complica ulteriormente i rapporti con un alleato NATO, la Turchia.
Trudeau ha riassunto lo stato degli affari mondiali nel discorso di Montreal dell’agosto scorso evidenziando che le nazioni soccombono al populismo e nazionalismo e ripiegano al loro interno, un movimento in contrasto con i valori e i principi del governo di Ottawa.
Il sostegno all’internazionalismo, mantra della politica estera canadese, ravvivato dal neo eletto Trudeau nel 2015 dopo la parentesi del governo Harper, sarà portato avanti in un eventuale secondo mandato. UN, NATO, G7, G20 sono i pilastri per rispondere alle crisi internazionali ricostruendo e rinnovando un multilateralismo in pieno naufragio.
I conservatori, che sul piano interno enfatizzano i temi della sicurezza e immigrazione, si ritengono da parte loro più vicini al dialogo con l’amministrazione americana. Un test potrebbe essere la rinegoziazione del Safe Third Country Agreement nel quale, secondo il partito di Scheer, vi sarebbe una lacuna testuale che permetterebbe ai richiedenti asilo che non attraversano il confine USA-Canada attraverso i punti di ingresso ufficiali, di chiedere lo status di rifugiati nel Paese nordamericano.
La maggiore vicinanza di Scheer agli umori di Washington, che si manifesta anche nella volontà del leader conservatore di spostare l’ambasciata canadese da Tel Aviv a Gerusalemme seguendo l’esempio di Trump, non sarà necessariamente la carta vincente agli occhi dell’elettorato canadese che segue le vicende dell’alleato con una certa apprensione. La porosità nella cultura, negli affari e nelle relazioni bilaterali tra Canada e Stati Uniti non dovrebbe trasferirsi sul piano del modus operandi politico. In altre parole, avvicinare troppo l’immagine di Scheer all’inquilino della Casa Bianca potrebbe rischia di portare via consenso ai conservatori. D’altra parte, Trump non ha mancato di intervenire sulle scelte politiche di Stati amici o alleati, come sulla Brexit o sulle figure politiche di Netanyahu e Conte. Una eventuale presa di posizione di Washington potrebbe avere molta influenza sul voto candese, in un paese “preda” della geografia.
Trudeau annovera tra le sue virtù l’abilità di non aver voluto incarnare l’anti Trump malgrado qualche pressione iniziale da parte del suo stesso Gabinetto in questo senso. Ha invece gestito la relazione al meglio delle possibilità nonostante il comportamento a tratti provocatorio dell’alleato (come al Summit del G7 di Charlevoix). Il ministro degli Esteri Chrysta Freeland nel giugno 2017, parlando alla Camera dei Comuni, ha difeso l’internazionalismo liberale e un sistema internazionale basato sulle regole e ha definito gli USA un alleato indispensabile sebbene stanco di assumere tutto il peso e per questo il Canada e gli alleati dovranno fare la loro parte.
Le relazioni con la Cina
Il prossimo governo avrà sul tavolo il dossier delicato delle relazioni con la Cina.
Nel breve periodo andranno risolti i casi dei cittadini canadesi Spavor e Kovrig arrestati in ritorsione del fermo a Vancouver su richiesta statunitense del Vice Presidente di Huawei, Meng Wabzhou.
Nel lungo termine bisognerà trovare un orientamento adeguato verso Pechino in un sistema internazionale sempre più strutturato dalla competizione sino americana. Se Washington è il vicino, il partner, l’amico e l’alleato fondamentale è la Cina, un partner commerciale importante che assumerà un ruolo progressivamente maggiore nell’economia e nella politica mondiali e dunque nell’economia e nella politica di Ottawa.
In un sistema internazionale che resta eterogeneo, globale, multipolare e complesso il nuovo PM dovrà approntare strumenti adeguati per far fronte a quei dossier di politica internazionale che saranno sul tavolo del nuovo governo immediatamente dopo il voto di ottobre.
Aspettando il 21 ottobre
I canadesi votano essenzialmente in base a un criterio: chi sarà in grado di garantire maggiormente la prosperità del Paese.
“Choose Forward” e “It’s time for you to get ahead” sono gli slogan di Liberali e Conservatori che in quasi due mesi non hanno comunque suscitato grande entusiasmo. In effetti la campagna elettorale si è incentrata sulle doti di leadership dei candidati più che sulle proposte di una visione o direzione politica davvero alternative.
Da un lato la salute dell’economia canadese, banco di prova elettorale, non si presta allo scontro frontale, dall’altro serve moderazione perché il sistema elettorale premia i partiti che si orientano verso il centro dove, secondo gli esperti, vi è la maggioranza dei voti da conquistare.
Il Partito Liberale è noto come il partito naturale di governo per la sua maggiore presenza al timone nel corso del XX secolo. Trudeau sostiene di rimanere la migliore opzione per i canadesi che vogliono un governo progressista, ma non può più presentarsi come il cambiamento. L’attacco dei Conservatori è quanto mai incentrato sulle molteplici maschere del PM uscente. Senza dubbio chi è già stato al governo ha una grande responsabilità in merito a una eventuale riconferma o sconfitta del Partito.
I leader dovranno essere stati in grado di misurare il polso del paese e determineranno se in Canada sia più rilevante il desiderio di cambiamento o di continuità. E considerando che in Canada il voto non è obbligatorio, anche la partecipazione alle urne sarà un utile indicatore da cui partire per fare un bilancio.
L'ORDINAMENTO POLITICO E COSTITUZIONALE CANADESE
Il Canada, costituito da dieci province e tre territori, è una monarchia costituzionale il cui Capo di Stato è la regina Elisabetta II, rappresentata attualmente dal Governatore generale Julie Payette, che è nominata su parere del Primo Ministro. Il Paese è una democrazia parlamentare con un parlamento modello Westmister, costituito da una Camera dei Comuni elettiva di 338 seggi e un Senato di 105, nominati dal Governatore generale su indicazione del Primo Ministro. I membri del Parlamento sono eletti in circoscrizioni individuali in base al sistema first past the post ovvero chi ottiene più voti vince, sebbene questa formula raramente si traduca in una maggioranza. In generale, un partito ha la maggioranza dei seggi con circa il 38% dei voti.
I desiderata di alcuni partiti minori, che avrebbero apprezzato una rappresentanza di tipo proporzionale non si sono concretizzati, né a livello provinciale né nazionale, e questa opzione è risultata sconfitta dai referendum che si sono svolti in British Colombia, Ontario e Prince Edward Island.
Il meccanismo delle elezioni è stato ulteriormente regolato dal recente Election Modernization Act del 2018 che definisce i termini temporali della campagna elettorale, limita l’ammontare delle spese nel periodo che precede l’inizio della campagna, per poi prevederne un aumento una volta che questa la campagna elettorale si avvii ufficialmente, regola l’attività dei partiti terzi e pone attenzione alle minacce di interferenza esterna sul processo democratico. Su questo tema di particolare attualità, è stato messo a punto il Cabinet Directive on the Critical Election Incident Public Protocol, un protocollo che indica i principi generali e le linee guida volte eventualmente ad informare gli elettori di incidenti occorsi che potrebbero alterare la possibilità per i canadesi di avere libere e giuste elezioni.
Cover Images courtesy of:
Conservative Leader Andrew Scheer
Bloc Québécois Leader Yves-François Blanchet
Green Party Leader Elizabeth MayPeople's Party Leader Maxime Bernier
[1] K.Johnson “ Canada gains more jobs than expected in September , unemployment rate drops to 5,5%, Reuters October 11, 2019