AGRIFOOD MONITOR 2018: LE SFIDE PER L’AGRIFOOD ITALIANO IN EUROPA (MA ANCHE IN CANADA)
Il Centro Studi Italia Canada ha seguito il Forum Agrifood Monitor 2018, l’appuntamento annuale dedicato alla filiera agroalimentare italiana. Al centro del dibattito della III edizione del Forum: Brexit e Polonia, export italiano e percezione all’estero del made in Italy, tematiche sensibili per il settore in tutti i contesti di mercato, inclusi i rapporti commerciali tra Italia e Canada.
Dalia Casula*
L’export agroalimentare italiano è tra le punte di diamante della nostra economia, un settore che da sempre si caratterizza per elevata e riconosciuta qualità dei suoi prodotti, costantemente monitorato anche dal Centro Studi Italia Canada per l’andamento positivo degli scambi con il Canada. Proprio alla fotografia dello stato della filiera agroalimentare italiana e ai possibili scenari che potrà assumere nei diversi contesti di mercato è dedicato l’annuale appuntamento, organizzato da Nomisma in partnership con CRIF presso il Palazzo di Varignana di Bologna, del Forum Agrifood Monitor, giunto quest’anno alla sua terza edizione. Nel 2017 al centro del convegno erano stati awareness e perception del made in Italy agroalimentare in USA e Canada. L’edizione 2018, alla quale il Centro Studi Italia Canada ha preso parte, è stata invece dedicata a Brexit e Polonia.
I due mercati europei analizzati sono strutturalmente molto diversi: la Polonia può essere definito un mercato emergente o strategico, la Gran Bretagna è invece un mercato maturo per il made in Italy, sia per l’effettiva capacità di spesa, grazie all’elevato reddito pro capite disponibile, sia per la struttura economica e geografica, che lo rendono il sesto mercato al mondo per l’import agroalimentare. Con un valore superiore ai 3 mld di euro, la Gran Bretagna è il quarto mercato di destinazione dell’export italiano di prodotti alimentari e ha registrato una crescita nel decennio 2007- 2017 del 43%, trainato dall’ortofrutta, dalla pasta e in particolare del prosecco, di cui è il primo mercato di destinazione.
Nonostante l’andamento positivo del mercato inglese, lo scenario è diventato incerto in attesa che si definiscano, in seguito alla Brexit, i negoziati che termineranno il 29 marzo. Il rappresentante del governo britannico, Ken O’Flaherty, Deputy Head of Mission British Embassy, si è mostrato fiducioso nel corso della tavola rotonda organizzata dal Forum Agrifood, ricordando che “nel White Paper sono enunciate le proposte e le intenzioni del governo, e come quest’ultimo voglia proteggere le catene di approvvigionamento, nonché accordare una semplificazione delle procedure doganali, poiché contrario a soluzioni isolazioniste.”
LE SFIDE PER LE’XPORT ITALIANO AGROALIMENTARE: TUTELA DEI MARCHI E RIDUZIONE DELL’ITALIAN SOUNDING
Sta di fatto che, come sostenuto da Paolo De Castro, Primo Vice Presidente della commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo, “sarà necessario stabilire il futuro perimetro di tutela in seguito a 44 anni di conformità regolamentare. Dunque, grande incognita sono il venir meno del principio di preferenza comunitaria e la perdita delle tutele accordate dalla legislazione comunitaria”, in particolar modo del riconoscimento dei marchi di qualità ed origine, considerando che “dei prodotti IG e DOP italiani finisce in Inghilterra circa un miliardo del nostro export, ovvero un terzo del totale” come sottolineato da Denis Pantini, Responsabile Area Agroalimentare di Nomisma.
La materia inerente IG e DOP italiani è al centro del dibattito della filiera agroalimentare italiana, anche per quanto riguarda gli scambi tra Canada e Italia, tuttavia tenendo presente che il CETA riconosce 41 degli oltre 290 marchi di origine italiani che corrispondono al 98% del valore delle esportazioni DOP ed IG in Canada. La questione è particolarmente cara agli operatori di settore, dal momento che i marchi certificano procedimenti di produzione e lavorazione dei prodotti, assicurando la salvaguardia della filiera produttiva e delle eccellenze del Bel Paese e naturalmente la riduzione del fenomeno dell’italian sounding nel paese di destinazione.
SOLUZIONI NORMATIVE E TUTELE AZIENDALI
Delle possibili soluzioni al fenomeno hanno discusso Rebecca Halford-Harrison (Keystone Law) e Claudio Perrella (LS Lexjus Sinacta) illustrando i provvedimenti di carattere istituzionale-normativo, come la stipula di accordi commerciali che accordino il riconoscimento dei marchi d’origine, e quelli di natura, per cos’ dire, aziendale, attraverso la registrazione, secondo la normativa di diritto locale, come testimoniato anche da Riccardo Deserti, Direttore Consorzio Tutela del Parmigiano Reggiano, che proprio negli scorsi mesi ha ottenuto la registrazione dei marchi (parmesan e parmigiano reggiano).
Un ragionamento che anche il Centro Studi Italia Canada ha in più occasioni portato avanti per quanto riguarda la lotta all’italian souding in Canada, arginabile mediante azioni concrete come previste dal CETA. Va tuttavia sottolineato che, nonostante la diffusione sugli scaffali di falso made in Italy, seppure con i limiti imposti dagli accordi, come è appunto il caso del CETA, la vendita delle eccellenze italiane continua a crescere in modo inaspettato, a dimostrazione di una crescita della consapevolezza e conoscenza in Canada (ma anche altrove) del made in Italy. Le campagne lanciate contro la diffusione dell’italian sounding e le battaglie combattute in difesa della qualità dei prodotti italiani hanno avuto il loro effetto: oggi anche chi non è italiano sta imparando a diffidare dalle imitazioni e a riconoscere l’originale.
*ricercatrice presso Centro Studi Italia Canada