Accordi di Libero Scambio: un’opportunità anche per la Birra Artigianale italiana in Canada?
I vantaggi per l’export dell’agroalimentare italiano nel mondo e il rafforzamento del made in Italy dovuti agli accordi di libero scambio sono argomenti in più occasioni trattati dal Centro Studi Italia Canada.
Ne discuteranno tra gli altri Andrea Guerra, Presidente Esecutivo Eataly, Ettore Prandini, Presidente nazionale Coldiretti, Matteo Pignatti, Economist at Confindustria Research Department, Centro Studi Confindustria ed altri in occasione della tavola rotonda, promossa da NCTM Studio Legale e moderata dall’avvocato Paolo Quattrocchi, partner dello studio legale e direttore del Centro Studi Italia Canada.
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Si parlerà anche di CETA che, dalla sua entrata in vigore, è intervenuto a:
- facilitare gli scambi tra Italia e Canada e quindi favorire l’export italiano del comparto agroalimentare;
- garantire protezione nell’ordinamento canadese di 171 Indicazioni Geografiche di prodotti agroalimentari italiani;
- prevedere una forma di tutela nell’ordinamento canadese per le indicazioni non in incluse nel trattato, proprio in ragione delle modifiche al sistema di protezione approntate dalla legislazione canadese in conseguenza della sottoscrizione e entrata in vigore del CETA.
Nell’agroalimentare l’Italia è il primo fornitore dell’Unione Europea del Canada e il 4° maggior fornitore mondiale, dietro a Stati Uniti, Messico e Cina. Il comparto Agroalimentare è il secondo maggior comparto commerciale dell’export italiano verso il Canada (dopo Macchine) e rappresenta oltre 1/7 dell’intero export italiano verso il Canada nel 2016 ($1,2 MLD CAD su $7,5 MLD CAD).
In termini di valori (2016), i 5 maggiori prodotti agroalimentari italiani esportati in Canada sono: Vino ($483 Mln CAD); Olio d’Oliva ($164 Mln CAD); Formaggi ($64 Mln CAD); Pasta ($59 Mln CAD); Caffè ($46 Mln CAD).
L’EXPORT DELLA BIRRA ITALIANA IN CANADA
Per quanto riguarda nello specifico l’offerta di birra artigianale Made in Italy, tra i focus della tavola rotonda, un primo punto a favore del comparto è il numero crescente di consumatori che si registrano in Italia e all’estero.
L’export di birra italiana è aumentato del 144% in 10 anni, secondo quanto affermato dalla Coldiretti. Un successo spinto anche - continua la Coldiretti - dal boom dei microbirrifici che dieci anni fa erano poco più di una trentina ed ora sono circa un migliaio per una produzione stimata in 45 milioni di litri. La nuova produzione artigianale Made in Italy è molto diversificata e oltre a contribuire all’economia, rappresenta anche una forte spinta all’occupazione soprattutto tra gli under 35 che sono i più attivi nel settore con profonde innovazioni.
Indice del successo della birra è anche la nascita di un Consorzio a tutela della birra artigianale Made in Italy, ad opera dell’ingegno di Teo Musso (birrificio agricolo Baladin), Marco Farchioni (birrificio Mastri Birrai Umbri), Giorgio Maso (birrificio dell’Altavia), Vito Pagnotta (birrificio agricolo Serro Croce) e Giovanni Toffoli (Malteria Agroalimentare Sud), con l’obiettivo di garantire l’origine delle materie prime (i.e. dal luppolo all’orzo) e, soprattutto, la lavorazione artigianale contro la proliferazione di finte birre artigianali e l’omologazione dei grandi marchi mondiali.
IL CETA E LA BIRRA ITALIANA
L’accordo di libero scambio CETA ha semplificato le esportazioni di beni e servizi tra il Canada e l’Unione Europea. L’Italia, nota per le sue eccellenze, è tra i partner europei maggiormente avvantaggiati da questo genere di accordi che, per loro natura, agevolano la diffusione del made in Italy, lasciando che la libera circolazione delle merci possa favorire la conoscenza del prodotto italiano.
E seppur il CETA non si occupi di dettare una disciplina specifica relativa alla birra, essa è senza dubbio da annoverare tra le eccellenze italiane, già apprezzabili all’estero, che potranno vedere accresciuta, in virtù del CETA, la propria visibilità.
La birra riveste in qualche modo un ruolo di gran spessore nel panorama del CETA alla luce dei dati relativi al consumo di alcolici in Canada, essendo i canadesi dei grandi bevitori di birra, con un consumo pro capite di 75,6 litri l’anno (contro 78,3 litri nel 2012)[1].
La birra rimane, pertanto, l’alcolico più popolare in Canada e con la ratifica del CETA non potranno che esserci margini di miglioramento dell’andamento del mercato rispetto alle esportazioni di questa bevanda.
Si può concludere, dunque, affermando che anche il CETA nell’ambito degli accordi internazionali - pur non esente da critiche - rappresenta un valido strumento attraverso il quale valorizzare l’esportazione dell’eccellenza italiana.
Alla Tavola Rotonda interveranno:
[1] Dati forniti dall’ICE nella Guida “IMPORTAZIONI E CONSUMO DI VINO 2018”: https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=2ahUKEwjDz8Tfw4XlAhUKPVAKHRFCBk8QFjAAegQIARAC&url=https%3A%2F%2Fwww.assindustriavenetocentro.it%2Fconfindustria%2Fvenetocentro%2Fistituzionale.nsf%2Fattachments%2F86C20DFC6208EB89C125837B0055605B%2F%24file%2Fice_canada%2520import%2520vino.pdf%3Fopenelement&usg=AOvVaw278hh1i5APX1gPsv2B8hnK.