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A Taormina il G7 sulle Pari Opportunità

A Taormina il G7 sulle Pari Opportunità

Nel documento conclusivo del primo G7 sulle Pari Opportunità, presieduto dall’Italia il 15 e 16 Novembre scorsi a Taormina, i Governi si impegnano ad "attuare e monitorare" interventi per l'uguaglianza di genere.

 

*Francesca Paolucci

 

A conclusione dell’anno di Presidenza italiana del G7, il 15 e 16 novembre si è tenuta a Taormina la Riunione sulle Pari Opportunità, presieduta dalla sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alle Pari Opportunità Maria Elena Boschi ed alla quale hanno preso parte i Capi Delegazione degli Stati parte del summit internazionale (Canada, Giappone, Stati Uniti, Germania, Francia e Gran Bretagna) e la Commissaria europea per la giustizia, la tutela dei consumatori e l’uguaglianza di genere, Věra Jourová.

Il G7 sulla Gender Equality ha avuto come focus l’empowerment economico delle donne, tema caro alle organizzazioni internazionali e che da tempo occupa le agende politiche dei governi di tutto il mondo. Lo scorso maggio, durante il summit tra le 7 economie più avanzate del mondo tenutosi anch’esso a Taormina, i ‘grandi della terra’ avevano firmato la Roadmap for a Gender-Responsive Economic Environment. Il meeting ha voluto, quindi, in questa occasione, rafforzare gli intenti, gli obiettivi e le scadenze fissati con la Roadmap tracciata lo scorso maggio, e, allo stesso tempo, riaffermare i principi fondamentali scaturiti dalla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino del 1995 e sanciti dalla Beijing Declaration and Platform for Action.

All’interno di un contesto internazionale come il G7, l’Italia si è fatta portatrice di interessi e valori condivisi dai Paesi partecipanti, ma tra i quali ancora nessuno vanta una parità di genere de facto: la riprogettazione del mercato del lavoro e del sistema di welfare per liberare il potenziale femminile in ambito economico; il ripensamento di misure legislative volte ad aumentare la partecipazione femminile in posizioni di leadership e nei processi decisionali; la prevenzione e la lotta alla violenza di genere, incluso il fenomeno della tratta.

Gli intenti comuni sono stati rafforzati dalla firma di una dichiarazione finale, attraverso la quale i rappresentanti di Canada, Maryam Monsef (Ministra per la condizione femminile), Francia, Marlène Schiappa (Sottosegretaria di Stato con delega alla parità tra donne e uomini), Stati Uniti, Kathryn C. Kaufman (Consigliera del Presidente), Regno Unito, Joanna Roper (Inviata speciale per la parità di genere), Germania, Katarina Barley (Ministra federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani), Giappone, Yuhei Yamashita (Vice Ministro Parlamentare dell’Ufficio di Gabinetto), hanno confermato «l’impegno a intraprendere tutti gli sforzi necessari per raggiungere gli obiettivi qualitativi e quantitativi e le scadenze stabilite nella Roadmap G7 per un ambiente economico sensibile alla dimensione di genere, al fine di dare luogo a quei cambiamenti nella mentalità, nelle politiche e nella cultura, che sono necessari per colmare i divari di genere esistenti, eliminare tutte le forme di violenza e discriminazione nei confronti delle donne e delle bambine, e raggiungere finalmente la parità di genere nei nostri paesi». (Dichiarazione finale Riunione G7 sulle Pari opportunità)

Le politiche italiane sulla parità

L’Italia, Paese ospitante e a capo del meeting, ha presentato un documento riassuntivo delle azioni intraprese in questi ultimi anni a livello governativo in materia, evidenziando l’andamento positivo delle politiche italiane.

Secondo l’analisi dell’European Institute for Gender Equality, il Gender Equality Index europeo, elaborato sulla base di sei fattori, quali lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute, nel corso del decennio 2005-2015 è cresciuto molto lentamente: solo un miglioramento di 4.2 punti percentuali, da un valore di 62 a 66.2. L’Italia, nello stesso decennio, ha invece registrato significativi miglioramenti verso l’uguaglianza di genere, con un incremento dell’indice di 13 punti (da 49,2 a 62,2)

Per ciò che concerne il mercato del lavoro, il tasso di occupazione femminile a settembre 2017 ha raggiunto il massimo storico dal 1977: secondo dati ISTAT, il 48,9% delle donne in età lavorativa (15-64) risulta occupato, il 16% come lavoratrice autonoma.  I risultati raggiunti sono in parte da ricondursi all’esecuzione della Legge sulle ‘quote rosa’ (Golfo-Mosca Act n.120/2011) e delJobs Act’ (d.lgs. n.80/2015): secondo i dati della CONSOB e del Dipartimento delle Pari Opportunità, la percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle imprese è salita del 33.6% (2017) e la presenza femminile in Parlamento ha raggiunto le quote più alte della storia della Repubblica Italiana: 31,3% alla Camera dei Deputati e 29,6% al Senato. Con il Jobs Act il governo italiano si è impegnato ad investire 110 milioni di euro (2017-2018), assegnati alle società per assicurare l'equilibrio tra lavoro e vita privata ai propri dipendenti, ad incentivare l’adozione di una gestione del lavoro più flessibile e smart in termini di spazio e tempo, sia nel settore pubblico che privato, per circa 300.000 smart workers.

Tuttavia, il gap salariale tra uomo e donna, se pur ridotto, non risulta ancora sanato. Il tema dell’iniquità occupazionale in termini di salario, ma anche di possibilità di carriera, è stato affrontato dal governo italiano attraverso l’adozione di misure concrete che riducano il fenomeno nel lungo periodo.  

Dal 2013 sono stati previsti un complesso di strumenti innovativi per favorire l’accesso al credito delle donne, attraverso un fondo per PMI ‘al femminile’ di circa 34 milioni di euro, che ha registrato circa 16.000 transazioni. Inoltre, nel 2014, il Dipartimento per le Pari Opportunità ed il Ministero dello Sviluppo Economico hanno siglato il Memorandum of Understanding con l’ABI (Italian Banking Association) ed altre associazioni del commercio per agevolare l’accesso al credito di imprenditrici e professioniste.

La politica italiana si è attivata negli anni anche nei confronti del tema sicurezza e violenza sulle donne, fisica e psicologica, sul luogo di lavoro e non, adottando misure in materia di prevenzione, protezione e certezza della pena, come la ‘legge sul femminicidio’ (n.119/2013), diretta conseguenza della ratifica italiana, il 27 giugno del 2013, della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, trattato siglato ad Istanbul nel 2011.

La sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, ha definito il  progetto ambizioso e ha passato il testimone al Canada, “che avrà l’onere e l’onore di presiedere i G7 del prossimo anno”. Proprio la questione dell’uguaglianza delle opportunità tra i generi è stata ampiamente al centro del dibattito nelle relazioni tra i due Paesi. Lo scorso maggio, in occasione della sua visita in Italia, il primo ministro canadese Trudeau evidenziò questo tema tra le priorità in tema di cooperazione, per raggiungere un’emancipazione femminile di respiro internazionale; un messaggio condiviso e rafforzato anche dalla Presidente della Camera dei Deputati,  On. Laura Boldrini e dalla stessa On. Maria Elena Boschi, in occasione delle rispettive visite istituzionali in Canada. Il Canada, infatti, è un partner ed un esempio importante per l’Italia, data la sua proattività nel promuovere l'uguaglianza delle donne e la loro piena partecipazione alla vita economica, sociale e democratica del Paese, attraverso l’attuazione di politiche concrete che coinvolgono vari piani del governo e un’organizzazione governativa federale creata ad hoc, Status of Women Canada,  impegnata sia sul fronte sicurezza delle donne (It’s Time: Canada’s Strategy to Prevent and Address Gender-Based Violence,sia nel finanziamento di progetti volti al rafforzamento della loro posizione socio-economica (Women’s Program).

 

*Coordinamento e ricerca Centro Studi Italia-Canada